Civile

Bond argentini, l'avvertenza del rischio andava data dal 1999 inizio del declassamento

La firma del cliente sull'avvertenza di inadeguatezza presume adempimento, anche orale, dell'intermediario

di Paola Rossi

La Cassazione civile con tre sentenze del 22 ottobre fa il punto sulla prova dell'adempimento dell'obbligo informativo da parte dell'intermediario.

L'insorgenza del rischio - La notorietà della crisi argentina a partire dal 1999 obbligava la banca intermediaria a fornire specifiche informazioni sul rischio dell'investimento in bond argentini. Cioè, da tale data, il documento sui rischi in generale fornito all'investitore non era più sufficiente per il corretto adempimento dell'obbligo informativo cui è tenuta la banca. Come dice la Cassazione, con la sentenza n. 23130, a nulla vale sostenere che l'entità della cifra investita, o di quelle di precedenti operazioni speculative, sono indice dell'alta propensione al rischio del cliente. Infine, chiarisce la Cassazione che in caso di non corretta informazione il danno all'investitore è presunto. E, soprattutto, se il rischio era "concreto" l'interemediario finanziario non ha la facoltà di dimostrare che anche in caso di corretta informazione il cliente avrebbe proceduto comunque all'acquisto. Nulla quaestio degli Ermellini, invece, sul mancato accoglimento in sede di merito della domanda di risoluzione e dei relativi danni per il primo acquisto di bond argentini effettuato nel 1998. Infatti, tale data precede i primi declassamenti del 1999 e non è paragonabile all'acquisto annullato del 2000 epoca in cui l'Argentina era apertamente avviata al default. Si tratta di fatto notorio contestabile solo per revocazione affermandone la falsità. Ma la conoscenza, anche da parte dell'"uomo della strada", della crisi argentina è - diciamo - difficilmente contestabile.

Conflitto di interessi - L'acquisto di bond argentini non sul mercato, ma in "contropartita diretta", perchè detenuti dalla banca intermediaria, non determina alcun conflitto di interesse che giustifica la pretesa nullità del contratto da parte del cliente. Come dice la Cassazione, con sentenza n. 23131, si tratta di modalità totalmente lecita al pari della "negoziazione per conto terzi". La Corte accoglie però il ricorso dell'investitore sulla spinosa questione del corretto assolvimento dell'obbligo informativo da parte dell'intermediario sulla rischiosità dell'operazione. E chiariscono i giudici di legittimità che la necessità del consenso scritto del cliente - che prova l'adempimento informativo della banca - sulla parte del modulo di acquisto attestante l'avvenuto ricevimento delle avvertenze sull'inadeguatezza dell'investimento, non si estende al contenuto concreto delle stesse che possono essere fornite anche oralmente. Sarà onere della banca provare in tutti i modi il contenuto dell'avvertimento dato di un rischio concreto, ma solo a fronte dell'indicazione da parte del cliente delle specifiche informazioni che ritiene di non aver ricevuto. La firma sotto l'attestazione contrattuale "trattasi di operazione inadeguata" costituisce presunzione del corretto obbligo informativo, ma non ne è la prova. Come erratamente aveva affermato la Corte di appello.

Legittimazione ad agire e risarcimento - La contitolarità del deposito titoli tra moglie e marito non determina un litisconsorzio necessario in giudizio. Ciò che legittima all'azione l'investitore - contro l'intermediario - è il fatto di essere colui che ha sottoscritto il contratto di acquisto dei titoli. In una vicenda che riguarda i famigerati bond argentini la sentenza n. 23132 dalla Cassazione ha, infatti, respinto la tesi dei giudici di merito che avevano riconosciuto solo al 50% il risarcimento chiesto dal cliente acquirente in ragione della contitolarità dei bond con la moglie e della sua non partecipazione al processo. La Cassazione ha però dato torto al privato che contestava la decurtazione dalla somma risarcitoria di quanto aveva lucrato sugli stessi titoli obbligazionari incriminati. Il cliente non aveva, infatti, chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento dell'obbligo informativo, ma solo il risarcimento che risponde al principio della "compensatio lucri cum damno".

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