Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 20 e il 24 marzo 2023

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) spese di giudizio, condanna per responsabilità aggravata ed abuso dello strumento processuale; (ii) giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e competenza territoriale; (iii) poteri del giudice e vizio di ultrapetizione; (iv) liquidazione onorari di avvocato, procedimento speciale ed erronea forma della domanda; (v) produzione copia fotografica o fotostatica, disconoscimento di controparte e ruolo del giudice; (vi) citazione nulla, rinnovazione e domanda riconvenzionale; (vii) eccezioni, appello incidentale e rilievo officioso; (viii) spese processuali, parametri minimi e massimi e controllo in sede di legittimità.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 7950/2023
Cassando la pronuncia gravata, l'ordinanza, in tema di spese processuali, riafferma che il presupposto necessario della condanna pronunciata ex art. 96, comma 3, c.p.c., è l'accertamento di una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza e buona fede, che si traduce nell'utilizzo improprio ed abusivo dei rimedi posti a disposizione dall'ordinamento processuale, con caratteristiche idonee a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali.

PROCEDIMENTO MONITORIO – Cassazione n. 7955/2023
L'ordinanza consolida il principio secondo cui la sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l'incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull'opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice "ad quem" non è più una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l'accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio.

POTERI DEL GIUDICE – Cassazione n. 7965/2023
Cassando con rinvio la decisione gravata, la sentenza riafferma che il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato.

DIFENSORI – Cassazione n. 8045/2023
Enunciando il principio di diritto, l'ordinanza afferma che nel caso di giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, regolato dall'art. 14 del D.lgs. n. 150/2011 vigente "ratione temporis", pur trattandosi di controversia in ordine alla quale la domanda va proposta nelle forme del ricorso, qualora, al contrario, essa sia introdotta con atto avente la forma della citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest'ultima sia stata notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri.

PROVA CIVILE – Cassazione n. 8161/2023
La decisione riafferma che, prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica, qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca espressamente ed in modo formale sia la conformità della copia all'originale, sia il contenuto e la autenticità della sottoscrizione, il giudice, mentre non resta vincolato alla contestazione della conformità all'originale, potendo ricorrere ad altri elementi di prova, anche presuntivi, per accertare la rispondenza della copia all'originale ai fini della idoneità come mezzo di prova ex art. 2709 c.c., nel caso di disconoscimento del contenuto o della sottoscrizione è vincolato, anche solo a tale fine, all'esito della procedura prevista dagli artt. 216 e ss., c.p.c., della cui instaurazione è onerato colui che intenda far valere in giudizio il documento.

DOMANDA GIUDIZIALE – Cassazione n. 8218/2023
Enunciando il principio di diritto, l'ordinanza afferma che nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all'udienza di prima comparizione, sia rinnovata – su iniziativa dello stesso attore, all'esito del differimento disposto per soddisfare la condizione di procedibilità della domanda – la citazione nulla per vizio della "vocatio in ius" – e segnatamente per la mancanza dell'avvertimento di cui all'art. 163, terzo comma, n. 7, c.p.c. in ordine alla decadenza di cui all'art. 38 c.p.c., benché sia previsto l'avvertimento relativo alle decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. –, con la notifica di una nuova citazione, sanata del vizio, per l'udienza già stabilita dal giudice, il convenuto è rimesso in termini ai fini della tempestiva costituzione in giudizio, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l'originaria citazione, sicché può proporre la domanda riconvenzionale nel termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 8316/2023
Prestando adesione ad un indirizzo inaugurato da una pronuncia resa nel 2017 dalle Sezioni Unite, la decisione ribadisce che, in sede di appello, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale.

SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 8459/2023
L'ordinanza riafferma che, in sede di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo ed il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Spese processuali – Responsabilità aggravata – Art. 96, comma 3, c.p.c. – Applicabilità – Presupposti – Abuso dello strumento processuale – Necessità – Fondamento. (Costituzione, articolo 111; Cpc, articolo 96)
In tema di spese processuali, presupposto necessario della condanna ai sensi dell'articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., è l'accertamento di una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza e buona fede, che si traduce nell'utilizzo improprio ed abusivo dei rimedi posti a disposizione dall'ordinamento processuale, con caratteristiche idonee a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali. Siffatta condotta, qualificabile come "abuso del processo", si pone, infatti, in posizione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (articolo 6 CEDU) e, dall'altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose (Nel caso di specie, accogliendo il motivo di impugnazione con cui la ricorrente, deducendo la violazione dell'articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., aveva censurato la statuizione di condanna pronunciata a proprio carico ed in favore delle controparti al pagamento di una somma equitativamente determinata in 1.500,00, euro, la Suprema Corte ha cassato la sentenza gravata, non avendo, nella circostanza, il giudice del merito accertato o comunque dato conto dell'accertamento, in capo alla ricorrente medesima, di una condotta processuale abusiva, limitandosi a qualificare la sua impugnazione come "palesemente" infondata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 5 dicembre 2022, n. 35593; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 30 settembre 2021, n. 26545; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 4 agosto 2021, n. 22208).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 20 marzo 2023 n. 7950 – Presidente Rubino; Relatore Spaziani

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Giudizio di opposizione – Pronuncia di incompetenza territoriale – Implicita declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso – Sussistenza – Riassunzione del giudizio – Natura di ordinario giudizio di cognizione – Conseguenze. (Cpc, articoli 38, 42, 50, 633 e 645)
La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l'incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull'opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice "ad quem" non è più una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l'accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. In tale giudizio riassunto è, pertanto, ammissibile l'istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo, seppur non avanzata in precedenza, potendo la riassunzione cumulare in sé anche la funzione introduttiva di un nuovo giudizio e non traducendosi ciò in una violazione del contraddittorio, in quanto il chiamato non resta assoggettato alle preclusioni ed alle decadenze eventualmente già maturate nella precedente fase del giudizio (Nel caso di specie, richiamando l'enunciato principio, la Suprema Corte, adita in sede di regolamento di competenza sollevato d'ufficio dal giudice di pace di Palermo, ha dichiarato la competenza di quest'ultimo, il quale aveva invece sostenuto che il giudice di pace di Grosseto, nel rilevare la propria incompetenza avrebbe dovuto revocare il decreto ingiuntivo e cancellare la causa dal ruolo, essendo lo stesso incompetente a decidere nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo "in virtù del carattere funzionale ed inderogabile della competenza attribuita all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo"; il giudizio da proseguire innanzi al giudice di pace di Palermo, osserva l'ordinanza, è un ordinario giudizio di cognizione soggetto alle regole, anche quanto alla competenza, proprie di tale giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 14 gennaio 2022, n. 1121; Cassazione, sezione civile I, sentenza 26 gennaio 2016, n. 1372).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 20 marzo 2023 n. 7955 – Presidente Scrima; Relatore Cricenti

Procedimento civile – Poteri del giudice – Corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato – Vizio di ultrapetizione – Configurabilità – Presupposti – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia di appalto. (Cc, articolo 1655; Cpc, articolo 112)
Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di appalto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, in quanto la corte territoriale, nell'accogliere tanto la domanda principale di risarcimento danni proposta dalla committente, quanto quella riconvenzionale spiegata invece dall'erede dell'appaltatore, aveva liquidato in favore di quest'ultima una somma maggiore di quella effettivamente dovuta). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 10 maggio 2018, n. 11304; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 marzo 2007, n. 6945).
Cassazione, sezione II civile, sentenza 20 marzo 2023 n. 7965 – Presidente Di Virgilio; Relatore Orilia

Procedimento civile – Difensori – Liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato – Giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo – Domanda proposta nella forma dell'atto di citazione – Notifica tempestiva – Salvezza degli effetti sostanziali e processuali – Sussistenza. (Dlgs 150/2011, articoli 4 e 14; Cpc, articoli 633, 641, 645 e 702-bis)
Nel caso di giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, regolato dall'articolo 14 del D.lgs. n. 150/2011 vigente "ratione temporis", pur trattandosi di controversia in ordine alla quale la domanda va proposta nelle forme del ricorso, qualora, al contrario, essa sia introdotta con atto avente la forma della citazione, il giudizio è correttamente instaurato ove quest'ultima sia stata notificata tempestivamente, producendo gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri (Nel caso di specie, enunciando il principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio l'ordinanza impugnata che, previo mutamento del rito, aveva dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione e, per l'effetto, confermato il decreto ingiuntivo opposto con integrale compensazione tra le parti delle spese di lite; una volta rilevata la tempestività della notifica della citazione ai fini dell'instaurazione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, osserva il giudice di legittimità, il tribunale non avrebbe potuto dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione medesima, avendo riguardo, all'esito del disposto mutamento del rito, sebbene avvenuto dopo la prima udienza, alla data di deposito della citazione in cancelleria ai fini dell'iscrizione della causa a ruolo; trattandosi, infatti, di procedimento speciale regolato dalla normativa sulla semplificazione dei riti civili, gli effetti processuali della domanda si sono prodotti secondo le norme del rito seguito prima del mutamento, ossia secondo le norme del rito ordinario di cognizione, rispetto al quale non era maturata alcuna decadenza; regola, questa, applicabile, nell'ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, solo allorché una controversia sia promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo D.lgs. n. 150/2011, poiché esclusivamente in siffatti casi l'atto produce gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, qualora la notificazione della domanda introduttiva dell'opposizione, avente erroneamente la forma della citazione, sia avvenuta entro il termine di cui all'articolo 641 cod. proc. civ.). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 gennaio 2022, n. 927; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 12 gennaio 2022, n. 758).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 21 marzo 2023 n. 8045 – Presidente Di Virgilio; Relatore Trapuzzano

Procedimento civile – Prova civile – Documento – Copia fotografica o fotostatica – Disconoscimento – Oggetto – Difetto di conformità all'originale – Conseguenze – Contestazione del contenuto e/o della sottoscrizione – Conseguenze – Fattispecie relativa a controversia insorta in tema di mediazione immobiliare. (Cc, articoli 1754; 2697, 2702, 2709 e 2719; Cpc, articoli 214, 215, e 216)
Ove sia prodotto in giudizio un documento in copia fotografica o fotostatica, qualora la parte contro cui è avvenuta la produzione disconosca espressamente ed in modo formale il contenuto e l'autenticità della sottoscrizione, il giudice non può attribuire alcuna efficacia probatoria a tale documento, a meno che la parte, che l'abbia prodotto, intenda avvalersene, chiedendone la verificazione giudiziale; quindi, solo nel caso in cui – all'esito della procedura prevista dagli articoli 216 e ss. cod. proc. civ. – rimanga accertata la veridicità e l'originalità della sottoscrizione del documento stesso, è consentito conferirgli, in funzione decisoria, l'efficacia propriamente prevista dalla legge, ovvero – con riferimento alla vicenda in esame – quella contemplata dall'articolo 2702 cod. civ. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte d'appello, riformando la statuizione di prime cure, aveva condannato la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, a titolo di provvigione, di un importo corrispondente alla misura del 3% del prezzo indicato nella scrittura intervenuta "inter partes" con riferimento ad un incarico di mediazione conferito per la vendita di un appartamento sul presupposto che tale alienazione fosse stata effettuata in violazione della clausola di esclusività prevista dalla suddetta scrittura privata; nella circostanza, infatti, essendo accertato che la ricorrente medesima aveva tempestivamente disconosciuto sia la scrittura, contenente l'asserito incarico di mediazione e prodotta in copia dall'attore in primo grado, che la sottoscrizione apparentemente a riferibile alla convenuta, posta dal controricorrente a fondamento della propria domanda, senza che, pacificamente, quest'ultimo avesse poi proposto istanza di verificazione, doveva ritenersi che il citato disconoscimento – formulato inequivocamente ai sensi dell'articolo 214, comma 1, cod. proc. civ. – dell'autenticità anche della sottoscrizione della scrittura privata era senz'altro ammissibile, pur se prodotta in copia fotostatica). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 agosto 2015, n. 16998).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 22 marzo 2023 n. 8161 – Presidente Orilia; Relatore Carrato

Procedimento civile – Domanda giudiziale – Contumacia del convenuto – Assegnazione all'attore del termine per la presentazione della domanda di mediazione obbligatoria – Esito negativo della procedura – Notifica di altro atto di citazione allo scopo di sanare il vizio della "vocatio in ius" inficiante il primo atto introduttivo per mancanza dell'avvertimento ex art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c. in ordine alla decadenza ex art. 38 c.p.c. – Proposizione domanda riconvenzionale da parte del convenuto – Ammissibilità – Fondamento. (Cpc, articoli 38, 163, 164 e 167; Dlgs, n. 28 del 2010, articolo 5)
Nel caso in cui, in ragione della mancata costituzione del convenuto all'udienza di prima comparizione, sia rinnovata – su iniziativa dello stesso attore, all'esito del differimento disposto per soddisfare la condizione di procedibilità della domanda – la citazione nulla per vizio della "vocatio in ius" – e segnatamente per la mancanza dell'avvertimento di cui all'articolo 163, terzo comma, n. 7, cod. proc. civ. in ordine alla decadenza di cui all'articolo 38 cod. proc. civ., benché sia previsto l'avvertimento relativo alle decadenze di cui all'articolo 167 cod. proc. civ. –, con la notifica di una nuova citazione, sanata del vizio, per l'udienza già stabilita dal giudice, il convenuto è rimesso in termini ai fini della tempestiva costituzione in giudizio, indipendentemente dal tipo di vizio che inficiava l'originaria citazione, sicché può proporre la domanda riconvenzionale nel termine di venti giorni prima della nuova udienza fissata (Nel caso di specie, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nel rigettare l'appello, aveva integralmente confermato la pronuncia impugnata con cui il giudice di prime cure aveva dichiarato l'inammissibilità – per tardività – della proposta domanda riconvenzionale ed accolto invece la domanda principale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 21 febbraio 2020, n. 4710; Cassazione, sezione civile I, sentenza 22 luglio 2004, n. 13652).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 22 marzo 2023 n. 8218 – Presidente Orilia; Relatore Trapuzzano

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Eccezioni – Eccezione di merito rigettata o disattesa in primo grado – Appello incidentale e mera riproposizione ex art. 346 c.p.c. – Rispettivi ambiti. (Cpc, articoli 329, 342, 345 e 346)
In tema di impugnazioni, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all'esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex articolo 345, comma 2, cod. proc. civ. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell'articolo 329, comma 2, cod. proc.), né sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l'eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest'ultimo l'esercizio ex articolo 345, comma 2, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale la corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto la domanda di "negatoria servitutis" e rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto poi appellato; nella circostanza, infatti, osserva il giudice di legittimità, era sufficiente la mera riproposizione in appello della prova testimoniale, ai sensi dell'articolo 346 cod. proc. civ. in quanto la medesima richiesta di prova non era stata rigettata bensì era stata ritenuta superflua, essendo stata ritenuta sufficiente, per l'accoglimento della domanda del ricorrente, la consulenza tecnica di ufficio; di conseguenza, l'appellato medesimo non aveva l'onere di proporre appello incidentale, non essendo stata dichiarata inammissibile la sua richiesta di prova testimoniale e nel resistere all'appello avverso l'accoglimento della sua domanda di usucapione della servitù di passaggio, aveva il solo onere di riproporre l'istanza di ammissione della prova testimoniale: in conclusione, ha errato il giudice del gravame nell'affermare che l'istanza di prova non poteva essere esaminata perché l'odierno ricorrente non aveva esposto i motivi per la riforma della pronuncia di rigetto della medesima istanza in primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 12 maggio 2017, n. 11799).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 23 marzo 2023 n. 8316 – Presidente Lombardo; Relatore Varrone

Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione – D.M. n. 55/2014 – Entro i parametri minimi e massimi – Controllo di legittimità – Esclusione – Liquidazione in aumento o in diminuzione – Esigenza di motivazione – Sussistenza. (Dm 55/2014, articoli 4, 5 e 6; Cpc, articoli 91 e 384)
In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo ed il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (Nel caso di specie, richiamando l'enunciato principio ed in accoglimento del motivo con cui parte ricorrente aveva censurato la sentenza gravata per avere la stessa liquidato in sede di gravame somme superiori a quelle che sarebbero risultate dalla corretta applicazione dei parametri previsti dal citato D.M. n. 55/2014 in riferimento al valore della materia del contendere, e senza fornire alcuna motivazione sul punto, la Suprema Corte ha cassato la stessa in relazione alla censura accolta e, non essendo necessario alcun accertamento di fatto, ha deciso la causa nel merito, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall'articolo 384, comma 2, cod. proc. riliquidando gli importi dovuti per i gradi di merito). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione II civile, ordinanza 5 maggio 2022, n. 14198).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 24 marzo 2023 n. 8459 – Presidente Lombardo; Relatore Oliva

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