Caparra confirmatoria e obblighi di fatturazione
Con l'ordinanza n. 3736 pubblicata in data 8 febbraio 2019 la Sezione Tributaria della Corte di cassazione si è pronunciata, a seguito di ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, su un contenzioso originato dall'impugnazione, da parte della società Alfa S.r.l., dell'avviso di accertamento mediante il quale l'Amministrazione finanziaria procedeva al recupero dell'I.V.A. in relazione a fatture non emesse.
Il presupposto impositivo, come individuato dall'Amministrazione finanziaria, consisteva nei pagamenti effettuati dalla società Beta S.p.A. alla società Alfa S.r.l. in esecuzione di un contratto preliminare di compravendita di un capannone industriale, al quale, tuttavia, non era seguita la stipula del contratto definitivo: «l'avviso di accertamento veniva emesso in ragione della diversa qualificazione (acconto prezzo e non già caparra confirmatoria) dei pagamenti effettuati». Diversa qualificazione fondata su due «elementi fattuali»: l'entità dell'importo pagato, pari, in termini percentuali, al 63% dell'importo pattuito come prezzo; la mancata stipulazione del contratto definitivo.
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società contribuente con sentenza successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale.
L'Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della C.T.R. per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1385 cod. civ., nonché degli articoli 6 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, «evidenziando che la corretta interpretazione della clausola contrattuale contenuta in un contratto preliminare di compravendita immobiliare – secondo cui il pagamento del prezzo della futura vendita è regolato mediante la corresponsione di somme da versare prima della stipulazione del definitivo a titolo di caparra confirmatoria e di un'ultima tranche a saldo – comporta che i pagamenti avvenuti prima della stipulazione del definitivo costituiscono anche acconti sul prezzo della vendita e, pertanto, vanno fatturati ai sensi degli artt. 6 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972».
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate.
I Giudici di legittimità, in sostanziale continuità con il proprio precedente orientamento, hanno ribadito il seguente principio di diritto: «in tema d'IVA, il versamento di una caparra confirmatoria a corredo di un preliminare di vendita, rimasto inadempiuto, non determina l'insorgenza del presupposto impositivo, in quanto assolve una funzione di risarcimento forfettario del danno e non di anticipazione del corrispettivo».
Ai sensi dell'articolo 6 (”Effettuazione delle operazioni”) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (”Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto”), anche il pagamento parziale del corrispettivo dovuto per la cessione di un bene o per la prestazione di un servizio determina l'insorgere, in capo al soggetto destinatario del pagamento, dell'obbligo di fatturazione.
Nel caso sottoposto al vaglio dei Supremi Giudici è stata attribuita rilevanza dirimente - al fine dell'esclusione dal campo di applicazione dell'I.V.A. - alla funzione svolta dal pagamento effettuato dalla società Beta S.p.A. alla società Alfa S.r.l.: secondo l'Agenzia ricorrente il pagamento aveva, sostanzialmente, la funzione di anticipata parziale esecuzione della prestazione pecuniaria principale; secondo la Corte di legittimità, invece, non si trattava di un adempimento parziale preventivo.
Quanto alla funzione della caparra confirmatoria la Corte di cassazione ha reiteratamente statuito che «[l]a somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, il promissario acquirente consegna al promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve la funzione, in caso di successiva risoluzione del contratto per inadempimento, d i preventiva liquidazione del danno per il mancato pagamento del prezzo » (Cass. civ., Sez. III, sentenza n. 19403 del 30 settembre 2016, massima rv. 642590 - 01).
In altri termini, la caparra confirmatoria ha esclusivamente la funzione di determinare preventivamente il danno subito dalla parte adempiente a causa dell'inadempimento della controparte (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, sentenza n. 20957 del 8 settembre 2017), di risarcimento forfettario del danno e non di anticipazione del corrispettivo (cfr. Cass. civ., Sez. VI, ordinanza n. 10306 del 20 maggio 2015).
Quanto alla qualificabilità, nella fattispecie concreta, del pagamento come effettuato a titolo di caparra confirmatoria i Supremi Giudici hanno ritenuto determinante - a livello testuale - il dato letterale ovvero l'espressione utilizzata dalle parti nel testo del contratto preliminare (ove è stato pattuito il versamento di due distinte somme di denaro «a titolo di caparra confirmatoria»), dato idoneo a fugare ogni dubbio sulla effettiva volontà delle parti.
In tema di interpretazione del regolamento contrattuale, secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidato, nella scelta del criterio da utilizzare per l'operazione ermeneutica l'interprete è vincolato all'applicazione in primis del criterio letterale: «è prioritario il canone fondato sul significato letterale delle parole, di cui all'art. 1362, primo comma, cod. civ., sicché, quando esso risulti sufficiente, l'operazione ermeneutica deve ritenersi utilmente, quanto definitivamente, conclusa» (in termini Cass. civ., Sez. III, sentenza n. 5595 del 11 marzo 2014, massima rv. 630563 - 01).
Con la conseguenza che ove non siano riscontrabili nelle espressioni utilizzate all'interno dell'atto negoziale margini di equivocità è corretto non ricorrere ai criteri ermeneutici sussidiari, quali la valutazione del comportamento complessivo delle parti.
Conclusivamente, la Suprema Corte ha statuito che il versamento di una caparra confirmatoria (ovvero di una somma di denaro avente, nell'intenzione delle parti, funzione di limitazione predeterminata della pretesa risarcitoria) a corredo di un preliminare di vendita, rimasto inadempiuto, non determina l'insorgenza del presupposto impositivo necessario al fine dell'inclusione del pagamento nel campo di applicazione dell'I.V.A..
E ciò a prescindere dall'entità della caparra rispetto al prezzo della compravendita in considerazione della circostanza, opportunamente valorizzata, che l'articolo 1385 cod. civ. non fissa «alcun importo limite», ragion per cui «una caparra fissata in una misura elevata può ben avere una sua giustificazione giuridico-economica».