Civile

Cessione ramo d’azienda: l’acquirente non risponde di tutti i debiti

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di Mario Finocchiaro

Nella cessione di ramo di azienda il bilanciamento di interessi, previsto dal legislatore con l'articolo 2560, comma 2, del Cc, si realizza solo ritenendo che l'acquirente di un ramo di azienda risponderà dei debiti che dalle scritture contabili risulteranno riferirsi alla parte di azienda a lui trasferita. Lo hanno stabilito i supremi giudici con la sentenza n. 13319 del 2015. L’acquirente, invece, non risponderà non solo dei debiti che dalle scritture contabili non risultino relativi alla parte d'azienda da lui acquistata, ma nemmeno pro quota per i debiti relativi alla gestione complessiva dell'impresa dell'alienante.

In particolare in una tale evenienza soccorre il concetto di inerenza utilizzato per il trasferimento dei crediti della azienda ceduta. Quindi, pur in presenza di una contabilità unitaria, l'acquirente di un ramo di azienda è messo in grado di conoscere i debiti pregressi di cui dovrà rispondere con la consultazione dei libri contabili, individuando i debiti inerenti al ramo di azienda acquistato in vista della sua autonomia economica e funzionale.

Il caso sotto la lente - Nella specie il giudice a quo aveva ritenuto che pur in presenza di cessione di ramo di azienda, in considerazione della circostanza cedente aveva una contabilità unitaria e non separata per il ramo ceduto, l'acquirente doveva rispondere in soli con l'alienante di tutti i debiti aziendali, e, quindi, anche del debito oggetto di controversia, relativo alla parte di azienda rimasta al cedente. In applicazione del principio che precede la Suprema corte ha cassato una tale statuizione.

La motivazione della Suprema corte - Come evidenziato in motivazione, nella pronunzia in rassegna è priva di espressa disciplina la sorte dei debiti aziendali in ipotesi di cessione di parte dell'azienda, vale a dire di cessione del cosiddetto ramo d'azienda. In termini generali, per il rilievo che per “ramo d'azienda”, come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e (come affermato anche dalla Corte di Giustizia, sentenza 24 gennaio 2002, in C-51/00) consenta l'esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo.

Il relativo accertamento presuppone la valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa, consistenti nell'eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nell'avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, dell'eventuale trasferimento della clientela, nonché del grado di analogia tra le attività esercitate prima o dopo la cessione, in ciò differenziandosi dalla cessione del contratto ex articolo 1406 del Cc che attiene alla vicenda circolatoria del solo contratto e comporta la mera sostituzione di uno dei soggetti contraenti, nonché il consenso del lavoratore ceduto, Cassazione, sentenza 28 aprile 2014, n. 9361, che ha escluso la ravvisabilità di un ramo d'azienda nella cessione di un servizio di gestione e manutenzione di strutture informatiche privo di una struttura aziendale autonoma, non identificabile sulla base di interventi del cessionario successivi alla cessione ed anzi esclusa dai criteri di designazione dei lavoratori trasferiti, i quali erano provvisti di competenze professionali non omogenee ed ancora interagenti con l'impresa cedente. Nel senso che la cessione dell'azienda ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario di tutti gli elementi costituenti l'universitas, senza necessità di una specifica pattuizione nell'atto di trasferimento, Cassazione, sentenze 27 marzo 1996, n. 2714, 9 settembre 1978, n. 4094, 13 luglio 1973, n. 2013. In particolare, per l'affermazione che in caso di trasferimento di azienda (o di un'unità organizzativa e produttiva dotata di autonomia), configurabile in tutte le ipotesi di mutamento della titolarità dell'impresa, qualunque sia la forma giuridica adottata, il cessionario succede (sulla base di una cessione ex lege) nella titolarità del credito nei confronti di un lavoratore dipendente per i danni dal medesimo arrecati eseguendo negligentemente i compiti affidatigli, sia ai sensi delle disposizioni generali di cui agli articoli 2558 e 2559 Cc (il credito stesso non avendo carattere personale), sia a norma dell'articolo 2112, comma 1, del Cc, secondo il quale, in caso di trasferimento dell'azienda, il cessionario succede nel contratto di lavoro subentrando nella medesima situazione giuridica del cedente, Cassazione, sentenza 5 maggio 1995, n. 4873, in Mass. giur. lav., 1995, p. 731.

Corte di cassazione - Sezione III civile – Sentenza 30 giugno 2015 n. 13319

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