Penale

Cassazione: nuova pronuncia sui limiti alla cognizione del Giudice in sede di riesame

Nota a margine Cass. Pen., sez. III, sent. 4363/2022

di Francesco Giuseppe Vivone e Alberto Crespan*

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte torna pronunciarsi sui poteri del Giudice in sede di riesame e, in particolare, sul limite di cognizione derivante dalla necessaria correlazione tra i fatti contestati e quelli posti a fondamento del provvedimento di sequestro probatorio.

In particolare, la Corte di Cassazione ribadisce che non è consentito al Giudice del riesame rinvenire un fatto diverso da quello per il quale il decreto di sequestro probatorio è stato adottato poiché spetta unicamente, ed in modo esclusivo, al Pubblico Ministero l'individuazione del fatto per il quale intende procedere.

La vicenda processuale trae origine dall'ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Milano confermava il decreto di sequestro probatorio del telefono cellulare dell'indagato, poiché riteneva sussistente il fumus commissi delicti dei reati di cui all' art. 7 legge 195/1974 (Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici) e all' art. 3 D.Lgs. 74/2000 (Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici).

L'indagato, a mezzo del suo difensore, ricorreva in Cassazione avverso l'ordinanza del locale tribunale articolando tre motivi di doglianza.

Con il primo si deduceva il vizio di violazione di legge; a parere della difesa, infatti, la mancanza di motivazione sull'astratta configurabilità di uno dei reati contestati e la specifica impugnazione sul punto avrebbero imposto, quanto meno, un annullamento parziale del decreto.

Il Tribunale del Riesame, invece, aveva confermato il provvedimento nonostante la permanenza di dubbi sulla configurabilità del reato di cui al capo c) e, dunque, non accertando se il fumus del reato sussistesse o meno.

Con il secondo motivo si deduceva la violazione di legge, in quanto il locale Tribunale del Riesame aveva ritenuto sussistente il fumus del reato sulla scorta di mere presunzioni, fornendo una motivazione solo apparente allo specifico motivo di impugnazione.

Di considerevole interesse risulta, infine, il terzo motivo di ricorso; in particolare, il difensore dell'indagato deduceva la violazione di legge derivante dall'emissione del decreto di sequestro probatorio unitamente alla notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p.Innanzitutto, a parere della difesa, rimaneva oscura la finalità probatoria del provvedimento ablatorio in tale fase processuale.

In tale contesto, infatti, il materiale investigativo potrebbe andare incontro a mutazioni solo su iniziativa dell'indagato, così come espressamente previsto dal comma 3 dell'art. 415-bis c.p.p.

La violazione di legge si estenderebbe, infine, al giudizio del Tribunale del Riesame, il quale avrebbe ritenuto sussistente il fumus del reato ex art. 7 legge 195/1974 sulla base di fatti storici diversi da quelli contestati all'indagato, comportando un'evidente lesione del diritto di difesa garantito ex art. 24 Cost.

La Suprema Corte ha ritenuto fondati tutti i motivi di ricorso ricordando, in primo luogo, come la giurisprudenza si dimostri granitica nel ribadire che il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo del reato debba essere necessariamente sorretto da un'idonea motivazione; essa, infatti, non si deve limitare ad indicare le disposizioni di legge violate, ma deve comprendere anche l'individuazione della relazione tra la cosa sequestrata ed il delitto ipotizzato (Cass. Pen., Sez. III, n. 3604 del 16/01/2019, Spinelli), posto che, per ritenere sussistente il fumus commissi delicti, il giudice deve verificare la «[…] compatibilità e congruità degli elementi addotti dall'accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione […]» (Sez. U., sent. n. 18954 del 31/03/2016, Capasso).

La Corte di Cassazione ricorda, inoltre, che il Giudice del riesame, nella valutazione sulla sussistenza dell'astratta configurabilità del reato, pur avendo il potere di confermare il provvedimento applicativo della misura anche per ragioni diverse da quelle poste alla base del provvedimento impugnato, debba necessariamente attenersi ai fatti così come descritti nel provvedimento di sequestro.

Il Giudice del riesame trova, dunque, un limite alla sua cognizione nella necessaria correlazione ai fatti posti a fondamento del provvedimento di sequestro probatorio, senza alcuna possibilità di sostituzione o integrazione degli stessi con ipotesi accusatorie formulate sulla base di fatti diversi.

Tale facoltà attiene, infatti, al Pubblico Ministero, quale titolare esclusivo del potere di procedere alle modificazioni fattuali della contestazione, tanto nella fase delle indagini preliminari quanto nel corso dell'udienza per il riesame delle misure cautelari.

Il Tribunale del Riesame rimane, invece, competente a verificare se il fatto oggetto delle contestazioni provvisorie concretizzi l'astratta configurabilità del reato ascritto, o se il fatto contestato possa essere diversamente riqualificato in altro reato. Facendo applicazione delle suddette motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato l'impugnata ordinanza disponendo il rinvio al Tribunale del Riesame di Milano affinché proceda ad un nuovo giudizio.

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, si dimostra ossequiosa di quell'interpretazione estensiva dell'art. 521, co. 2 c.p.p. che, stabilendo la necessaria correlazione tra i fatti contestati e i fatti portati al vaglio del giudice, si rende perfettamente applicabile anche al caso di specie.

*a cura dell'avv. Francesco Giuseppe Vivone e il Dr. Alberto Crespan

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

Marina Castellaneta

Riviste

Paola Rossi

Norme & Tributi Plus Diritto

Giampaolo Piagnerelli

Norme & Tributi Plus Diritto