Penale

Colpa medica, per la prova del fatto non si può attingere a criteri di mera probabilità statistica

La probabilità statistica dell’efficacia di un esame o di un ricovero al fine di scongiurare l’evento dannoso è conclusione che va argomentata relativamente al caso concreto e alle mansioni del medico coinvolto

immagine non disponibile

di Paola Rossi

Dalla vicenda risolta dalla Cassazione penale che vede al centro l’accertamento del comportamento colposo da parte dei medici, che visitano a casa o accolgono in pronto soccorso ospedaliero un paziente, emerge un’affermazione di principio secondo cui il giudice per offrire la prova del fatto imputato non può attingere a criteri di mera probabilità statistica, ma deve fare riferimento al criterio della probabilità logica, intesa come la verifica aggiuntiva dell’attendibilità dell’impiego della legge statistica rispetto al singolo evento che è oggetto dell’accertamento giudiziale.

Come chiarisce la sentenza n. 45399/2024, per l’accertamento che una condotta omissiva sia concausa del verificarsi dell’evento va provato che, nella concatenazione dei fatti, l’atto medico “omesso” avrebbe - in base a criteri di statistica scientifica - potuto evitare la verificazione dell’evento dannoso o l’aggravamento delle conseguenze che ne sono derivate.

Il giudice è tenuto a realizzare un giudizio controfattuale che, inserendo nella catena degli eventi il comportamento ritenuto doveroso, ma non realizzato, avrebbe condotto a un diverso risultato finale. In assenza di tale esame il giudice non può fondare il suo giudizio di colpevolezza sulle sole affermazioni dei periti.

La Cassazione, nel caso concreto, ha rilevato come illegittima l’adesione del giudice alle affermazioni dei periti in quanto affette da evidente illogicità dove non erano riuscite neanche a individuare le cause di insorgenza e i tempi di evoluzione della patologia, definita “fulminante” e che aveva determinato la morte della paziente. Inoltre, gli stessi periti ammettevano che si trattasse di patologia estremamente rara nei giovani e comunque di difficile diagnosi da parte anche di professionisti esperti. Da tale premessa, come spiega la Cassazione, è difficile comprendere quali fossero gli approfondimenti diagnostici che i medici erano tenuti a svolgere e, soprattutto, se gli stessi avrebbero consentito di intraprendere un tempestivo percorso terapeutico idoneo a impedire o, quantomeno, ritardare in maniera significativa l’evento morte. Ciò che appunto non fornisce prova del nesso eziologico tra omissione ed evento.

Da ciò l’annullamento della decisione in quanto giudicata largamente insoddisfacente dove, dovendo dimostrare il nesso, si appiana sul ragionamento utilizzato dai periti stigmatizzato dalla Cassazione perché fondato sull’apodittica formula “prima si interviene e meglio è”. Un assunto di per sé generico, carente e, come tale, inidoneo a fondare un serio giudizio controfattuale. Ma soprattutto insufficiente a individuare con cognizione di causa - e non in nome di un generico interventismo - il comportamento alternativo lecito che avrebbe dovuto essere seguito dai sanitari nel dato caso concreto.

In effetti, il decesso aveva coinvolto il medico di famiglia, il personale del 118 che aveva raccolto nell’abitazione della vittima il suo no al ricovero e, infine, i sanitari del pronto soccorso che non avevano proceduto a un immediato ricovero finalizzato all’intervento operatorio di un paziente accolto in codice verde.

Rileva quindi - a titolo di responsabilità medica - quella condotta omissiva che sia provata come condizione necessaria al verificarsi dell’evento lesivo con un “alto grado di credibilità razionale”.

Per cui al fine di fornire la prova della colpa omissiva del medico il giudice deve svolgere il ragionamento controfattuale in riferimento alla specifica attività - che sia diagnostica, terapeutica o di vigilanza a salvaguardia dei parametri vitali del paziente - come poteva specificamente essere richiesta al medico nella situazione concreta. E sempre che sia valutata, in base alla probabilità logica, fondata su massime di esperienza o evidenze scientifiche, idonea a evitare, ritardare o attenuare l’evento in caso fosse stata attuata la condotta dovuta, ma omessa.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©