Carceri, Nordio: solo 33 istituti hanno spazi per affettività, non facciamo miracoli
Rispondendo al question time il Guardasigilli ha annunciato che il Ministero sta lavorando a dei moduli in legno, sul prototipo di Rebibbia
“Su 189 istituti penitenziari solo 32 hanno confermato allo stato l’esistenza di uno spazio idoneo alla affettività dei detenuti previa attuazione di ingenti e corposi interventi strutturali. Gli altri 157 istituti hanno dichiarato di non aver a disposizione spazi adeguati”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rispondendo nell’aula della Camera a un’interrogazione del deputato Magi sul diritto all’affettività delle persone detenute.
La sentenza della Corte costituzionale, che nel 2024 - sentenza n. 10 - ha dichiarato incostituzionale il divieto di colloqui intimi senza controllo a vista per i detenuti, secondo il Guardasigilli “è una sentenza storica orientata principio di umanizzazione della pena, ma nello stesso tempo non prende atto di una realtà che non può essere modificata in poco tempo”. Il governo, ha evidenziato ancora Nordio, “ci sta lavorando, ma il fatto che sia necessario coniugare questo principio con le esigenze di sicurezza, di compatibilità edilizia e di compatibilità con il personale ha creato problemi non risolvibili in breve tempo”.
“Stiamo intervenendo su questo - ha aggiunto -, abbiamo ripreso il progetto MI MA, i moduli di affettività e maternità, realizzato nel 2020 con la collaborazione della Sapienza di Roma che costituisce un prototipo di edificio modulare in legno per colloqui e rapporti affettivi tra detenuti realizzati in economia presso la casa circondariale femminile di Rebibbia”. “Questo modello – ha proseguito - verrà riprodotto in altre strutture penitenziarie per la creazione di spazi dedicati valorizzando al contempo il lavoro nelle carceri”.
“Lo ripeto ancora una volta – ha concluso Nordio -, è triste dover ammettere che tante volte la realtà confligge con quello che è il dato normativo o giurisprudenziale, il problema delle nostre carceri si è stratificato in decenni e decenni, queste innovazioni mi vedano perfettamente, ci stiamo lavorando al massimo e però ripeto miracoli non ne possiamo fare”.
La norma censurata, scriveva la Corte costituzionale, nel prescrivere in modo inderogabile il controllo a vista sui colloqui del detenuto, “gli impedisce di fatto di esprimere l’affettività con le persone a lui stabilmente legate, anche quando ciò non sia giustificato da ragioni di sicurezza”. La Corte ha così riscontrato la violazione degli articoli 3 e 27, terzo comma, Cost.
La decisione rammentava poi che una “larga maggioranza” degli ordinamenti europei riconosce ormai ai detenuti spazi di espressione dell’affettività intramuraria, inclusa la sessualità, per cui ha ritenuto violato anche l’articolo 117, primo comma, Cost., in relazione all’articolo 8 CEDU, per il difetto di proporzionalità di un divieto radicale di manifestazione dell’affettività “entro le mura”.
La Corte aveva così auspicato un’«azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze», «con la gradualità eventualmente necessaria». La decisione specificava anche (in coerenza con l’oggetto del giudizio principale) la sentenza non riguarda il regime detentivo speciale di cui all’articolo 41-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, né i detenuti sottoposti alla sorveglianza particolare di cui all’articolo 14-bis della stessa legge.