Comunicazione della malattia anche in forme diverse se previste dal regolamento aziendale
La Cassazione, ordinanza n. 25661 depositata oggi, ha respinto il ricorso di una Spa contro la reintegra di un lavoratore che aveva comunicato l’assenza via fax da una paese estero
La Cassazione, ordinanza n. 25661 depositata oggi, fornisce alcuni chiarimenti sul licenziamento del lavoratore nel caso di comunicazione dello stato di malattia ritenuta inadeguata (o assente), nello specifico da parte di un lavoratore che si trovava all’estero. Per la Suprema corte la comunicazione di malattia al datore di lavoro (art. 2 del Dl n. 563/1979, conv. in legge n. 33/1980), incide sulla possibilità di prosecuzione del rapporto “nella misura in cui la sua omissione impedisca al datore di lavoro di controllare lo stato di malattia e la giustificatezza dell’assenza” oppure allo stesso lavoratore di “provarla a distanza di tempo, ove si tratti di malattie a carattere transeunte, che non lasciano traccia apprezzabile”.
La Sezione lavoro ha così respinto il ricorso di una Spa - che aveva licenziato il proprio dipendente per una “assenza ingiustificata di oltre quattro giorni” - contro la decisione della Corte di appello che ne aveva disposto la reintegra.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, affermando di essersi ammalato mentre era in Romania per ferie e di avere comunque inviato il certificato medico mediante fax al numero aziendale.
Secondo il giudice di secondo grado sebbene il dipendente in generale non abbia mostrato la doverosa diligenza, anche considerate le difficoltà del datore nel verificare l’effettivo stato di malattia in uno stato estero, l’invio del fax, in quanto previsto dal regolamento aziendale, e la prova della sua ricezione grazie al rapporto di trasmissione, sono sufficienti per ritenere la condotta del lavoratore “esente da addebiti”. E ciò nonostante il mancato preavviso telefonico, anch’esso previsto dal regolamento aziendale, ma a cui la stessa società reclamante “non dà tanto valore”, non essendo stato neppure oggetto di contestazione disciplinare.
Un ragionamento giudicato corretto dalla Cassazione che rimarca come il fax, secondo quanto riportato dalla Corte di appello, “era una modalità espressamente prevista dal regolamento aziendale”. Del resto, prosegue, la legge non esclude modalità equivalenti alla raccomandata “secondo forme d’uso, che ben possono essere previste appunto da un regolamento aziendale”.
La Suprema corte ricorda poi che il lavoratore può sempre provare la giustificatezza dell’assenza (art. 2119 c.c.), anche successivamente alla malattia, “ove sia stato nell’impossibilità incolpevole di effettuare la prescritta comunicazione, ad esempio per gravissima malattia che abbia impedito al medesimo, o ai familiari, per la gravità della situazione clinica e psicologica del momento, di effettuare le prescritte comunicazioni al datore di lavoro”. E che tali regole trovano applicazione, secondo le circostanze del caso, in base al “principio di correttezza e buona fede”, anche nella ipotesi di malattia contratta all’estero.
Infine, ha accolto il ricorso incidentale in merito alla compensazione delle spese motivata: “con riguardo alla condotta tenuta dal lavoratore, per nulla scrupolosa nel dare completa esecuzione ai propri obblighi”. Per la Cassazione si tratta di un “assunto non soltanto apodittico”, ma che si traduce nella violazione del principio della soccombenza, “dal momento che nella stessa decisione i giudici del reclamo hanno affermato che il lavoratore aveva adempiuto i propri obblighi di comunicazione secondo quanto previsto dal regolamento aziendale, sicché quell’affermazione resta priva di qualunque riscontro”.
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di Michele Giammusso*