Lavoro

Blocco dei licenziamenti: non riguarda i dirigenti

La pronuncia rinviene una "chiara ed evidente simmetria" tra il blocco dei licenziamenti ed il soccorso alla collettività generale attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali, consentito in maniera pressoché generalizzata a tutte le aziende con la finalità di ridurre il costo del lavoro per far fronte alle perdite.

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di Marcella De Trizio e Massimiliano Arlati *



Con poche parole pare il caso di commentare la recente sentenza n. 3605 del 19 aprile 2021 con cui il Tribunale di Roma torna su un quesito molto attuale e dagli impatti dirompenti, riferito all'applicabilità ai dirigenti del divieto di licenziamento previsto dalla normativa emergenziale.

Secondo la pronuncia "Il dato letterale della norma, in uno con la filosofia che la sorregge, non consente di ritenere che la figura del dirigente possa essere ricompresa nel blocco."

A tale conclusione il Giudicante arriva rigettando il ricorso proposto da un dirigente per impugnativa di un licenziamento giustificato dalla soppressione della posizione di COO "Chief operating officer" con "ridistribuzione" delle funzioni assegnate al dirigente tra altri responsabili aziendali.

Secondo il Giudicante, la normativa emergenziale che ha introdotto il divieto di licenziamento (fra le altre, art. 46 del dl 18/2020: c.d. cura italia; dl 34/2020 c.d. decreto rilancio) esclude la possibilità di intimare recessi per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge 604/66 e tale disposizione non si applica ai dirigenti, sia per espressa previsione normativa (art. 10 L. 604/66) che per costante orientamento giurisprudenziale.

Sul punto il Tribunale richiama per tutte le pronunce della Suprema corte n. 23894/2018 e 27199/2018.

La pronuncia rinviene una "chiara ed evidente simmetria" tra il blocco dei licenziamenti ed il soccorso alla collettività generale attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali, consentito in maniera pressoché generalizzata a tutte le aziende con la finalità di ridurre il costo del lavoro per far fronte alle perdite.

Detta simmetria è confermata dalla possibilità prevista dall'art. 46 del decreto cura Italia che al comma 1-bis prevede la possibilità per i datori di lavoro di revocare i licenziamenti in caso di ricorso agli ammortizzatori sociali.

Con riguardo ai dirigenti il binomio "divieto di licenziamento" e "ricorso agli ammortizzatori sociali", però, non regge, in quanto a questi ultimi non è consentito in costanza di rapporto di far ricorso agli ammortizzatori sociali. Un'interpretazione diversa presenterebbe profili di incostituzionalità, in quanto lascerebbe a carico del datore di lavoro gli oneri del rapporto di lavoro dirigenziale pur in presenza di una giustificatezza del recesso.

A conclusioni diverse il Giudice ritiene di non poter giungere, neppure in ragione dell'orientamento giurisprudenziale, contenuto nell'ordinanza del medesimo Tribunale dell'11 febbraio 2021, secondo cui il divieto si estenderebbe ai dirigenti in quanto "secondo una ‘interpretazione costituzionalmente orientata' non si capirebbe l'esclusione dei dirigenti dal blocco visto la ratio della norma che è quella di impedire il licenziamento in generale senza distinzione di sorta".

Né la sentenza in esame condivide l'ulteriore motivazione contenuta in quest'ultima ordinanza secondo cui sarebbe irragionevole non includere i dirigenti nel divieto, essendo questi protetti dalla disciplina del licenziamento collettivo. Invero la sentenza n. 3605/2021 ritiene che la casistica che ci occupa sia del tutto diversa e non assimilabile alle previsioni concernenti il licenziamento collettivo.

La pronuncia prosegue ribadendo come, anche sotto il profilo della c.d. giustificatezza del recesso, il licenziamento intimato apparirebbe legittimo, mentre non sarebbero conferenti i riferimenti al giustificato motivo oggettivo e all'obbligo di repechage che – per costante giurisprudenza - non estensibili alle ipotesi di risoluzione del rapporto dirigenziale, come sembra sostenere parte ricorrente.

Per legittimare il recesso di un dirigente è, infatti, sufficiente rappresentare un'esigenza di risparmio economicamente apprezzabile che porta alla soppressione di una figura dirigenziale, purché non emergano profili discriminatori del recesso.

Conclusioni

Il contenuto della pronuncia appare del tutto condivisibile, in quanto in linea con le previsioni di legge.

Non può non riflettersi, tuttavia, sulla circostanza che le figure dirigenziali sono e saranno le prime a pagare gli effetti della pandemia sotto il profilo sociale, in quanto prive di ammortizzatori sociali e costituenti un onere finanziario generalmente rilevante per le aziende.

Cessare una posizione dirigenziale, tuttavia, non è l'unica soluzione e talvolta può rivelarsi una strada tortuosa, soprattutto in ragione della necessità prevista dai contratti collettivi che vi sia l'elemento della giustificatezza del licenziamento, talvolta non facilmente rintracciabile.

E' bene, quindi, che le aziende, prima di adottare rimedi non conservativi del rapporto di lavoro e dagli esiti e costi talvolta incerti, valutino soluzioni gestionali diverse utili a ridurre il costo del lavoro delle figure apicali, tra cui accordi di riduzione dell'orario di lavoro o di revisione della retribuzione. Ciò anche nell'ottica di una imminente ed auspicabile ripresa delle attività produttive.

*a cura di Marcella De Trizio e Massimiliano Arlati di ArlatiGhislandi

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