C’è stalking anche seguendo la vittima sui mezzi pubblici
È stalking farsi trovare sul treno che la vittima usa quotidianamente per andare al lavoro, avvicinarla, guardarla insistentemente o seguirla nel percorso su altri mezzi, procurandole un'ansia tale da costringerla a cambiare abitudini di vita. Ad affermarlo, è il Tribunale di Genova, con sentenza n. 37 del 24 gennaio 2017.
Finito agli arresti domiciliari in via cautelare, con l'accusa di aver commesso atti persecutori, è un genovese che, ormai da diverso tempo, aveva il “vizio” di pedinare una donna e tentare in ogni modo di stabilirci un contatto. Ma l'uomo, non si limitava a questo. La osservava continuamente, le rivolgeva apprezzamenti fisici, le si sedeva accanto e a volte la inseguiva, fermata dopo fermata, anche sugli altri mezzi di trasporto che la poverina era costretta ad adoperare per liberarsi di lui. In tre occasioni, poi, approfittando della calca, era giunto persino a palpeggiarla.
Atti persecutori, perpetrati con modalità decisamente fastidiose che – cagionando alla signora un perdurante stato di ansia e di paura per la propria incolumità – l'avevano, di fatto, indotta a mutare abitudini ed itinerari e a chiedere a suo marito di accompagnarla al lavoro. Di qui, il giudizio immediato per stalking aperto a carico dell'uomo e la condanna a due anni di reclusione, aumentati di quattro mesi per aver sfiorato la vittima nelle parti intime.
Il processo, spiega il Tribunale di Genova, aveva dimostrato ampiamente, grazie alle testimonianze, alle denunce sporte dalla vittima e alla documentazione fotografica acquisita, che l'imputato era colpevole di atti persecutori. Nonostante la donna gli avesse fatto capire di non gradire quegli approcci così penetranti, infatti, egli non aveva mai smesso di pedinarla e farsi trovare sul suo stesso itinerario.
Situazione estenuante, quella emersa dagli atti, che aveva reso la signora sempre più ansiosa e nervosa, oltre che restia ad andare al lavoro per il comprensibile timore di incontrare il suo persecutore. Stalking vero e proprio, dunque. Del resto, lo stalking è un reato che si caratterizza per l'abitualità della condotta (reiterazione di minacce o di molestie) e per il verificarsi di uno degli eventi (alternativi, ricorda la Cassazione nella sentenza 35778/2016) indicati nell'articolo 612-bis del Codice penale:
- perdurante e grave stato di ansia o di paura, letto come apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell'equilibrio psicologico dell'offeso (tra le più recenti sentenze in questo senso, quelle del Tribunale di Firenze 6166/2016 e del Tribunale di Bari 3669/2016);
- fondato timore per l'incolumità e alterazione delle abitudini di vita.
A rilevare, sarà sia la minaccia palese che quella implicita o subdola, purché idonea ad incutere timore (considerate le circostanze del caso, la personalità del reo, le condizioni della vittima e quelle anbientali), o qualsiasi altra seccante intrusione nell'altrui sfera individuale, compresi reiterati contatti telefonici (Tribunale di Campobasso, sentenza 8/2017) o atteggiamenti predatori (Tribunale di Genova, sentenza 5425/2016).
Ecco che, nella vicenda, provata la condotta e lo stato di ansia e di paura causato nella vittima – inteso, si puntualizza in sentenza, non come patologia ma come ogni conseguenza rilevante sulla sua salute psichica (stato d'ansia, insonnia, depressione, disturbi del carattere e del comportamento) – la condanna del pedinatore era “già scritta”.
Tribunale di Genova, sentenza 24 gennaio 2017, n. 37