Giustizia

Cnf e Csm: necessario un rinvio sui limiti degli atti giudiziari

Si chiede lo slittamento al 1 gennaio 2024 con riferimento solo ai procedimenti introdotti da quella data

di Giovanni Negri

Csm e Cnf all’offensiva sul regolamento del ministero della Giustizia che scandisce i criteri di chiarezza e sinteticità degli atti giudiziari. Il provvedimento è destinato a entrare in vigore a fine mese e declina in maniera puntuale , fin troppo per i critici, i limiti di lunghezza degli atti, tipologia per tipologia, e altri elementi di natura formale, dall’assenza delle note alla dimensione dei caratteri alle spaziature. Lo schema di decreto, sul quale è tuttora in corso un confronto tra ministero e avvocatura ed è previsto un passaggio al Consiglio di Stato, rappresenta una delle misure attuative della riforma del processo civile e lo stesso ministro Carlo Nordio ne sottolinea la necessaria applicazione dal 30 giugno nel contesto degli impegni presi con il Pnrr.

Nulla di più lontano però dalla posizione dell’avvocatura , con il Cnf e le associazioni fortemente contrari a misure che vengono ritenute un vero e proprio attentato al diritto di difesa. Tanto che il tema sarà al centro dei lavori degli stati generali dell’avvocatura in agenda tra una settimana. Dove, se è vero che lo schema di decreto non prevede, anche per possibili rischi di illegittimità costituzionale, la nullità dell’atto che non rispetta i requisiti predeterminati, è altrettanto vero che la trasgressione rileverà per l’addebito delle spese. Di qui la richiesta del Cnf di una proroga dell’entrata in vigore, facendola slittare sino al 1° gennaio 2024 con riferimento ai soli procedimenti introdotti da quella data.

E il plenum del Consiglio superiore della magistratura di oggi ha all’ordine del giorno un parere della sesta commissione anch’esso favorevole a un rinvio. Infatti, si legge, constatata «la brevità della tempistica dell'entrata in vigore, l'applicazione delle nuove disposizioni ai processi in corso e a quelli che necessariamente devono essere introdotti, per evitare decadenze, a ridosso di quella data, rischia di creare non poche difficoltà ai professionisti. Sembrerebbe, dunque, più opportuno posticipare la data di efficacia rispetto a quella di adozione del decreto».

Altro elemento critico rilevato nel parere è costituito dall’affidamento alla parte privata, quindi al difensore, delle ragioni che rendono impossibile i limiti previsti dal regolamento. Meglio sarebbe, scrive la sesta commissione, una verifica da parte dell’autorità giudiziaria. Come pure, nota la bozza di parere, gli obiettivi del provvedimento potrebbero essere compromessi dalla scelta di circoscrivere le conseguenza dello “sforamento” alle sole spese di lite.

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