Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 21 ed il 25 giugno 2021
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) revocazione, scoperta del dolo e decorrenza del termine perentorio; (ii) giudizio di appello e sostituzione officiosa della motivazione della decisione impugnata; (iii) esecuzione forzata, decreto di trasferimento e rimedio in caso di controversa identificazione del bene; (iv) esecuzione forzata, decreto di trasferimento e accessioni; (v) divieto di parcellizzazione del credito e proposizione domande in giudizi diversi; (vi) sentenza non definitiva e liquidazione del danno oggetto di accertamento; (vii) liquidazione onorari professionali e dedotta violazione dei minimi tariffari in sede di legittimità; (viii) procedimento monitorio, opposizione tardiva e obblighi del titolare dell'account PEC; (ix) procedimento di liquidazione degli onorari e composizione dell'organo giudicante; (x) spese processuali, principio di soccombenza e giudizio di rinvio; (xi) appello incidentale, termine decadenziale e differimento udienza.
PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 17644/2021
In tema di revocazione del dolo di una parte in danno dell'altra, ex articolo 395, comma 1, n. 1, c.p.c., la pronuncia riafferma che il termine perentorio per proporla, di trenta giorni, decorre, ai sensi dell'articolo 326 c.p.c., dalla scoperta del dolo, benché debba trattarsi di scoperta effettiva e completa, riconoscibile solo quando si sia acquisita la ragionevole certezza che il dolo vi sia stato ed abbia ingannato il giudice, fino a determinarne statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 17681/2021
L'ordinanza ribadisce il principio secondo il quale il giudice di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, può, senza violare il principio del contraddittorio, anche d'ufficio sostituirne la motivazione che ritenga scorretta, purché la diversa motivazione sia radicata nelle risultanze acquisite al processo, sia contenuta entro i limiti del "devolutum" quali risultanti dall'atto di appello e la modifica non concerna statuizioni adottate dal primo giudice con efficacia di giudicato.
ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 17811/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, la pronuncia, resa nell'ambito di un giudizio relativo ad una procedura esecutiva immobiliare, afferma che l'opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c. è il rimedio esperibile anche nell'ipotesi in cui risulti controversa l'identificazione del bene oggetto del decreto di trasferimento del giudice dell'esecuzione con riferimento alla sua estensione.
ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 17811/2021
Enunciando espressamente il principio di diritto, la pronuncia, resa nell'ambito di un giudizio relativo ad una procedura esecutiva immobiliare, afferma che i beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare ricomprendono anche quei beni che, pur non espressamente menzionati nel decreto di trasferimento del giudice dell'esecuzione, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni.
DOMANDA GIUDIZ IALE – Cassazione n. 17816/2021
Affrontando nuovamente la questione recata della esatta portata del divieto di parcellizzazione del credito, la pronuncia, enunciando espressamente il principio di diritto, afferma che le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l'attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell'ambito della suddetta relazione unitaria le parti. La violazione dell'enunciato divieto processuale è poi sanzionata con l'improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell'art. 104 c.p.c., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti.
POTERI DEL GIUDICE – Cassazione n. 17950/2021
La decisione riafferma il principio, enunciato di recente dal giudice di legittimità, secondo cui la sentenza non definitiva che accerti l'esistenza di un inadempimento contrattuale e del conseguente danno preclude allo stesso giudice la possibilità, al momento della relativa liquidazione nella sentenza definitiva, di negare la sussistenza di tale danno per mancanza di prove, trattandosi di affermazione in contrasto con quella, resa in sede di sentenza non definitiva, circa la loro esistenza e tale discrasia può essere rilevata anche d'ufficio in sede di legittimità, sicché, a fronte della difficoltà di prova del danno, il giudice, non vincolato agli esiti della consulenza tecnica, deve esercitare il proprio potere discrezionale di liquidazione di esso in via equitativa, secondo la c.d. equità giudiziale correttiva od integrativa.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 17961/2021
Nell'ordinanza si riafferma che, anche quando si propone ricorso per cassazione censurando l'errata quantificazione per difetto delle spese di lite, attiene ai requisiti di completezza e non genericità del ricorso, ex articolo 366, comma 1, n. 6 c.p.c., strumentali a consentire al giudice di comprendere appieno la censura e al fine di potersi pronunciare su di essa, indicare di preciso in cosa consista la violazione, specificando i parametri che si assumono essere stati violati.
PROCEDIMENTO MONITORIO – Cassazione n. 17968/2021
La decisione afferma che non integra gli estremi della "forza maggiore", tale da legittimare l'opposizione tardiva ex articolo 650 c.p.c., la condotta della parte destinataria di un ricorso monitorio la quale provveda all'immediata eliminazione della mail Pec di notifica dell'atto, eseguita ai sensi dell'articolo 3-bis della legge n. 53 del 1994, una volta smistata dal sistema nella cartella della "posta indesiderata" e contrassegnata come "spam", omettendo in tal modo di procedere all'apertura e lettura della busta adducendo il timore di un concreto rischio di danni al sistema informatico aziendale.
DIFENSORI – Cassazione n. 18004/2021
Nella pronuncia si ribadisce che, in tema di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, ove il ricorso sia stato proposto ai sensi dell'articolo 14 del D.lgs. n. 150/2011, il provvedimento decisorio deve essere emesso dal Tribunale in composizione collegiale e non già in veste monocratica.
SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 18005/2021
La decisione, in tema di spese processuali, consolida il principio secondo cui il giudice del rinvio, al quale la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all'esito finale della lite.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 18274/2021
La pronuncia riafferma che l'appello incidentale va proposto, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, dovendosi, a tal fine, rispettare il termine di venti giorni fissato dall'articolo 166 cod. proc. civ., mentre, in caso di differimento dell'udienza indicata nell'atto di appello, ai sensi dell'articolo 168–bis, comma 5, c.p.c., il rispetto del termine di decadenza di venti giorni prima deve essere calcolato a ritroso dalla data dell'udienza rinviata; diversamente, in caso di rinvio disposto ex articolo 168–bis, comma 4, c.p.c., perché il giudice, nella data indicata, non tiene udienza, si deve fare riferimento, per verificare la tempestività dell'appello incidentale, all'udienza originariamente eletta in citazione.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Procedimento civile – Impugnazioni – Revocazione – Motivi – Dolo della parte – Termine per la proposizione dell'impugnazione – Scoperta del dolo – Decorrenza – "Dies a quo" – Individuazione. (Cpc, articoli 170, 325, 326 e 395)
Nell'ipotesi di revocazione di sentenza per dolo di una parte in danno dell'altra, ex articolo 395, comma 1, n. 1, cod. proc. civ., il termine perentorio per proporla, di trenta giorni, decorre, ai sensi dell'articolo 326 cod. proc. civ., dalla scoperta del dolo, benché debba trattarsi di scoperta effettiva e completa, riconoscibile solo quando si sia acquisita la ragionevole certezza – non essendo sufficiente il mero sospetto – che il dolo vi sia stato ed abbia ingannato il giudice, fino a determinarne statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto (Nel caso di specie, in cui il documento sopravvenuto costituente prova del dolo della controricorrente era rappresentato da una sentenza resa dal giudice amministrativo, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, avendo la corte distrettuale dichiarato inammissibile l'impugnazione per tardività, affermando erroneamente la decorrenza del termine per proporre la revocazione dalla data di comunicazione al difensore di parte ricorrente della predetta sentenza e non già da quello di sua effettiva conoscenza da parte della medesima, coincidente con la trasmissione del testo integrale della pronuncia ad opera del suddetto difensore). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 20 gennaio 2020, n. 1102; Cassazione, sezione civile I, sentenza 16 febbraio 2016, n. 2989; Cassazione, sezione civile V, sentenza 25 maggio 2011, n. 11451; Cassazione, sezione civile III, sentenza 27 febbraio 2004, n. 4008).
• Cassazione, sezione I civile, ordinanza 21 giugno 2021, n. 17644 – Presidente De Chiara – Relatore Solaini
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Poteri del giudice – Conferma della sentenza di primo grado con sostituzione della motivazione – Ammissibilità – Limiti – Principio espresso in riferimento a giudizio di opposizione a sanzioni amministrative irrogate per violazioni alle norme del Codice della Strada. (Cpc, articoli 92, 112 e 342; Dlgs, n. 285/1992, articoli 7 e 14)
Il giudice di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, può, senza violare il principio del contraddittorio, anche d'ufficio sostituirne la motivazione che ritenga scorretta, purché la diversa motivazione sia radicata nelle risultanze acquisite al processo, sia contenuta entro i limiti del "devolutum" quali risultanti dall'atto di appello e la modifica non concerna statuizioni adottate dal primo giudice con efficacia di giudicato (Nel caso di specie, relativo ad giudizio di opposizione a sanzioni amministrative per violazioni alle norme del Codice della strada - in particolare, violazione del divieto di transito in zona a traffico limitato senza autorizzazione - il giudice di pace aveva annullato la sanzione, compensando le spese di lite; la decisione, impugnata dal ricorrente limitatamente alla statuizione sulle spese, era stata poi confermata in grado di appello dal tribunale il quale aveva tuttavia ritenuto di dover integrare le motivazione della decisione di primo grado, evidenziando che sussistevano comunque le gravi ed eccezionali ragioni di compensazione ai sensi dell'articolo 92, comma secondo, cod. proc. civ. atteso che l'annullamento del verbale di contestazione era stato disposto nonostante non fosse stata dimostrata l'esibizione del contrassegno per il trasporto dei disabili; la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio tale sentenza, osservando che il rilievo, operato d'ufficio solo in appello, riguardo alla carenza di prova dell'esposizione del predetto contrassegno, eccedeva dall'ambito delle questioni devolute al giudice di secondo grado, risolvendosi nell'evidenziazione di un presunto motivo di infondatezza dell'opposizione, contrastante con la statuizione di annullamento del verbale, non oggetto di impugnazione ed ormai passata in giudicato; in altri termini, conclude il giudice di legittimità, tale circostanza non poteva affatto prendersi in considerazione per sostenere – come erroneamente invece fatto dal giudice del gravame – che la motivazione adottata in proposito dal giudice di prime cure fosse comunque legittima). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 marzo 2016, n. 4889; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 28 maggio 2015, n. 11130; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 gennaio 2002, n. 696; Cassazione, sezione civile I, sentenza 6 giugno 1987, n. 4945).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 21 giugno 2021, n. 17681 – Presidente Orilia – Relatore Fortunato
Procedimento civile – Processo di esecuzione – Espropriazione forzata – Espropriazione immobiliare – Vendita con incanto – Decreto di trasferimento del giudice dell'esecuzione – Controversa identificazione del bene oggetto del decreto con riferimento alla sua estensione – Rimedi – Opposizione agli atti esecutivi – Necessità. (Cpc, articoli 586 e 617)
In materia di esecuzione forzata, il decreto di trasferimento di cui all'articolo 586 cod. proc. civ., ancorché abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non è inesistente, ma solo affetto da invalidità, da far valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all'articolo 617 cod. proc. civ. e ciò anche nell'ipotesi in cui risulti controversa l'identificazione del bene oggetto del decreto con riferimento alla sua estensione. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 10 ottobre 2020, n. 22854; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25687; Cassazione, sezione civile III, sentenza 13 marzo 2014, n. 5796; Cassazione, sezione civile III, sentenza 16 maggio 2008, n. 12430).
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 22 giugno 2021, n. 17811 – Presidente San Giorgio – Relatore Carrato
Procedimento civile – Processo di esecuzione – Espropriazione forzata – Espropriazione immobiliare – Vendita con incanto – Decreto di trasferimento del giudice dell'esecuzione – Beni oggetto del decreto – Effetti del pignoramento Rilevanza – Terreno trasferito all'esito di procedura esecutiva immobiliare – Trasferimento del fabbricato ivi insistente salva espressa previsione contraria – Necessità. (Cc, articolo 2912; Cpc, articolo 586)
I beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare sono quelli di cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex articolo 586 cod. proc. civ., cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell'articolo 2912 cod. civ., come accessori, pertinenze, frutti, miglioramenti ed addizioni, e quei beni che, pur non espressamente menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni propriamente dette, donde il trasferimento di un terreno all'esito di procedura esecutiva comporta, in difetto di espressa previsione contraria, il trasferimento del fabbricato insistente su di esso.
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 22 giugno 2021, n. 17811 – Presidente San Giorgio – Relatore Carrato
Procedimento civile – Domanda giudiziale – Domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo – Fondamento su analoghi, seppur diversi, "fatti costitutivi" – Proposizione in giudizi diversi – Fatti costitutivi riconducibili ad una relazione unitaria tra le parti anche di mero fatto – Divieto – Operatività – Limiti – Violazione – Conseguenze – Principio enunciato in controversia insorta per il pagamento del compenso a titolo di prestazioni professionali vantato un avvocato nei confronti di una società cooperativa. (Cost, articoli 2 e 111; Cc, articoli 1175, 1375 e 2909; Cpc, articoli 104, 112 e 115)
Le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia. Tale divieto processuale non opera quando l'attore abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad azionare in giudizio solo uno, o solo alcuni, dei crediti sorti nell'ambito della suddetta relazione unitaria le parti. La violazione dell'enunciato divieto processuale è sanzionata con l'improponibilità della domanda, ferma restando la possibilità di riproporre in giudizio la domanda medesima, in cumulo oggettivo, ai sensi dell'articolo 104 cod. proc. civ., con tutte le altre domande relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 24 maggio 2021, n. 14143; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 ottobre 2019, n. 26089; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 giugno 2019, n. 15523; Cassazione, sezione civile III, sentenza 7 marzo 2019, n. 6591; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 27 luglio 2018, n. 19898; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 6 luglio 2018, n. 17893; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 28 giugno 2018, n. 17019; Cassazione, sezione civile L, sentenza 12 aprile 2017, n. 9398; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 12 febbraio 2017, n. 4090; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 15 giugno 2015, n. 12310; Cassazione, sezione civili unite, sentenza 15 novembre 2007, n. 23726).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 22 giugno 2021, n. 17816 – Presidente D'Ascola – Relatore Gorjan
Procedimento civile – Poteri del giudice – Sentenza non definitiva accertativa di inadempimento contrattuale e del conseguente danno – Proseguimento del giudizio per la liquidazione del danno – Possibilità di negare l'esistenza del danno con la sentenza definitiva – Esclusione – Conseguenze. (Cc, articolo 1226; Cpc, articolo 115)
La sentenza non definitiva che accerti l'esistenza di un inadempimento contrattuale e del conseguente danno preclude allo stesso giudice la possibilità, al momento della relativa liquidazione nella sentenza definitiva, di negare la sussistenza di tale danno per mancanza di prove, trattandosi di affermazione in contrasto con quella, resa in sede di sentenza non definitiva, circa la loro esistenza e tale discrasia può essere rilevata anche d'ufficio in sede di legittimità, sicché, a fronte della difficoltà di prova del danno, il giudice, non vincolato agli esiti della consulenza tecnica, deve esercitare il proprio potere discrezionale di liquidazione di esso in via equitativa, secondo la c.d. equità giudiziale correttiva o integrativa (Nel caso di specie, relativo ad un'azione risarcitoria intrapresa dalla ricorrente società nei confronti dello studio associato di cui erano titolari le controricorrenti, ritenuto responsabile della mancata erogazione della cassa integrazione guadagni in occasione di una crisi aziendale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, per aver il giudice d'appello ritenuto precluso il ricorso al potere di liquidazione equitativa del danno sul presupposto che il mancato accertamento del suo preciso ammontare fosse dipeso non già dall'impossibilità di provarlo, bensì dalla condotta processuale dell'attrice-appellante, non avendo quest'ultima prodotto la documentazione in suo possesso; invero, osserva la decisione, la prospettata censura coglie nel segno, in quanto, essendo l'esistenza del danno comunque certa in quanto riconosciuta dalla sentenza non definitiva, la sua quantificazione avrebbe potuto e dovuto compiersi equitativamente secondo il disposto dell'articolo 1226 cod. civ; il giudice del rinvio, nell'esercizio del potere di liquidazione equitativa, conclude la pronuncia in esame, dovrà poi attenersi al criterio che esige che l'accertamento scaturisca "…da un esame della situazione processuale globalmente considerata…" dando rilievo al materiale istruttorio in atti, sulla cui base la corte territoriale aveva affermato l'esistenza dell'inadempimento delle controricorrenti e ritenuto provato il danno ad esso conseguente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 5 ottobre 2020, n. 21258; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 24 gennaio 2020, n. 1636; Cassazione, sezione civile II, sentenza 12 febbraio 2004, n. 2706; Cassazione, sezione civile II, sentenza 23 aprile 2002, n. 5920; Cassazione, sezione civile II, sentenza 15 gennaio 2000, n. 409)
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 23 giugno 2021, n. 17950 – Presidente Frasca – Relatore Guizzi
Procedimento civile – Impugnazione – Giudizio di cassazione – Liquidazione degli onorari agli avvocati – Dedotta violazione dei minimi tariffari – Indicazione del valore della controversia – Necessità – Violazione – Inammissibilità ricorso. (Cpc, articoli 91, 92, 360 e 366; Dm, n. 55/2014, articolo 1)
In tema di liquidazione degli onorari agli avvocati, il ricorrente per cassazione che deduca la violazione dei minimi tariffari per aver omesso il giudice d'appello di specificare, pur in presenza della richiesta di riconoscimento di poste dettagliate, il sistema di calcolo e la tariffa adottati, deve, a pena d'inammissibilità, indicare il valore della controversia rilevante ai fini dello scaglione applicabile, trattandosi di presupposto indispensabile per consentire l'apprezzamento della decisività della censura (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto, avendo parte ricorrente omesso di indicare il valore della causa nonché l'importo della cartella esattoriale opposta, sulla base del quale il giudice di appello avrebbe dovuto individuare lo scaglione entro il quale determinare l'importo dovuto a titolo di spese di lite, difettavano le condizioni per poter accertare se la dedotta violazione si fosse effettivamente verificata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 10 febbraio 2015, n. 2532).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 23 giugno 2021, n. 17961 – Presidente Vivaldi – Relatore Rubino
Procedimento civile – Procedimento di ingiunzione – Opposizione tardiva – Notificazione via P.E.C. del decreto ingiuntivo – Messaggio smistato nella cartella della "posta indesiderata" e contrassegnata come "spam" – Immediata eliminazione da parte del destinatario per scongiurare danni al sistema informatico aziendale – Condotta integrante gli estremi della "forza maggiore" ex art. 650 c.p.c. – Configurabilità – Esclusione – Fondamento. (Cpc, articoli 633, 647 e 650; Legge n. 53/1994, articolo 3-bis; Dm, n. 44/2011, articolo 20)
L'articolo 20 del Dm 21 febbraio 2011, n. 44, nel disciplinare i requisiti della casella Pec del soggetto abilitato esterno, impone a quest'ultimo una serie di obblighi finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella stessa, tra i quali figura espressamente (comma 2) anche quello di "…dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l'assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati…". In particolare, la dotazione di tale "software" consente al destinatario di isolare la eventuale "mail" ritenuta sospetta e di porla in cosiddetta "quarantena", ovvero di eseguire la scansione manuale del file ricevuto. Ne consegue che non può ritenersi idonea ad integrare gli estremi della "forza maggiore", tale da legittimare l'opposizione tardiva ex articolo 650 cod. proc. civ., la condotta della parte destinataria di un ricorso monitorio la quale provveda all'immediata eliminazione del messaggio Pec di notifica ex lege n. 53/1994 del decreto ingiuntivo una volta smistato dal sistema nella cartella della "posta indesiderata" e contrassegnata come "spam", omettendo in tal modo di procedere all'apertura e lettura della busta per timore di un concreto rischio di arrecare danni al sistema informatico aziendale (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la pronuncia gravata con la quale la corte territoriale aveva confermato la statuizione di inammissibilità dell'opposizione tardiva condannando parte appellante anche al pagamento delle spese di lite). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 8 aprile 2020, n. 7752; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 3965; Cassazione, sezione civile L, sentenza 21 maggio 2018, n. 12451; Cassazione, sezione civile I, sentenza 3 gennaio 2017, n. 31; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 7 luglio 2016, n. 13917).
• Cassazione, sezione III civile, sentenza 23 giugno 2021, n. 17968 – Presidente Frasca – Relatore Positano
Procedimento civile – Difensori – Onorari e dei diritti di avvocato – Liquidazione – Controversie relative – Ricorso proposto ex art. 14 del D.lgs. n. 150/20 – Opposizione – Composizione organo giudicante – Ordinanza emessa dal giudice monocratico – Nullità. (Cpc, articoli 633 e 702-bis; Legge, n. 794/1942, articolo 28; Dlgs, n. 150/2011, articolo 14)
In tema di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, ove il ricorso sia stato proposto ai sensi dell'articolo 14 del Dlgs n. 150/2011, il provvedimento decisorio deve essere emesso dal Tribunale in composizione collegiale e non monocratica (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio l'ordinanza impugnata in quanto affetta da nullità per difetto di composizione dell'organo giudicante essendo stata la stessa emessa dal giudice monocratico e non già dal collegio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 18 settembre 2019, n. 23259; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 23 febbraio 2018, n. 4485).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 23 giugno 2021, n. 18004 – Presidente Gorjan – Relatore Giannaccari
Procedimento civile – Spese processuali – Cassazione – Giudizio di rinvio – Principio della soccombenza applicato all'esito globale del giudizio – Applicazione – Modalità. (Cpc, articoli 91, 92, 336 e 385)
In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, al quale la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all'esito finale della lite. Ne consegue che il giudice, nel regolare le spese di lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione e, – tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 9 ottobre 2015, n. 20289; Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 marzo 2006, n. 7243).
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 23 giugno 2021, n. 18005 – Presidente Gorjan – Relatore Giannaccari
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Proposizione dell'appello incidentale – Termine decadenziale – Differimento dell'udienza – Verifica tempestività – Ipotesi ex art. 168-bis, commi 4 e 5 c.p.c. – Condizioni rispettive. (Cpc, articoli 166, 168–bis, 343 e 347)
Ai sensi dell'articolo 343, primo comma, cod. proc. civ., l'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'articolo 166 cod. proc. civ.; poiché tale costituzione deve avvenire almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, ovvero differita d'ufficio dal giudice, ai sensi dell'articolo 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., ove il giudice si avvalga di tale facoltà di differimento, il termine per la proposizione dell'appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell'udienza differita, e non quella originariamente indicata nell'atto di citazione. In altri termini, l'appello incidentale va proposto, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, dovendosi, a tal fine, rispettare il termine di venti giorni fissato dall'articolo 166 cod. proc. civ., mentre, in caso di differimento dell'udienza indicata nell'atto di appello, ai sensi dell'articolo 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., il rispetto del termine di decadenza di venti giorni prima deve essere calcolato a ritroso dalla data dell'udienza rinviata; invece, in caso di rinvio disposto ex articolo 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ., perché il giudice, nella data indicata, non tiene udienza, si deve fare riferimento, per verificare la tempestività dell'appello incidentale, all'udienza originariamente eletta in citazione. Non assume rilevanza, ai fini della tempestività dell'impugnazione, lo spostamento automatico della data dell'udienza che sia rimandata d'ufficio ai sensi del quarto comma dell'articolol 168–bis cod. proc. civ. Pertanto, l'unica fattispecie che giustifica la mancata considerazione dell'originaria data dell'udienza fissata nell'atto di citazione è quella contemplata dal quinto comma dell'articolo 168-bis cod. proc. civ., la quale ricorre allorché il giudice designato, nei cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, ritenga, con proprio decreto motivato, di differire la data della prima udienza; fattispecie nella quale – giusta espressa previsione di cui allo stesso articolo 166 cod. proc. civ. – il termine di "…venti giorni prima…" va appunto computato in riferimento alla data fissata nel decreto del giudice designato (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rilevata l'assenza di un provvedimento di differimento dell'udienza emesso ai sensi del quinto comma dell'articolo 168-bis cod. proc. civ., risultando pertanto che lo slittamento della data della prima udienza era dipeso unicamente dalle ragioni invece contemplate dal comma precedente, ossia dal fatto che nel giorno fissato in citazione per la comparizione il giudice non teneva udienza, ha accolto il ricorso, cassato senza rinvio la sentenza impugnata ed eliminato l'aumento disposto dalla corte del merito dell'importo relativo alla statuizione di condanna in favore della controricorrente di cui alla sentenza di primo grado, in quanto frutto di accoglimento di un appello incidentale da ritenersi, alla stregua dei principi espressi, inammissibile).
• Cassazione, sezione II civile, ordinanza 25 giugno 2021, n. 18274 – Presidente Manna – Relatore Giusti