Società

Class action, destino incerto per l'entrata in vigore della riforma

Il debutto della legge n. 31 del 2019 è previsto per il 19 maggio ma è molto probabile una proroga

di Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei

È prevista per il prossimo 19 maggio l’entrata in vigore della nuova class action, ma non è chiaro se la riforma voluta dal M5S e approvata a larghissima maggioranza più di due anni fa, diventerà operativa. Il debutto della legge 31 del 12 aprile 2019 che riscrive profondamente le regole dell’azione di classe è infatti già slittata tre volte. Ed è molto probabile che slitti ancora.

A pesare sia la crisi economica causata dalla pandemia, sia l’attuazione ancora incompleta della legge.

La riforma e l’attuazione

La nuova class action sarebbe dovuta scattare il 19 aprile 2020, un anno dopo la sua approvazione per dare il tempo al sistema di “digerire” le novità e al ministero di predisporre l’infrastruttura tecnologica necessaria per renderle operative. Ma già a dicembre 2019 la riforma è stata fatta slittare di altri sei mesi per la mancanza dei decreti attuativi. E poi, con lo scoppio della pandemia, è stata prorogata prima a novembre 2020 e poi al prossimo 19 maggio, anche per non gravare gli uffici giudiziari con i nuovi meccanismi, peraltro complessi e di non facile applicazione.

La nuova class action, che entrerebbe nel Codice di procedura civile, sostituendo l’azione esistente, prevista dal Codice del consumo, allarga la platea dei potenziali ricorrenti e quella degli illeciti contestabili, attribuendo la competenza a decidere ai Tribunali delle imprese. E introduce la nuova fase dell’esecuzione della sentenza: in caso di accoglimento della domanda da parte dei giudici, partirebbe la raccolta delle adesioni dei danneggiati, per poi arrivare ai pagamenti, con una procedura simile a quella fallimentare.

La riforma della class action prevede tre decreti attuativi, di competenza del ministero della Giustizia, a cominciare da quello che deve stabilire i requisiti per l’iscrizione all’elenco delle organizzazioni legittimate a promuovere le future class action e che prevede anche un passaggio nelle commissioni parlamentari. Gli altri due decreti devono definire il modello della domanda di adesione e i compensi dei difensori.

La legge prevede inoltre la predisposizione dell’area del portale dei servizi telematici del ministero necessaria per lo svolgimento delle attività processuali. Il largo utilizzo della tecnologia è una delle novità della riforma.

Procedure complesse

Le nuove class action rischiano però anche di mettere in difficoltà i Tribunali delle imprese. Si tratta delle sezioni presenti specializzate introdotte nel 2012 per concentrare in un numero ridotto di sedi (22) le controversie su materie tecniche complesse e delicate per la vita delle aziende, come diritto societario, concorrenza sleale e tutela di marchi e brevetti.

«Si tratta di cause molto complicate - dice Claudia Pedrelli, presidente di una delle due sezioni specializzate che a Roma si occupano della materia d’impresa -, non solo perché coinvolgono un numero indeterminato di parti ma anche perché il nuovo procedimento previsto dalla legge, articolato in più fasi, è molto complesso ed è tutto da predisporre»

Pone l’attenzione sull’opportunità di «rivedere e migliorare il testo del 2019, per alcuni aspetti ingestibile dal punto di vista processuale» Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo, per cui occorre anche «tenere conto della direttiva europea sulla class action 1828/2020, che dovrà essere attuata dagli Stati membri entro il 25 dicembre 2022». Ragioni per cui «è inevitabile un altro rinvio delle nuove norme», conclude Martinello.

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