Penale

Cecchi Gori, la Cassazione conferma la revoca dell'indulto per nuovi reati

La consumazione dei reati di bancarotta si perfeziona con la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento

di Francesco Machina Grifeo

La Prima sezione penale della Cassazione (sentenza 15873 depositata oggi) ha bocciato il ricorso del produttore cinematografico ed ex patron della Fiorentina Calcio, Vittorio Cecchi Gori, contro l'ordinanza della Corte di appello di Roma del 16 ottobre 2020 che, in funzione di giudice dell'esecuzione, gli aveva revocato il beneficio dell'indulto. L'indulto era stato concesso dalla Corte di appello di Firenze nel dicembre 2008. La revoca è scattata per il delitto di bancarotta commesso il 20/2/2008 (con una nuova condanna a anni 5 e 6 mesi di reclusione).

Il giudice di secondo grado aveva escluso che, ai fini della revoca dell'indulto, dovesse farsi riferimento all'epoca delle condotte distrattive e non alla data della sentenza di fallimento.

Una lettura confermata oggi dalla Suprema corte secondo cui "il momento consumativo dei reati di bancarotta si perfeziona all'atto della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, ancorché la condotta, commissiva od omissiva, si sia esaurita anteriormente, in quanto la sentenza di fallimento rappresenta l'elemento costitutivo del reato".

Dunque, in materia di applicazione o di revoca dell'indulto, è alla data della sentenza dichiarativa di fallimento che occorre far riferimento, in quanto è essa a connotare di lesività i comportamenti precedenti di cui viene accertata l'incidenza sulla consistenza patrimoniale o ricostruzione documentale dell'impresa.

In definitiva, quando il legislatore richiede per la revoca del beneficio, la commissione di un delitto non colposo nei cinque anni successivi all'entrata in vigore della legge di indulto, non fa riferimento alle condotte materiali poste in essere, ma alla commissione del reato: quindi ad un evento di natura giuridica che si produce quando sono presenti tutti gli elementi costitutivi della fattispecie.

La configurazione della sentenza di fallimento come elemento costitutivo del reato di bancarotta impedisce dunque di attribuire rilevanza autonoma alle condotte distrattive, che assumono rilevanza penale solo se il fallimento è stato pronunciato.

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