Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 29 marzo ed il 2 aprile 2021

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di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) agente della riscossione, difesa in giudizio e ricorso agli avvocati del libero foro; (ii) giudizio di appello e regime delle eccezioni o domande di merito respinte in prime cure; (iii) lodo arbitrale, impugnazione per nullità e decorrenza del termine "lungo"; (iv) rinuncia all'azione e cessazione della materia del contendere; (v) dipendente pubblico, svolgimento di un incarico non autorizzato e giurisdizione applicabile; (vi) giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mediazione obbligatoria ed inerzia di entrambe le parti; (vii) patrocinio a spese dello Stato, imputato irreperibile e diritto del difensore alla liquidazione dei compensi; (viii) interesse ad agire, caratteri ed apprezzamento giudiziale.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

DIFENSORI Cassazione n. 8677/2021
Cassando con rinvio la sentenza emessa dalla Ctr, la Suprema Corte ribadisce la possibilità dell'agente della riscossione di avvalersi di un avvocato del libero foro dinanzi alle commissioni tributarie.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 8767/2021
La decisione riafferma che, in sede di appello, qualora un'eccezione di merito o una domanda di merito sia stata respinta in primo grado la devoluzione al giudice del gravame della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale.

ARBITRATO – Cassazione n. 8776/2021
Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che il disposto di cui all'articolo 828, comma 2, c.p.c. deve essere interpretato nel senso che il termine cosiddetto "lungo" per impugnare per nullità il lodo decorre dalla data dell'ultima sottoscrizione – e non dalla comunicazione del lodo alle parti o dal suo deposito – in tal senso orientando non solo la lettera, ma anche la "ratio" della norma citata, in coerenza con la logica e la struttura dell'intero sistema dell'arbitrato.

AZIONECassazione n. 8859/2021
Accogliendo il ricorso volto a denunciare la violazione dell'articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda rivolta a dichiarare cessata la materia del contendere, l'ordinanza riafferma che la rinuncia all'azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell'attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta; essa presuppone il riconoscimento dell'infondatezza dell'azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima.

GIURISDIZIONECassazione n. 8870/2021
L'ordinanza ribadisce la regola affermata dalle Sezioni Unite secondo cui la giurisdizione, rispetto alla domanda di recupero delle somme indebitamente percepite dal dipendente pubblico in violazione del divieto di assumere incarichi, appartiene alla cognizione della Corte dei Conti.

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA Cassazione n. 8876/2021
La decisione, ribadendo che, in tema di mediazione obbligatoria, in caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di attivarsi per promuovere la mediazione spetta all'opposto in ottemperanza a quanto enunciato dalle Sezioni Unite a composizione del contrasto giurisprudenziale insorto sulla questione (Cass. S.U. n. 19596/2020), specifica che, ove il giudice adito abbia concesso il termine per l'attivazione della procedura di mediazione, ma nessuna delle due parti via abbia provveduto, consegue la declaratoria di improcedibilità della domanda e di revoca del decreto ingiuntivo.

PATROCINIO A SPESE DELLO STATOCassazione n. 8942/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, l'ordinanza afferma che l'avvocato, che abbia difeso d'ufficio l'indagato o l'imputato, resosi irreperibile, non ha diritto alla liquidazione dei compensi a carico dello Stato, ove consti che il medesimo professionista, incorso in colpevole inerzia e così venendo meno al dovere di diligenza qualificata, abbia fatto trascorrere, prima di attivarsi con le competenti autorità per il rintraccio dello stesso un lasso di tempo ingiustificatamente irragionevole, tale da rendere vano il tentativo.

AZIONE – Cassazione n. 9197/2021
L'ordinanza richiama il principio secondo cui l'interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l'attore.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Difensori – Agenzia delle Entrate-Riscossione – Rappresentanza e difesa in giudizio – Commissioni tributarie – Ricorso ad avvocati del libero foro – Configurabilità – Condizioni. (Cost, articolo 24; Cpc, articolo 82; Dlgs, n. 546/1992, articoli 11 e 12; Dl, n. 193/2016, articolo 1; Dl, n. 34/2019, articolo 4-novies)
Ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, si avvale: a) dell'Avvocatura dello Stato nei casi previsti come riservati ad essa dalla Convenzione intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell'articolo 43, comma 4, Rd n. 1611 del 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all'organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici; b) di avvocati del libero foro, senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dall'articolo 43, comma 4, Rd cit. – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del Dlgs n. 50 del 2016 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito in legge n. 225 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all'Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio. Quando la scelta tra il patrocinio dell'Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l'Agenzia e l'Avvocatura dello Stato o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell'Agenzia a mezzo dell'una o dell'altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale la Ctr aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello dell'agente della riscossione per essersi lo stesso avvalso del patrocinio di un avvocato del libero foro). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 29 novembre 2019, n. 31241; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 19 novembre 2019, n. 30008).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 29 marzo 2021, n. 8677 – Presidente Greco – Relatore Luciotti

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Domanda o eccezione di merito rigettate o disattese in primo grado – Appello incidentale e mera riproposizione ex articolo 346 c.p.c. – Rispettivi ambiti. ( Cc, articolo 2909; Cpc, articoli 329, 342, 345, 346 e 363)
In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione o una domanda di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo345, comma 2, cod. proc. civ. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'articolo 329, comma 2, cod. proc. civ.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest'ultimo l'esercizio ex articolo 345, comma 2, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, cassando la decisione gravata, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso principale, in quanto, nell'ambito della controversia insorta tra le parti a seguito della vendita di un bene mobile, avendo il giudice di primo grado rigettato espressamente la domanda di garanzia per vizi, perché tardiva, erroneamente i giudici di seconde cure avevano invece ritenuto che potesse ritenersi formulato appello incidentale nonostante l'espresso riferimento della parte appellata alla riproposizione della domanda ex articolo 346 del codice di rito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 10 marzo 2021, n. 6583; Cassazione, sezione civile L, sentenza 28 agosto 2018, n. 21264; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 12 maggio 2017, n. 11799).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 30 marzo 2021, n. 8767 – Presidente Di Virgilio – Relatore Varrone

Procedimento civile – Arbitrato – Lodo – Impugnazione per nullità – Decorrenza del termine lungo – "Dies a quo" – Individuazione – Questione di massima di particolare importanza. (Cpc, articolo 828)
In tema di impugnazione per nullità del lodo arbitrale, il disposto di cui all'articolo 828, comma 2, cod. proc. civ. deve essere interpretato nel senso che il termine cosiddetto "lungo" decorre dalla data dell'ultima sottoscrizione – e non dalla comunicazione del lodo alle parti o dal suo deposito –, in tal senso orientando non solo la lettera ma anche la "ratio" della norma citata, in coerenza con la logica e la struttura dell'intero sistema dell'arbitrato, atteso che il lodo, salvo quanto disposto dall'articolo 825 cod. proc. civ. ai fini dell'esecutività, produce gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria proprio dalla data della sua ultima sottoscrizione. Tale specifica scelta del legislatore non contrasta con alcun precetto costituzionale, in quanto la tutela del soccombente è garantita dal lungo periodo per impugnare, nonché dalla certa sua conoscenza della decisione arbitrale mediante la comunicazione alle parti del lodo entro appena dieci giorni, la quale lascia a disposizione ancora un lungo lasso per impugnare il lodo stesso, senza alcuna compromissione del diritto di difesa, ove diligentemente esercitato. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza interlocutoria 24 settembre 2020, n. 20104).
Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 30 marzo 2021, n. 8776 – Presidente Amendola – Relatore Nazzicone

Procedimento civile – Azione – Rinuncia all'azione – Cessazione della materia del contendere – Configurabilità – Presupposti rispettivi. (Cpc, articoli 112 e 306)
La rinuncia all'azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell'attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta. Essa presuppone il riconoscimento dell'infondatezza dell'azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima. Solo a queste condizioni la rinuncia all'azione determina, indipendentemente dall'accettazione della controparte, l'estinzione dell'azione e la cessazione della materia del contendere. Deve, viceversa, essere dichiarata, anche d'ufficio, cessata la materia del contendere in ogni caso in cui risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di responsabilità professionale in cui, in sede di gravame, la corte territoriale aveva pronunciato nel merito rigettando l'impugnazione, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del professionista e decidendo nel merito, ha dichiarato l'appello inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, compensando per metà le spese del grado, avendo l'appellante, al momento della precisazione delle conclusioni, e poi con comparsa conclusionale, chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere, con ciò rinunciando implicitamente alla domanda). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 23 luglio 2019, n. 19845).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8859 – Presidente Amendola – Relatore Cricenti

Procedimento civile – Giurisdizione – Dipendente della P.A – Svolgimento incarico non autorizzato – Art. 53, comma 7, del D.lgs. n. 165 del 2001 – Azione promossa dal procuratore della Corte dei conti – Giurisdizione del giudice contabile – Fatti anteriori all'entrata in vigore della disposizione di legge – Irrilevanza. (Cpc, articolo 41; Dlgs, n. 165/2001, articolo 53)
L'azione ex articolo 53, comma 7, del Dlgs n. 165 del 2001, esercitata dal Procuratore della Corte dei conti nei confronti di dipendente della Pa che abbia omesso di versare alla propria Amministrazione i corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato, rimane attratta alla giurisdizione del giudice contabile, anche se la percezione dei compensi si è avuta in epoca precedente all'introduzione del comma 7-bis del medesimo articolo 53, giacché tale norma non ha portata innovativa, vertendosi in ipotesi di responsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno, al fine di tutelare la compatibilità dell'incarico extraistituzionale in termini di conflitto di interesse ed il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico (Nel caso di specie, in cui la l'Amministrazione universitaria aveva agito nei confronti di un ricercatore per ottenere il versamento dei compensi percepiti dai clienti in violazione del divieto di svolgere attività professionale, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale la corte d'appello aveva confermato la declaratoria del difetto di giurisdizione, in favore della Corte dei Conti, pronunciata dal tribunale adito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 14 gennaio 2020, n. 415).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8870 – Presidente Amendola – Relatore Cricenti

Procedimento civile – Mediazione obbligatoria – Procedimento di ingiunzione – Giudizio di opposizione – Parte onerata ad introdurre il procedimento – Creditore opposto – Conseguenze – Inerzia di entrambe le parti nell'attivazione della procedura di mediazione dopo il termine concesso dal giudice – Improcedibilità della domanda e revoca del decreto ingiuntivo – Fattispecie relativa a controversia definita dopo la pubblicazione della pronuncia delle Sezioni Unite, resa a composizione del contrasto giurisprudenziale, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso. (Cpc, articoli 633, 645 e 653 e 384; Dlgs, n. 28/2010, articolo 5)
In tema di rapporti tra giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria l'onere di attivarsi per promuovere il procedimento, in ottemperanza al combinato disposto dall'articolo 5, commi 1–bis e 4, lett. a), del Dlgs n. 28 del 2010, spetta all'opposto e l'attribuzione a quest'ultimo non è irrilevante sul piano delle conseguenze, in quanto, pur essendo la pronuncia quella di improcedibilità in ogni caso, se l'onere è allocato in capo a quest'ultimo il decreto ingiuntivo è revocato, mentre se l'onere è fatto gravare sull'opponente l'ingiunzione diventa irrevocabile (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato improcedibile la domanda e revocato il decreto ingiuntivo; infatti, osserva il giudice di legittimità, sebbene la decisione di dichiarare improcedibile l'opposizione è conforme a diritto, non potendosi decidere altrimenti in caso di inerzia di entrambe le parti nell'attivazione della procedura di mediazione, tuttavia, acclarato che l'onere di attivare la mediazione compete all'opposto anziché, come ritenuto dai giudici di merito, all'opponente, va dato atto che la conseguenza della inerzia di quest'ultimo è la revoca del decreto; in altri termini, poiché gli effetti che l'improcedibilità ha sul decreto ingiuntivo cambiano a seconda del soggetto che si ritiene tenuto ad instaurare la mediazione, in quanto l'onere compete, come detto, all'opposto, e non è stato da questi assolto, il decreto ingiuntivo va revocato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 18 settembre 2020, n. 19596; Cassazione, sezione civile III, sentenza 3 dicembre 2015, n. 24629).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8876 – Presidente Amendola – Relatore Cricenti

Procedimento civile – Patrocinio a spese dello Stato – Persona indagata o imputata resasi irreperibile – Difensore di ufficio – Diritto alla liquidazione dell'onorario e delle spese a carico dello Stato – Colpevole inerzia del professionista – Esclusione. (Dpr , n. 115/2002, articoli 82, 116 e 117)
L'avvocato, che abbia difeso d'ufficio l'indagato o l'imputato, resosi irreperibile, non ha diritto alla liquidazione dei compensi a carico dello Stato, ove consti che il medesimo professionista, incorso in colpevole inerzia e così venendo meno al dovere di diligenza qualificata (homo eiusdem condicionis ac professionis), abbia fatto trascorrere, prima di attivarsi con le competenti autorità per il rintraccio dello stesso, specie nel caso in cui si tratti di straniero senza fissa dimora e di dubbia o non facile identificazione, un lasso di tempo ingiustificatamente irragionevole, tale da rendere vano il tentativo (Nel caso di specie, rigettando il ricorso proposto dal professionista nei confronti del ministero della Giustizia, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale il tribunale adito aveva rigettato l'opposizione proposta dal ricorrente avverso il provvedimento di diniego di liquidazione emesso dal giudice penale per la difesa d'ufficio che era stata assicurata dal professionista ad un cittadino straniero, risultato irreperibile; nella circostanza, la decisione era da attribuire alla "colpevole inerzia" del difensore, il quale aveva atteso circa sei anni prima di attivarsi per il rintraccio dell'assistito, poi risultato vano, senza, inoltre, aver acquisito al fine utili informazioni nel corso del giudizio penale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 24 giugno 2015, n. 13132).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 31 marzo 2021, n. 8942 – Presidente Lombardo – Relatore Grasso

Procedimento civile – Azione – Interesse ad agire – Caratteri – Concretezza ed attualità – Accertamento giudiziale. (Cpc, articoli 100 e 101; Dlgs, articolo 83–quinquies)
Poiché l'interesse ad agire deve essere concreto ed attuale e richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, dato che il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l'attore, l'utilità della decisione che il giudice è chiamato ad apprezzare mette imprescindibilmente le radici nello scenario fattuale della vicenda, poiché è solo dalla disamina degli aspetti concreti del fatto dedotto dall'attore a fondamento della propria domanda che il giudice è posto in grado di valutare la concretezza e l'attualità del "bisogno" di tutela giurisdizionale (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale il giudice d'appello, escludendo la sussistenza di un interesse concreto ex articolo 100 cod. proc. civ., ed omettendo ogni accertamento di fatto da rimettere al contraddittorio processuale in violazione dell'articolo 101, comma 2, cod. proc. civ., aveva respinto la domanda del ricorrente volta a conseguire il rilascio, da parte delle banche convenute, della certificazione prevista dall'articolo 83-quinquies del T.U.F. al fine di potere esercitare i propri diritti di azionista nella procedura fallimentare aperta nei confronti di una società di diritto statunitense). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 24 gennaio 2019, n. 2057).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 2 aprile 2021, n. 9197 – Presidente De Chiara – Relatore Marulli

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