Comunitario e Internazionale

Caso Superlega vs UEFA e FIFA: ora la CGUE passa la palla al Tribunale di Madrid

Nel caso di specie al vaglio della Corte la legittimità del comportamento e del ruolo di UEFA e FIFA in riferimento alle condotte anticoncorrenziali e l’abuso di posizione dominante e rispetto alla disciplina del TFUE sulla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali

Il 21 dicembre 2023 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella causa European Superleague Company SL vs. FIFA and UEFA, , relativa ad una possibile violazione del diritto della concorrenza, con riferimento agli articoli 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), e delle libertà di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali in ambito calcistico, con una decisione particolarmente rilevante: la Corte non si è limitata a risolvere le questioni poste dal Tribunale che ha fatto ricorso al rinvio pregiudiziale , ma ha stabilito alcuni importanti principi inerenti l’attività delle società sportive ed il rispetto del diritto dell’Unione Europea.

La controversia

La controversia oggetto della pronuncia della Corte di Giustizia Europea riguarda la European Superleague Company (ESLC), società spagnola che ha tentato di costituire una nuova competizione calcistica elitaria, che coinvolgesse alcuni dei club di calcio più ricchi e prestigiosi in Europa, e l’Union des Associations Européennes de Football (UEFA) e la Fédération internationale de Football Association (FIFA), due società di diritto svizzero che si occupano dell’organizzazione delle competizioni calcistiche rispettivamente in ambito europeo e internazionale.

In particolare, nel 2021 alcune società sportive di calcio fondavano la società di diritto spagnolo European Superleague Company (ESLC) con l’intento di creare, in concorrenza con la UEFA, una nuova competizione europea, nominata “Superlega”, che coinvolgesse, da un lato, dei club di calcio permanenti e, dall’altro, un numero ancora non definito di club con lo status di “club qualificati”, selezionati secondo un processo prestabilito. Successivamente alla costituzione della ESLC, veniva prevista anche la costituzione di tre società incaricate rispettivamente della gestione degli aspetti finanziari, sportivi e disciplinari, della vendita dei diritti audiovisivi e della commercializzazione di tutte le attività connesse a tale nuova competizione, a fianco alla società di diritto spagnolo A22 management SL, costituita per fornire servizi legati alla gestione di competizioni calcistiche.

Inoltre, il progetto Superlega si basava sulla conclusione di una serie di contratti che legavano ciascuno dei club di calcio partecipanti alla nuova competizione con le tre società da costituire connesse alla ESLC, aventi ad oggetto, tra l’altro, le modalità con cui tali società dovevano cedere a ESLC i loro diritti mediatici e commerciali su tale competizione e la remunerazione di tale cessione . JP Morgan si era impegnata a concedere alla ESLC un prestito complessivo di un importo pari a circa 4 miliardi di euro per consentire la creazione e il finanziamento provvisorio della Superlega, in attesa dell’emissione di obbligazioni sui mercati dei capitali.

L’esecuzione del progetto era condizionata all’approvazione da parte della UEFA, in quanto responsabile della promozione del calcio europeo e dell’organizzazione dei tornei internazionali, e della FIFA, in quanto organo esecutivo mondiale del calcio. Infatti, entrambe le federazioni nei propri statuti prevedono che le leghe o i club affiliati a un’associazione membro possano partecipare a competizioni sul territorio di tale associazione solamente dopo aver ricevuto l’autorizzazione da parte di FIFA e UEFA.

Il 21 gennaio 2021, la FIFA e le sei confederazioni continentali da essa riconosciute, tra cui la UEFA, esprimevano il loro dissenso nei confronti del progetto Superlega, rilasciando un comunicato in cui, in primo luogo, dichiaravano di non riconoscerla quale nuova competizione; in secondo luogo, affermavano che qualsiasi società calcistica o qualsiasi giocatore che avesse partecipato a tale competizione internazionale sarebbe stato espulso dalle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA; in terzo luogo, sottolineavano che tutte le competizioni calcistiche internazionali dovessero essere organizzate o autorizzate dagli enti competenti indicati negli statuti della FIFA e delle confederazioni continentali .

A fronte di tale posizione, l’ESLC decideva di promuovere un’azione dinanzi al Juzgado de lo Mercantil n. 17 di Madrid, depositando un ricorso cautelare nei confronti di UEFA e FIFA, al fine di evitare l’adozione di qualsiasi azione che avrebbe potuto impedire o ostacolare la realizzazione del progetto Superlega. In particolare, l’ESLC chiedeva che venisse imposto alla FIFA e alla UEFA di astenersi dall’adottare qualsiasi misura o azione, che ostacolasse, in maniera diretta o indiretta, la preparazione del progetto Superlega, il suo avvio e sviluppo e la partecipazione dei club e giocatori alla stessa. La società spagnola, inoltre, chiedeva che venisse vietato alla FIFA e alla UEFA di annunciare, minacciare o adottare misure disciplinari o sanzionatorie nei confronti dei club, dirigenti e giocatori coinvolti nella preparazione e partecipazione alla Superlega. La richiesta includeva l’ordine ai membri associati, le confederazioni, i club ed alle leghe nazionali di rispettare questo divieto.

Il giudice del rinvio il 19 aprile 2021 accoglieva la domanda e, con ordinanza del 20 aprile 2021 , adottava inaudita altera parte le misure cautelari richieste.

Nel frattempo, nove dei dodici club fondatori della ESLC decidevano di abbandonare il progetto Superlega e contestualmente adottavano una Club Commitment Declaration con la quale riaffermavano il proprio impegno nelle competizioni organizzate dalla UEFA, al fine di ottenere un totale reintegro nella federazione, riconoscendo che il progetto della Superlega non fosse autorizzato ai sensi degli statuti e dei regolamenti. Nei confronti degli ultimi tre club rimasti affiliati al progetto della società di diritto spagnolo, invece, veniva aperta un’indagine disciplinare da parte della UEFA.

Il 27 maggio 2021, il giudice spagnolo ha quindi deciso di adire la Corte di Giustizia Europea con un rinvio pregiudiziale, ponendo delle questioni relative alla legittimità del comportamento e del ruolo di UEFA e FIFA rispetto agli articoli 101 e 102 del TFUE riguardanti le condotte anticoncorrenziali e l’abuso di posizione dominante e rispetto alla disciplina del TFUE sulla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali.

La UEFA, intanto, dopo aver ricevuto la notifica dell’ordinanza cautelare da parte del Tribunale madrileno, in data 9 giugno 2021 ha dichiarato la sospensione temporanea del procedimento disciplinare nei confronti dei tre club rimasti affiliati al progetto Superlega, che è stato poi definitivamente archiviato.

Le questioni preliminari poste alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Al fine di comprendere i motivi sottesi all’instaurazione del procedimento esaminato, risulta necessario analizzare la funzione e le attività della FIFA e della UEFA.

  • La FIFA è un organismo di diritto privato il cui statuto stabilisce quale scopo societario l’organizzazione delle competizioni internazionali e il controllo di ogni tipo di pratica calcistica, anche tramite l’attuazione di misure adeguate di prevenzione di violazioni delle disposizioni statutarie, regolamentarie, ovvero di violazioni delle decisioni adottate dalla stessa federazione . Le federazioni nazionali e le confederazioni regionali calcistiche, inclusa la UEFA nella regione europea, sono affiliate alla FIFA, mentre i club professionistici sono membri indiretti della FIFA. Tale federazione ricopre una posizione dominante nel mondo calcistico in forza dell’articolo 20 del suo statuto che prevede espressamente che le leghe o qualsiasi altro gruppo di club affiliati ad un’affiliata della FIFA dovranno essere subordinate a tale affiliata e da quest’ultima riconosciuti . L’articolo 73 dello stesso statuto, poi, vieta alle federazioni, leghe e club affiliati alle federazioni membri di aderire a un’altra federazione membro o di partecipare a competizioni nel territorio di tale federazione, salvo in circostanze eccezionali e previa autorizzazione della FIFA e delle confederazioni o della confederazione regionale competenti .
  • La UEFA, invece, è un organismo privato che si occupa della promozione del calcio europeo e dell’organizzazione dei tornei internazionali. In particolare, la UEFA a livello europeo si occupa di tutte le questioni relative al calcio, supervisiona e controlla lo sviluppo del calcio in tutte le sue forme, e organizza e sviluppa le competizioni e i tornei internazionali di calcio in tutte le loro modalità . Anche le federazioni, le leghe nazionali e i club sono membri indiretti della UEFA e sono vincolati al suo statuto e alle sue normative. Inoltre, agli articoli dal 49 al 51 dello statuto della UEFA viene previsto il monopolio della stessa sull’organizzazione di competizioni internazionali in Europa.

Pertanto: la FIFA e la UEFA possiedono il 100% della quota di mercato per quanto riguarda l’organizzazione di competizioni calcistiche internazionali. Di conseguenza, vengono notevolmente limitate le possibilità per potenziali concorrenti che intendano organizzare competizioni calcistiche alternative rispetto a quelle organizzate dalla FIFA e dalla UEFA.

Il Tribunale di Madrid, al quale è stato rivolto il ricorso cautelare nei confronti di FIFA e UEFA, ha individuato sei argomentazioni giuridiche sulla base delle quali ha proceduto al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

In primo luogo, quale fondamento della sua decisione, il Tribunale ha ricordato che la giurisprudenza consolidata ha stabilito che l’attività sportiva rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel Trattato sul Funzionamento Europeo relative alla libertà di circolazione e alla disciplina della concorrenza .

In secondo luogo, il Tribunale di Madrid ha individuato le due attività economiche distinte ma complementari che, da un punto di vista materiale e geografico, costituiscono il mercato oggetto del procedimento, ovvero i) l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni internazionali calcistiche in Europa e ii) lo sfruttamento dei diversi diritti legati a dette competizioni, quali diritti patrimoniali, diritti di registrazione, riproduzione e diffusione audiovisiva, di altri diritti mediatici, di diritti di natura commerciale o di diritti di proprietà intellettuale.

In terzo luogo, il Tribunale ha osservato che la circostanza per cui UEFA e FIFA detengono da molto tempo una posizione di monopolio economico e commerciale e, quindi di dominio, sul mercato oggetto del procedimento comporta che i) tutti i soggetti operanti nel mercato o che vogliano accedervi sono obbligati ad entrare in partnership con tali federazioni e che ii) le due federazioni siano responsabili del mantenimento della concorrenza nel settore. Inoltre, tale posizione dominante di FIFA e UEFA influisce, oltre che su ipotetiche imprese che vorrebbero competere con loro nello svolgimento delle loro stesse attività, anche sulle federazioni che sono loro membri e su tutti i soggetti operanti nel mondo del calcio, come i club e i giocatori , sui quali i due enti di diritto svizzero esercitano poteri di regolamentazione, di controllo, decisionali e sanzionatori. Infine, la necessità di una previa autorizzazione di UEFA e FIFA per l’organizzazione di competizioni internazionali e per la partecipazione dei club e dei giocatori, unitamente agli altri aspetti sopra menzionati, costituisce una barriera all’ingresso del mercato per tutti gli operatori, che risulta difficile da superare.

In quarto luogo, il Tribunale di Madrid si è chiesto se il comportamento di FIFA e UEFA non integri un abuso di posizione dominante alla luce dell’art. 102 TFUE sotto due aspetti.

Da un lato, il giudice ha osservato che il potere delle federazioni di designare, de iure o de facto, le altre imprese autorizzate ad organizzare competizioni sportive, senza che siano individuati dei limiti, degli obblighi e dei controlli adeguati a tale potere, comporta un evidente vantaggio per tali enti rispetto ai concorrenti. Di conseguenza, potrebbe configurarsi un abuso di posizione dominante alla luce del fatto che nello statuto di UEFA e FIFA non sono presenti disposizioni volte a garantire che l’applicazione delle norme relative alla previa autorizzazione e all’esercizio dei poteri decisionali e sanzionatori siano guidati esclusivamente da obiettivi di interesse generale, e non da interessi commerciali o finanziari legati all’attività economica cui detti enti si dedicano. Inoltre, tali norme e tali poteri non sembrerebbero disciplinati da criteri sostanziali e da modalità procedurali atti a garantirne il carattere trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.

Dall’altro lato, il giudice del rinvio si è chiesto se FIFA e UEFA non violino gli articoli 101 e 102 TFUE alla luce del fatto che entrambi i loro statuti assegnano ad esse e alle federazioni nazionali di calcio che ne sono membri lo status di “proprietari originali” di tutti i diritti giuridici ed economici legati alle competizioni internazionali di calcio organizzate sul territorio dell’Unione Europea, riservandosi lo sfruttamento esclusivo di tali diritti e privando degli stessi i club di calcio .

In quinto luogo, il giudice di Madrid si è posto la questione se il comportamento di FIFA e di UEFA fosse atto a violare il divieto di intese enunciato all’art. 101 TFUE. Infatti, da alcuni articoli dello statuto della FIFA e dello statuto della UEFA risulta la decisione adottata da ciascuna di queste due associazioni di imprese di coordinare il proprio comportamento e quello delle imprese che ne sono direttamente o indirettamente membri sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni calcistiche tra club, nonché dello sfruttamento dei diversi diritti ad esse legati.

Inoltre, dette norme possono, secondo il giudice di Madrid, restringere la concorrenza sul mercato oggetto del procedimento esaminato. UEFA e FIFA, infatti, essendo allo stesso tempo regolatori e gestori, si trovano in una situazione di conflitto di interesse tale per cui non potrebbe escludersi che non si avvalgano dei propri poteri di previa autorizzazione e sanzionatori per impedire la creazione di competizioni internazionali di calcio che non rientrano nel loro sistema e, quindi, per ostacolare ogni forma di potenziale concorrenza sul mercato.

Infine, il giudice del rinvio si è chiesto se le norme in materia di previa autorizzazione e le norme sanzionatorie adottate dalla FIFA e dalla UEFA possano violare la libertà di circolazione dei lavoratori di cui godono i giocatori che intendono partecipare a competizioni internazionali di calcio come la Superlega, le libertà di prestazione dei servizi e di stabilimento di cui beneficiano sia i club che le imprese che propongono altri servizi legati all’organizzazione e alla commercializzazione di tali competizioni, nonché la libertà di circolazione dei capitali necessari per la realizzazione di queste ultime.

Ciò premesso, sulla base delle argomentazioni giuridiche di cui sopra, il Tribunale di Madrid ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni relative alla legittimità dei divieti e delle sanzioni derivanti dagli Statuti di FIFA e UEFA che limitano la concorrenza nel mercato di riferimento e la libera circolazione di club e giocatori.

In primo luogo, il Tribunale del rinvio ha chiesto se la procedura di previa autorizzazione previsto dagli statuti di FIFA e UEFA per l’organizzazione di competizioni calcistiche internazionali da parte di un ente terzo sia in conflitto con l’art. 102 TFUE, alla luce del fatto che tale procedura non prevede la regolamentazione di criteri oggettivi e non discriminatori. Di conseguenza, viene richiesto alla Corte di Giustizia se gli articoli degli statuti che prevedono tale procedura violino l’art. 101 TFUE.

Il secondo tema sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea è stato il possibile conflitto dei poteri sanzionatori di FIFA e UEFA esercitati nei confronti dei club e dei giocatori partecipanti alla Superlega con gli articoli 101 e/o 102 TFUE.

Il terzo tema che il Tribunale di Madrid ha sottoposto all’attenzione della Corte si riferisce alla possibile violazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della FIFA con riferimento all’art. 67 del suo statuto che prevede che “FIFA, its member associations and the confederations are the original owners of all of the rights emanating from competitions and other events coming under their respective jurisdiction, without any restrictions as to content, time, place and law”.

Inoltre, il Tribunale del rinvio ha chiesto alla Corte di Giustizia se le disposizioni degli statuti di UEFA e FIFA che prevedono la loro competenza esclusiva nell’organizzazione e nell’autorizzazione delle competizioni internazionali possano configurare una restrizione alla concorrenza giustificata ai sensi dell’eccezione stabilita all’art. 101, par. 3 TFUE. Qualora, poi, tale restrizione fosse giustificata, il Tribunale di Madrid chiede se si possa ritenere che non sussista neanche un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE.

Infine, viene richiesto alla Corte di Giustizia Europea se le disposizioni contenute negli statuti della FIFA e dalla UEFA che richiedono la previa autorizzazione di tali enti per l’istituzione da parte di un operatore economico di nuove competizioni comportano una violazione delle libertà fondamentali del diritto dell’Unione Europea, quali: (i) la libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE, impedendo la prestazione dei servizi dell’ESLC; (ii) la libera circolazione dei lavoratori di cui all’articolo 45 TFUE, precludendo ai giocatori la prestazione dei loro servizi tramite la partecipazione alla Superlega; (iii) la libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 TFUE, ostacolando la costituzione delle tre società che si assumerebbero la gestione e il controllo dell’ELSC; (iv) il libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 63 TFUE, impedendo l’esecuzione di movimenti di pagamenti e capitali intracomunitari legati al progetto di Superlega europea.

I precedenti

Nell’ambito di tale rinvio pregiudiziale la Corte di Giustizia Europea si è trovata ad affrontare nuovamente il tema della relazione tra il diritto dello sport e il diritto europeo della concorrenza, come già avvenuto in precedenza. Infatti, anche prima del caso Superlega, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sull’applicazione di alcuni principi europei in ambito sportivo.

Una delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea più rilevanti in tale ambito ha riguardato il Caso Meca – Medina , che aveva ad oggetto il ricorso di due nuotatori professionisti che sono stati squalificati dalle competizioni sportive per quattro anni, a causa dell’assunzione di una sostanza proibita, il nandrolone. Gli atleti hanno cercato di ottenere la revisione delle pesantissime squalifiche, sostenendo che quelle sanzioni rappresentavano degli ostacoli al libero esercizio della concorrenza sul mercato interno, violando, quindi, gli articoli 101 e 102 TFUE.

I nuotatori, dunque, hanno fatto appello al Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna , che ha confermato la squalifica di quattro anni. In seguito, hanno presentato ricorso presso la Commissione Europea, che lo ha respinto. Gli atleti, però, non ritenendosi soddisfatti dell’esito dei ricorsi si sono rivolti, in prima istanza, al Tribunale di Primo Grado (TPGCE), il quale ha emesso sentenza di rigetto, e, infine, alla Corte di Giustizia Europea.

Pronunciandosi su questo caso la Corte ha ribadito un importante principio in merito alla relazione tra diritto europeo della concorrenza e diritto dello sport. In particolare, la Corte , ha rigettato le richieste dei ricorrenti, affermando il principio secondo cui l’ordinamento europeo e le regole che governano il funzionamento del mercato interno si applicano anche all’ambito sportivo solamente nei casi in cui l’attività sportiva può essere connotata come fenomeno economico.

Nel caso di specie, quindi, la Corte ha rilevato che le disposizioni antidoping riguardassero gli aspetti etici dello sport e non rientrassero, quindi, nel campo d’applicazione dei divieti previsti dalla legislazione europea, anche se potevano avere delle conseguenze collaterali dal punto di vista economico. Quindi, la limitazione dell’attività imprenditoriale sportiva degli atleti tramite l’applicazione della disciplina antidoping è stata ritenuta ragionevole, giustificabile e necessaria, in conformità agli articoli 101 e 102 TFUE, al fine di perseguire la funzione sociale e educativa dello sport, la tutela dell’integrità delle competizioni e la salute degli sportivi.

Particolarmente rilevante risulta anche la pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 21 dicembre 2023, la quale si è espressa sul caso International Skating Union contro Commissione europea , in merito alla richiesta dell’International Skating Union (“ISU”) di annullare parzialmente la sentenza con cui il Tribunale aveva respinto il suo ricorso, diretto all’annullamento della decisione della Commissione .

In particolare, il caso aveva ad oggetto il sistema di autorizzazione preventiva dell’ISU che, in qualità di organismo esponenziale unico del pattinaggio artistico e di velocità su ghiaccio, prevedeva che gli atleti potessero prendere parte solamente agli eventi autorizzati dall’ISU medesima e/o dalle federazioni nazionali affiliate, organizzati da rappresentanti da lei approvati.

In caso di partecipazione ad un evento non autorizzato secondo tali modalità, gli atleti erano esposti a sanzioni che potevano giungere sino all’esclusione a vita da qualsiasi competizione ISU. Inoltre, a partire dal 30 giugno 2006, il c.d. “regolamento arbitrale” dell’ISU stabiliva che gli atleti potessero presentare ricorso avverso una decisione di inammissibilità ad una competizione solamente dinanzi al Tribunale arbitrale internazionale dello sport di Losanna. In data 25 ottobre 2015, infine, l’ISU aveva pubblicato la Comunicazione n. 1974, che stabiliva che tutti gli eventi dovevano essere preventivamente autorizzati dal Consiglio dell’ISU ed organizzati secondo le sue regole, indicando altresì una serie di requisiti generali, finanziari, tecnici, sportivi ed etici cui gli organizzatori dovevano attenersi.

In particolare, la vicenda sottoposta alla Corte di Giustizia Europea riguardava la decisione dell’ISU di non autorizzare la competizione di pattinaggio di velocità con prove di nuovo formato (c.d. “Grand Prix”) organizzata nel 2014 dalla società coreana Icederby International Co. Ltd. A seguito di tale decisione, due pattinatori olandesi avevano adito la Commissione Europea sostenendo che le regole di ammissibilità dell’ISU, nella versione del 2014, erano incompatibili con gli articoli 101 e 102 TFUE e sottraevano loro ingiustamente la possibilità di partecipare al Grand Prix. La Commissione aveva ritenuto che le regole di ammissibilità dell’ISU costituissero una restrizione della concorrenza per oggetto e per effetto, poiché avevano lo scopo di limitare le possibilità dei pattinatori professionisti di partecipare liberamente a gare internazionali organizzate da enti terzi, privando quindi questi ultimi delle prestazioni degli atleti necessarie per l’organizzazione di tali competizioni.

La Commissione Europea, infatti, ha ritenuto le “ regole di ammissibilità ” contrarie al divieto di decisioni di associazioni di imprese atte a restringere la concorrenza di cui all’articolo 101 TFUE, in quanto precludevano l’accesso al mercato dell’organizzazione e dello sfruttamento dei diritti commerciali degli eventi internazionali di pattinaggio. In particolare, veniva riconosciuto che le norme previste dall’ISU avessero un impatto negativo su diversi parametri della concorrenza, mettendo a rischio: (i) la produzione di eventi, poiché in mancanza dell’autorizzazione dell’ISU i potenziali nuovi operatori non potevano acquisire le prestazioni degli atleti necessarie per alimentare manifestazioni sportive alternative; (ii) la facoltà di scelta dei consumatori; (iii) lo sviluppo di formati diversi e innovativi delle manifestazioni sportive dedicate al pattinaggio di velocità.

Di conseguenza, la Commissione aveva ingiunto all’ISU, sotto pena di penalità di mora periodiche, di porre fine all’infrazione e di modificare il regolamento arbitrale, qualora intendesse mantenere il sistema di autorizzazione preventiva.

In data 19 febbraio 2018 l’ISU impugnava la decisione della Commissione dinanzi al Tribunale dell’Unione che, in data 16 dicembre 2020, stabiliva che la decisione della Commissione non evidenziasse profili di illegittimità nella parte in cui verteva sulle norme in materia di ammissibilità e di autorizzazione dell’ISU, ma che essa era invece illegittima nella parte riguardante la disciplina in materia di arbitrato. È avverso questa sentenza che sia l’ISU che gli altri ricorrenti avevano a loro volta proposto impugnazione alla Corte di Giustizia.

La Corte nella propria pronuncia ha preliminarmente ricordato che, costituendo un’attività economica, l’attività sportiva è soggetta alle norme europee applicabili in materia di concorrenza, ad eccezione dei profili di interesse esclusivo per lo sport in sé. In particolare, le norme relative all’autorizzazione necessaria per prendere parte alle competizioni sportive, la cui organizzazione e commercializzazione costituiscono un’attività economica, rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina del TFUE.

La Corte, quindi, ha deciso di limitare il potere delle federazioni internazionali di autorizzare preventivamente ed eventualmente vietare l’istituzione di nuove competizioni sportive, ritenendo un tale sistema di autorizzazione compatibile con il diritto europeo solo a condizione che sia sottoposto a criteri sostanziali e procedurali in grado di garantire un esercizio del potere obiettivo, trasparente e non discriminatorio.

Infine, un caso che presenta diversi profili analoghi con il caso Superlega, è la controversia sorta nel mondo del basket tra l’Eurolega, affiancata da alcuni club europei di pallacanestro, e la Fédération Internationale de Basketball Europe (“FIBA Europe”) e la Fédération Internationale de Basketball Europe (“FIBA”) .

In particolare, nell’ambito delle competizioni di basket l’Eurolega , prima Union des Ligues Européennes de Basketball (“ULEB”), si è sempre occupata di organizzare e commercializzare competizioni internazionali in ambito europeo, fino a quando la FIBA Europe e la FIBA hanno sollevato alcune obiezioni. Tali federazioni, in particolare, dopo aver accettato per anni la posizione dominante dell’Eurolega nell’ambito dell’organizzazione delle competizioni in Europa, hanno cercato di rientrare nel mercato di riferimento, promuovendo quali nuovi competizioni la “FIBA Basketball Champions League” e la “FIBA Europe Cup”. Tuttavia, molte società e molte leghe hanno deciso di rimanere legate alle competizioni organizzate dall’Eurolega.

Come reazione a tale circostanza, il 15 aprile 2016, FIBA e FIBA Europe hanno comunicato alle Federazioni Nazionali a cui erano affiliate i club di pallacanestro coinvolti nell’Eurolega, l’esclusione dagli Europei di pallacanestro e dalle Olimpiadi. La legittimità di tale azione è stata sottoposta al vaglio della Munich Regional Court – 1st Chamber for Commercial Matters, che in data 2 giugno 2016 ha emesso un provvedimento cautelare nei confronti di FIBA e FIBA Europe, con il quale ha vietato alle federazioni convenute di sanzionare o minacciare di sanzionare, direttamente o indirettamente, società, leghe nazionali e sovranazionali o federazioni di pallacanestro all’interno dell’area geografica della FIBA Europe, in ragione dell’intenzione o della decisione di partecipare a competizioni organizzate da Eurolega. Ha, inoltre, vietato alla FIBA di dare esecuzione alla decisione, comunicata nell’aprile 2016, di esclusione di alcune squadre nazionali da Europei e Olimpiadi.

Ciò che risulta particolarmente rilevante nell’ambito di tale caso sono i principi enunciati dalla Corte tedesca nell’iter argomentativo del provvedimento. In particolare, la Corte ha stabilito che FIBA e FIBA Europe devono essere considerate imprese ai sensi dell’articolo 102 TFUE, poiché entrambe sfruttano economicamente le competizioni organizzate, vendendo diritti televisivi o acquisendo sponsorizzazioni. Inoltre, essendo tali federazioni monopolisti nella propria area territoriale di riferimento, godono di una posizione dominante che non può essere oggetto di abuso. Tuttavia, le sanzioni comminate con la comunicazione del 15 aprile 2016 nei confronti di alcune Federazioni Nazionali, a causa della clausola di esclusività di cui all’articolo 9.1 dello Statuto FIBA, rappresentavano un abuso di posizione dominante ad opera della FIBA Europe, e indirettamente, della FIBA stessa.

Alla luce di tali precedenti è possibile rilevare come già più di una volta la relazione tra diritto dello sport e diritto della concorrenza sia stata oggetto di controversie e come quest’ultimo ha prevalso ogni qualvolta l’attività sportiva potesse essere ritenuta un’attività economica.

I punti principali della decisione della Corte

Il primo aspetto da tenere in considerazione nell’analisi della pronuncia della Corte di Giustizia è che le questioni pregiudiziali sottoposte dal Tribunale di Madrid non riguardano le caratteristiche specifiche del progetto Superlega e la sua compatibilità con il diritto europeo. Infatti, oggetto del rinvio pregiudiziale, prima, e della decisione della Corte, dopo, sono state principalmente (i) la questione circa la legittimità del sistema di preventiva autorizzazione da parte di FIFA e UEFA per l’istituzione di nuove competizioni organizzate da soggetti terzi alla luce degli articoli 101 e 102 TFUE e (ii) la questione circa la compatibilità del sistema FIFA di commercializzazione dei diritti relativi alle competizioni calcistiche con gli articoli 56 , 101 e 102 TFUE.

In relazione alla prima questione, la Corte ha innanzitutto confermato l’estensione dell’ambito di applicazione del diritto europeo della concorrenza anche all’ambito sportivo e, in particolar modo, a quello del calcio. Ancor prima della pronuncia della Corte, infatti, è stata oggetto di acceso dibattito la questione se il calcio potesse essere ritenuto esente dall’applicazione del diritto europeo, rilevando una specificità del modello sportivo europeo. Tuttavia, la sentenza evidenzia come la rilevanza sociale e culturale del calcio professionistico, oltre che quello economico, renda necessaria l’adozione di norme comuni nell’organizzazione e nello svolgimento delle competizioni internazionali sia per garantire a livello pratico l’omogeneità e il coordinamento delle competizioni all’interno di un calendario unico, sia per garantire che tutti i club possano avere pari opportunità .

Per gli stessi motivi di coordinamento e omogeneità la Corte ha giudicato legittima, in linea generale, la previsione di un procedimento di preventiva autorizzazione di nuove competizioni istituite da soggetti terzi e della partecipazione dei club e dei tesserati alle stesse contestualmente alle previsioni di sanzioni collegate, al fine di rendere il procedimento efficace. Pertanto, la Corte ha ritenuto che in via di principio il sistema di preventiva autorizzazione non costituisca un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE .

Tuttavia, affinché il sistema di preventiva autorizzazione possa nel concreto essere considerato legittimo, è necessario configurare un quadro di criteri sostanziali e di regole procedurali che consentano di qualificare tale sistema come trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato. Inoltre, le sanzioni ad esso collegato devono essere disciplinate nel rispetto dei medesmi criteri nonché determinate nel rispetto del principio di proporzionalità, tenendo in considerazione per ogni caso, la natura, la durata e la gravità della violazione accertata.

Qualora, quindi, venga accertata l’assenza di una regolamentazione sostanziale e procedurale del sistema, che non permette di qualificare il procedimento di preventiva approvazione dell’istituzione di nuove competizioni, della partecipazione alle medesime e la previsione delle relative sanzioni, come trasparente, obiettiva, non discriminatoria e proporzionata, sussiste un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

Di conseguenza, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con riferimento al sistema di autorizzazione preventiva predisposto da FIFA e UEFA, ha rilevato che l’assenza di restrizioni, obblighi e controlli per le federazioni, che possano garantire la trasparenza, l’oggettività, la precisione e il carattere non discriminatorio delle loro decisioni, conferisce alle stesse la possibilità di controllare e definire le condizioni di accesso al mercato, assecondando una finalità anticoncorrenziale. In tal senso la Corte ha rilevato che la mancanza di regole procedurali definite ex ante determina anche la violazione del divieto previsto dall’articolo 101, par. 1, TFUE, costituendo l’attività di FIFA e UEFA una decisione di associazioni di imprese avente per oggetto la restrizione della concorrenza.

Al fine di difendere la legittimità della posizione di FIFA e UEFA è stato considerato l’orientamento che ritiene le federazioni esenti dall’applicazione della disciplina sulla decisione di associazioni di imprese, ai sensi dell’articolo 101, comma 3, TFUE, in quanto la loro condotta sarebbe in grado di produrre efficienze tali da compensare gli eventuali effetti anticoncorrenziali. Tuttavia, l’assenza di criteri chiari, precisi, oggettivi e discriminatori dell’attività di FIFA e UEFA pone tali federazioni in una posizione di monopolio che impedisce ogni forma di concorrenza, rendendo difficile ritenere le restrizioni applicate indispensabili.

Per quanto riguarda, invece, la seconda questione relativa alla compatibilità del sistema FIFA di commercializzazione dei diritti relativi alle competizioni calcistiche con gli articoli 56, 101 e 102 TFUE, la Corte ha rilevato l’illegittimità del sistema, constatando che la sua operatività si basa sulle norme di previa autorizzazione oggetto della prima questione, quindi, in mancanza di norme procedurali definite e oggettive. Infatti, l’articolo 67 della FIFA, identificando la UEFA e le federazioni nazionali che ne sono membri come proprietari esclusivi di tutti i diritti che derivano dalle competizioni che si svolgono nell’ambito delle rispettive giurisdizioni, si assumono la responsabilità esclusiva della loro commercializzazione, restringendo la concorrenza nel settore di riferimento, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, ed integrando un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

Al fine di provare della cause di giustificazione che potessero rendere legittimo il sistema relativo alla titolarità esclusiva di UEFA e FIFA dei diritti connessi allo sfruttamento commerciale delle competizioni, le federazioni hanno sostenuto che tali norme consentono di realizzare incrementi di efficienza, riducendo significativamente i costi di transazione e l’incertezza che gli acquirenti si troverebbero ad affrontare se dovessero negoziare singolarmente con i club, che perseguono interessi diversi tra loro. Inoltre, secondo la posizione delle federazioni, i descritti incrementi di efficienza, permetterebbero di finanziare i progetti di ridistribuzione solidaristica dei proventi a favore di tutte le altre società di calcio, siano esse professionistiche o dilettantistiche, degli atleti, del calcio femminile, dei giovani calciatori e per tale via, ai tifosi, consumatori, e a tutti i cittadini dell’Unione Europea coinvolti nel calcio amatoriale.

In ogni caso, è rimasto onere del giudice del rinvio valutare tali posizioni e verificare, oltre all’attendibilità dei dati economici, anche che il sistema così configurato sia indispensabile per ottenere gli incrementi di efficienza descritti e la ridistribuzione solidaristica di una parte congrua degli utili generati dalla commercializzazione centralistica di tali competizioni.

Inoltre, la Corte ha ritenuto violato anche l’articolo 56 TFUE, che stabilisce la libera prestazione dei servizi, poiché la FIFA e la UEFA, limitando l’istituzione di nuove competizioni calcistiche, ostacolano anche la possibilità per qualsiasi impresa terza di organizzare e commercializzare competizioni sul territorio dell’Unione Europea e per qualsiasi club di partecipare a nuove competizioni. Quindi, così facendo, le federazioni non permettono ad imprese terze di fornire servizi connessi all’organizzazione o alla commercializzazione di competizioni calcistiche. Tale tipologia di restrizione potrebbe essere considerata legittima solamente qualora sussistessero due cause di giustificazione, ovvero, da un lato, un obiettivo legittimo di interesse pubblico e, dall’altro, il rispetto del principio di proporzionalità. Tuttavia, nel caso di specie tali cause di giustificazioni non sono configurabili.

La sentenza del Tribunale di Madrid

Nonostante la Corte di Giustizia dell’Unione Europea abbia enunciato dei principi generali e non sia entrata nel merito della questione Superlega, con la propria sentenza ha rilevato diversi profili critici del sistema predisposto da FIFA e UEFA, che fino ad oggi non erano mai stati messi in discussione.

Infatti, a seguito del rinvio pregiudiziale da parte del Tribunale di Madrid, a giugno 2022, la UEFA, in attesa della decisione finale sul caso Superlega, rendendosi conto della possibile illegittimità delle proprie previsioni statutarie, ha già provveduto a modificare il proprio statuto elaborando in consultazione con la Commissione Europea delle nuove regole che codificano le pratiche e le procedure di autorizzazione esistenti e il modo in cui vengono applicate.

È rimasto, quindi, onere del Tribunale di Madrid decidere se tenere in considerazione tali modifiche ai fini della valutazione della conformità del sistema di preventiva autorizzazione e di sfruttamento commerciale dei diritti connessi alle competizioni da parte di FIFA e UEFA con il diritto dell’Unione Europea, applicando i principi enunciati dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 21 dicembre 2023.

L’udienza di rinvio si è tenuta il 14 marzo 2024 dinanzi al Tribunale di Madrid , il quale si è pronunciato con una decisione vincolante ed esecutiva in tutta l’Unione Europea, stabilendo che gli statuti della UEFA e della FIFA, che impediscono ai concorrenti di entrare nel mercato delle competizioni internazionali per club, sono illegittimi e incompatibili con il diritto della concorrenza dell’Unione Europea.

Il Tribunale di Madrid ha stabilito che la UEFA e la FIFA hanno abusato della loro posizione dominante poiché si sono attribuiti discrezionalità nel determinare l’organizzazione di competizioni alternative e hanno, pertanto, impedito la libera concorrenza sul mercato imponendo restrizioni ingiustificate e sproporzionate. Di conseguenza, la Corte spagnola ha ordinato a FIFA e UEFA di cessare la condotta anticoncorrenziale.

In particolare, la Corte spagnola si è concentrata sull’analisi del regime di autorizzazione preventiva per gli eventi organizzati da terzi, in base al quale UEFA e FIFA potevano controllare il mercato delle competizioni calcistiche interclub.

Con riferimento all’articolo 102 del TFUE, la Corte spagnola ha riconosciuto che il sistema di autorizzazioni preventive di UEFA e FIFA creava delle barriere all’ingresso, ostacolando la concorrenza nel mercato. In linea con quanto concluso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Corte madrilena ha chiarito che la procedura di previa autorizzazione configurata dalle federazioni non è “di per sé” anticoncorrenziale, ma la sua legittimità dipende dal rispetto di alcune condizioni. Nel caso specifico, la Corte spagnola ha ritenuto che i regolamenti UEFA e FIFA mancassero di criteri procedurali appropriati che regolassero il sistema di autorizzazione.

Il regime di autorizzazione preventiva è stato inoltre considerato una restrizione per oggetto in violazione dell’articolo 101 del TFUE. Secondo le conclusioni della Corte, le disposizione degli statuti della UEFA e della FIFA equivalgono a una decisione di associazioni di imprese, ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, perché le norme hanno un impatto diretto sulle condizioni di esercizio dell’attività economica da parte dei suoi membri.

Il Tribunale di Madrid ha, poi, stabilito che anche il potere sanzionatorio nei confronti dei club e dei giocatori che decidono di partecipare a nuove competizioni non autorizzate dalle federazioni è da considerare un limite alla concorrenza e, quindi, una barriera all’ingresso del mercato.

Pertanto, il Tribunale di Madrid ha ordinato a FIFA e UEFA di cessare la condotta anticoncorrenziale e, per quanto possibile, di rimuovere gli effetti delle azioni intraprese in opposizione all’ESLC (ad esempio, annunci pubblici, procedimenti disciplinari o qualsiasi altra misura equivalente).

Le possibili conseguenze

Alla luce della sentenza della Corte di Giustizia e dell’accertamento dell’illegittimità del diniego da parte di UEFA e FIFA al progetto Superlega, ci si chiede quali diritti potrebbero far valere i club che non hanno potuto attuare il progetto, a causa della violazione del diritto della concorrenza da parte delle federazioni.

Preme, infatti, rilevare che la violazione della normativa antitrust comunitaria e nazionale è fonte di responsabilità civile per tutte le imprese che abbiano posto in essere un abuso di posizione dominante o che abbiano partecipato ad un’intesa restrittiva della concorrenza. Di conseguenza, tutti i soggetti che hanno subìto danni causati da condotte anticoncorrenziali, accertate in sede comunitaria o nazionale, hanno diritto di proporre azione civile volta ad ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti .

Nel caso di specie, il risarcimento dei danni corrisponderebbe al mancato guadagno dei club di calcio, dei professionisti e di tutti i settori collegati, alla luce della mancata attuazione del progetto Superlega, per il quale era stato previsto un investimento totale di circa 4 miliardi di euro.

Quindi, considerato quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito alle possibili violazioni da parte di FIFA e UEFA del diritto europeo della concorrenza, l’udienza di rinvio dinanzi al Tribunale di Madrid potrebbe avere una notevole rilevanza, potendo dare inizio ad un possibile conflitto tra i club che si sono visti ostacolati nell’esercizio della propria attività e le federazioni che si sono sempre imposti come organizzatori e regolatori delle competizioni calcistiche professionistiche a livello europeo e internazionale.

Il caso della Superlega ha sollevato per la prima volta nel mondo del calcio delle questioni sulla legittimità delle due federazioni UEFA e FIFA nel ricoprire contestualmente i ruoli di regolatori e organizzatori, e, aldilà del caso di specie sottoposto al Tribunale di Madrid, rimarrà sicuramente un tema rilevante da affrontare il possibile conflitto d’interessi configurabile in ragione di tale duplice veste nel mercato calcistico.

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*A cura dell’Avv. Claudio Cocuzza e Dott.ssa Alessandra Giannetta, COCUZZA

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