Penale

Bancarotta fraudolenta: responsabilità nel fallimento solo se c'è un nesso con le operazioni dolose

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di Patrizia Maciocchi

L'omessa convocazione dell'assemblea dei soci in presenza di una riduzione del capitale sotto la soglia legale non basta per affermare anche la responsabilità del fallimento se manca la prova del nesso, con le condotte dolose. La Corte di cassazione, con la sentenza 49506, accoglie in parte, il ricorso dell'amministratore di una Srl, condannato per i reati di bancarotta fraudolenta impropria, documentale e patrimoniale post-fallimentare. La Suprema corte nel confermare nel resto gli addebiti, annulla con rinvio la sentenza della Corte d'Appello per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta impropria prevista dall'articolo 223, comma secondo, della legge fallimentare. Al ricorrente era stato contestato di non aver convocato l'assemblea dei soci, malgrado una riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale. La Cassazione ricorda che l'articolo 223 punisce, secondo quanto previsto dal primo comma, gli amministratori che causano il dissesto della società , mentre il comma secondo ha per oggetto le condotte che, con dolo, hanno cagionato il fallimento della società.

I giudici precisano che le operazioni dolose si possono identificare con qualunque azione “intrinsecamente pericolosa” per la salute economica e finanziaria dell'impresa, omissioni comprese. E tra queste rientra la mancata convocazione dell'assemblea per gli opportuni provvedimenti, nel caso di diminuzione del capitale sotto la soglia di un terzo e, a maggior ragione, quando si scende sotto il minimo legale, come nel caso esaminato, nel quale i giudici di merito hanno dedotto la natura dolosa dell'operazione da una serie di elementi. Ad iniziare dall'assenza di iniziative quando le perdite erano andate oltre il doppio del capitale sociale, come avvenuto nel 2000 in cui l'esercizio era stato chiuso con perdite che superavano di 15 volte il capitale. Nell'anno successivo era stato deliberato l'azzeramento del capitale, ricostituito, con versamenti dei soci, per poco più di 10 mila euro a fronte di una perdita in chiusura di oltre 369 milioni di lire, e i versamenti erano relativi ad anni precedenti. In questo quadro risulta comunque fondata la censura del ricorrente relativa all'omessa motivazione sull'efficienza causale dell'operazione contestata nel causare o nel concorre al fallimento della Srl. I giudici si sono, infatti, limitati all'esame delle operazioni dolose senza analizzare, a parte “vuote” formule di stile, il nesso tra la condotta e l'evento, né dal punto di vista materiale né sotto il profilo soggettivo.

Corte di cassazione – Sezione V – Sentenza 29 ottobre 2018 n.49506

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