Comunitario e Internazionale

Caso Diarra, la CGUE si pronuncia sulla compatibilità del FIFA RSTP con il Diritto Ue

Il focus principale dell’interpello verte sul possibile conflitto tra alcuni articoli del FIFA RSTP rispetto ai principi di libera circolazione dei lavoratori e alla libera concorrenza all’interno dell’Unione

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di Lucio Mazzei, Enrico Benvenuto *

Il caso oggetto del nostro articolo ha portato ancora una volta alla luce l’hot topic del bilanciamento tra le norme contenute nel “FIFA Regulations on the Status and Transfer of players” (di seguito, FIFA RSTP) con i diritti degli atleti professionisti previsti dal diritto dell’Unione Europea. 

Nello specifico, la Corte di Giustizia Europea è stata interpellata in via pregiudiziale dalla Corte d’Appello di Mons in Belgio in seguito ad un ricorso proposto dal calciatore professionista francese Lassana Diarra, in relazione alla compatibilità di alcune disposizioni della normativa FIFA con il diritto UE.

Il focus principale di tale interpello verteva sul possibile conflitto tra alcuni articoli del FIFA RSTP delle norme UE rispetto ai principi di libera circolazione dei lavoratori e alla libera concorrenza all’interno dell’Unione.

La Corte, in particolare, si è interrogata sulla disciplina della risoluzione del contratto senza giusta causa prima della sua naturale scadenza che prevede che la parte inadempiente sia tenuta a pagare un indennizzo calcolato secondo alcuni criteri specifici alla parte non inadempiente.

È inoltre da aggiungere che in caso di nuovo contratto, viene ritenuta solidalmente responsabile anche la nuova società sportiva che ha tesserato il giocatore, essendovi la presunzione che la medesima lo abbia indotto a terminare il contratto in essere senza giusta causa.

L’interruzione anticipata e ingiustificata del contratto, inoltre, prevede non soltanto una sanzione economica ma anche una sospensione per l’atleta che può variare per un periodo da 4 a 6 mesi in aggiunta al divieto di tesserare nuovi giocatori per due sessioni di calciomercato consecutive.

È opportuno evidenziare, infine, che nel FIFA RSTP è inclusa anche la previsione secondo cui la federazione nazionale di appartenenza del club di provenienza dell’atleta possa decidere di negare il rilascio dell’ITC (International Transfer Certificate) se tra la società e il giocatore vi è un contenzioso relativo all’anticipata risoluzione del contratto di prestazione sportiva senza accordo reciproco e/o mutuo consenso.

Sintesi della vicenda all’origine della pronuncia

La vicenda in esame affonda le sue radici nell’anno 2013 quando il calciatore Lassana Diarra firmò un contratto di prestazione sportiva professionistica di quattro anni con la squadra russa del Lokomotiv Mosca.

L’anno successivo, tuttavia, nacquero i primi dissidi tra il club ed il giocatore, il quale venne accusato di non impegnarsi al massimo negli allenamenti e di essere in un certo senso avulso dal team: motivi che spinsero il club a disporre una riduzione del suo ingaggio, riduzione “obbligata” tuttavia non ritenuta legittima da parte del calciatore ma anzi causa oggettiva di risoluzione. 

In seguito a questi dissidi, il rapporto lavorativo tra le parti si concluse ed il Lokomotiv si rivolse alla FIFA DRC per ottenere un indennizzo pari a venti milioni di Euro. Alla base della richiesta vi era la convinzione da parte della società russa che ci fossero gli elementi necessari per considerare la risoluzione da parte dell’atleta senza giusta causa, ex Art. 17 FIFA RSTP.

A seguito di suddetta risoluzione, il calciatore iniziò a cercare un nuovo club che lo tesserasse: la ricerca, però, si rivelò più difficile del previsto in quanto nessun club voleva correre il rischio di essere condannato in solido al pagamento dell’indennità dovuta alla società russa. L’unico team apparentemente interessato ad avvalersi delle prestazioni sportive dell’atleta era, infatti, un club belga: lo Sporting du pays de Charleroi. Tale società calcistica formulò una proposta condizionata alla totale esclusione del club dal contenzioso che aveva luogo tra l’atleta e la squadra precedente e, di conseguenza, al possibile pagamento in solido di una qualsiasi possibile indennità.

Successivamente, la Camera di Risoluzione delle Controversie FIFA – odierno Football Tribunal- accolse parzialmente la richiesta del club russo e condannò il calciatore francese al risarcimento di 10,5 milioni di Euro. Nel disposto, inoltre, si stabilì anche la responsabilità in solido del club che avesse eventualmente tesserato il calciatore: questa decisione venne successivamente confermata in toto anche nell’appello proposto dinanzi al Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS).

Dopo aver sottoscritto un nuovo contratto professionistico con il club francese dell’Olympique Marseille, il calciatore presentò poi un reclamo al Tribunale Commerciale dell’Hainaut nei confronti della FIFA e della Federazione Calcistica del Belgio, cd. URBSFA. Il calciatore infatti, lamentava di aver subito un danno economico, non avendo avuto la possibilità di essere ingaggiato dal Charleroi a causa della limitazione imposta dalla FIFA al pagamento in solido del futuro club che lo avrebbe tesserato.

Si arriva così al gennaio 2017, in cui il suddetto Tribunale accolse e ritenne fondata tale richiesta in linea di principio e condannava le due associazioni sportive, la FIFA e l’URBSFA, a versare una somma monetaria a titolo di provvisionale. La FIFA dal canto suo decise di impugnare la stessa pronuncia dinanzi alla Corte d’Appello di Mons, la quale, con un’ordinanza datata 19 settembre 2022, rinviò il procedimento in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea. La stessa ritenne infatti necessaria una valutazione preliminare approfondita, cd. “preliminary ruling”, riguardo alla compatibilità della normativa FIFA con il diritto UE, più nello specifico in relazione alla libera circolazione dei lavoratori (art. 45 TFUE) e della concorrenza (art. 101 TFUE).

La pronuncia della Corte di Giustizia Europea

In primis, la Corte ha affermato in via preliminare la propria competenza, riconoscendo che la normativa oggetto d’esame rientrasse nell’ambito di applicazione degli artt. 45 e 101 TFUE, dato l’impatto della stessa sia sull’attività economica svolta dai calciatori professionisti sia su quella generata dalle competizioni sportive professionistiche e sulla concorrenza tra i club che ne prendono parte.

La Corte, inoltre, ha rilevato che la normativa in oggetto rischia di svantaggiare i soggetti che, risolvendo unilateralmente il contratto di lavoro con il precedente club per una causa non ritenuta giustificata da quest’ultimo, intendono svolgere la propria attività lavorativa per conto di un nuovo club costituito nel territorio di uno Stato membro differente da quello di residenza o di domicilio attuale.

Appare logico, dunque, che il combinato disposto delle suddette disposizioni potrebbe esporre tutti quei club che intendono tesserare calciatori cui viene contestato di aver risolto il proprio contratto con il precedente club senza una giusta causa a rischi legali, economici e sportivi fortemente elevati.

Se, infatti, da un lato, la Corte ha ritenuto che il garantire il mantenimento della stabilità e continuità contrattuale e la regolarità delle competizioni sportive professionistiche mediante le norme contenute nel FIFA RSTP costituisce un legittimo obiettivo di interesse generale perseguito da un’associazione sportiva, dall’altro ha evidenziato che le norme contenute nel suddetto regolamento sembrano andare ben oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. La Corte, inoltre, nella pubblicazione delle motivazioni ha considerato anche la cd. specificità del lavoro sportivo professionistico, in particolare in relazione alla sua brevità.

Da un’analisi approfondita delle stesse, infatti, si evince che le norme che dovrebbero essere oggetto di una più attenta revisione, a parere della Corte, sono quelle relative a:

1) i criteri di determinazione dell’indennità dovuta al precedente in caso di sopravvenuta risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro “senza giusta causa” da parte del medesimo;

2) la responsabilità solidale del futuro club che dovesse tesserare il calciatore che ha risolto il contratto senza giusta causa per il pagamento dell’indennità dovuta dal calciatore al suo club di provenienza;

3) la sanzione sportiva consistente nel divieto di tesserare nuovi giocatori, sia a livello nazionale che internazionale, per due periodi di tesseramento completi e consecutivi nei confronti del nuovo club, in base alla presunzione di responsabilità di quest’ultimo nell’induzione del calciatore all’ingiustificata risoluzione contrattuale;

4) il divieto generale di emissione dell’ITC da parte della federazione del club di origine fino al perdurare di una controversia riguardo la risoluzione contrattuale di un contratto sportivo anticipata e senza giusta causa.

È bene poi mettere in evidenza che la Corte si è soffermata sull’analisi della compatibilità delle norme FIFA con l’art. 101 TFUE, secondo cui tutti i tipi di accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate non possono essere pregiudizievoli per il commercio tra gli Stati membri UE e impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno.

Nella controversia in oggetto, infatti, appare evidente secondo la Corte che le disposizioni in esame limitano la possibilità in capo ai calciatori di cambiare club così come ai nuovi club di ingaggiare gli stessi, qualora un atleta abbia risolto il proprio contratto senza giusta causa. In termini più generali, si ritiene che la concorrenza tra i vari club nel mercato dei trasferimenti/acquisizioni dei calciatori venga fortemente limitata e che, in particolar modo relativamente all’art. 101 TFUE, le norme espresse nel FIFA RSTP costituiscono una decisione di un’associazione di imprese vietata e che deve essere censurata, fatta salva l’unica eccezione in cui esse siano giustificate dal perseguimento di uno o più obiettivi legittimi e strettamente necessari al medesimo fine, previa produzione di argomenti ed elementi di prova circostanziati e convincenti.

Prospettive di sviluppo della vicenda e riflessioni conclusive

Detto che la Corte di Giustizia Europea è stata interpellata dalla Corte d’Appello di Mons per esprimere un parere riguardante la compatibilità delle norme incluse nel Regolamento FIFA RSTP con quelle dell’UE e che sarà il Tribunale belga ad esprimere una decisione definitiva e vincolante sulla vicenda, non è assolutamente certo che gli articoli del suddetto regolamento vengano eliminati o modificati sostanzialmente.

È bene ricordare, infatti, che ad essere oggetto di valutazione e critica rispetto agli artt. 45 e 101 TFUE non sono tanto le disposizioni FIFA in sé ma l’incertezza circa la loro applicabilità anche laddove la risoluzione senza giusta causa non sia stata in alcun modo accertata né tantomeno l’induzione di club terzi alla risoluzione del rapporto contrattuale del giocatore con la società precedente.

In attesa di sapere quale sarà l’orientamento della Corte nella questione in esame, è doveroso citare l’interpretazione fornita dall’Avvocato Generale Maciej Szpunar nella Causa C-650/22, il quale ha affermato che le norme contenute nel TFUE “ostano all’applicazione di norme adottate da un’associazione responsabile dell’organizzazione di competizioni calcistiche a livello mondiale e applicate sia da detta associazione sia dalle Federazioni nazionali che ne sono membri:

- in base a cui un calciatore e un club che intende ingaggiarlo sono responsabili in solido per il pagamento dell’indennità dovuta al club parte contraente del contratto risolto senza giusta causa, a meno che non si possa provare che è effettivamente possibile, entro un lasso di tempo ragionevole, non applicare detto principio qualora si possa dimostrare che il nuovo club non è stato coinvolto nella risoluzione anticipata e ingiustificata del contratto del calciatore;

- in base a cui la Federazione di appartenenza del club di provenienza di un calciatore ha la possibilità di non emettere il certificato internazionale di trasferimento necessario ai fini dell’ingaggio del calciatore da parte di un nuovo club, in caso di controversia tra detto club di provenienza e il calciatore, a meno che non si possa dimostrare che possono essere adottate misure provvisorie efficaci, reali e rapide in un’ipotesi in cui si sia semplicemente affermato che il calciatore non ha rispettato le condizioni del suo contratto e che il club è stato costretto a risolvere detto contratto a causa dell’asserita inosservanza degli obblighi contrattuali da parte del calciatore.”

Considerando dunque quanto esposto nel paragrafo precedente, è pacifico ritenere che la normativa FIFA possa continuare ad essere valida ed efficace qualora all’interno di essa vengano previsti rapidi meccanismi di risoluzione delle liti contrattuali che possano fornire agli stakeholders dell’industria calcio una maggiore certezza in relazione all’applicazione o meno delle suddette norme al caso di specie.

In tal caso, infatti, si preserverebbe il panorama del calcio professionistico da una sentenza che possa fornire a livello internazionale ai calciatori la possibilità di sciogliere deliberatamente e senza alcuna conseguenza i propri vincoli contrattuali, mantenendo infatti l’obbligo del pagamento dell’indennità in caso di risoluzione del contratto senza giusta causa ma solo ed esclusivamente in caso di accertata violazione contrattuale e solo nei confronti di coloro i quali siano ritenuti effettivamente responsabili.

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*Lucio Mazzei, International Sports Lawyer - AIAS and ISLA Member e Enrico Benvenuto - Avvocato esperto in diritto sportivo

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