Società

Concordato preventivo e abuso del processo

La domanda di concordato preventivo presentata con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento è inammissibile in quanto integra gli estremi dell'abuso del processo

di Rossana Mininno

La procedura concordataria - disciplinata nel Titolo III ("Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione") del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la "Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa" (in seguito anche "Legge Fallimentare" o "L.F.") - è stata oggetto di un intervento riformatore ad opera del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, mediante il quale il legislatore ha introdotto misure volte a facilitare la gestione della crisi aziendale e a favorire la continuità aziendale, tra le quali si annovera, in particolare, il concordato in bianco (anche detto concordato con riserva o con prenotazione).

La procedura concordataria ha avvio con la presentazione, da parte del debitore, della domanda di ammissione, proposta con ricorso al Tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale e corredata da una serie di documenti prescritti ex lege:
- una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività;
- l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
- il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
- un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, nonché l'indicazione dell'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.

La proposta concordataria deve essere accompagnata dalla relazione predisposta da un professionista indipendente, scelto dal debitore, il quale deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha riconosciuto all'imprenditore la possibilità di allegare alla domanda esclusivamente i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e di riservarsi, nel contempo, di presentare la proposta concordataria, il piano e l'ulteriore documentazione entro un termine fissato dal Giudice: al ricorrere di tale ipotesi la domanda è detta in bianco o con riserva o con prenotazione.

Con l'introduzione di tale tipologia di procedura concordataria il legislatore ha inteso consentire all'imprenditore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, quali in primis il blocco delle azioni esecutive e cautelari (cfr. articolo 168, comma 1, L.F.), onde impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano possano aggravare lo stato di crisi sino a generare uno stato di insolvenza irreversibile.

Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha, altresì, riconosciuto all'imprenditore, in sostanziale analogia con quanto già previsto nell'ambito della procedura fallimentare (cfr. articoli 72 e seguenti L.F.), la possibilità di sciogliersi - su autorizzazione del Giudice delegato alla procedura - dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti ovvero di ottenerne la sospensione (cfr. articolo 169 bis L.F.).

Altra novità recata dal decreto-legge n. 83 del 2012 è consistita nella specifica regolamentazione del concordato con continuità aziendale, avvenuta mediante l'introduzione, nell'articolato della Legge Fallimentare, dell'articolo 186-bis, disciplina precipuamente volta a incentivare la tempestiva emersione di criticità e il ritorno in bonis dell'impresa o la conservazione dell'azienda in esercizio.

Al detto fine il legislatore ha previsto la possibilità, per l'imprenditore in crisi, di optare per la prosecuzione dell'attività d'impresa oppure per «la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione»: nel primo caso la continuità aziendale è detta pura (o diretta), nel secondo caso è detta impura (o indiretta).

Come chiarito dai Giudici di legittimità, nel panorama delle procedure concorsuali minori il concordato preventivo si caratterizza, dal punto di vista funzionale, per essere finalizzato alla «risoluzione della crisi di impresa» (Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329) mediante la regolazione dei rapporti con i creditori in maniera concertata con i medesimi, soluzione idonea a «favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento» (Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Di recente, i Giudici della Sesta Sezione civile (Prima Sottosezione) della Suprema Corte di cassazione - chiamati a pronunciarsi sul tema dei rapporti tra concordato preventivo e fallimento e, segnatamente, in ordine a una fattispecie caratterizzata dall'intervenuta declaratoria del fallimento di una società preceduta dall'assunzione, da parte della medesima società, di una serie di «iniziative tese a evitare il fallimento» (tutte di natura concordataria), le quali dimostravano, a parere della Corte di merito, che la debitrice «aveva abusato del concordato» - hanno ritenuto che il Giudice di merito sia tenuto a «una verifica dell'intento del debitore di piegare l'istituto concordatario al perseguimento di finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento lo ha predisposto», verifica il cui esito è suscettibile di incidere sull'ammissibilità o meno della domanda di concordato preventivo: «La domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell'art. 161 l.fall., presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento li ha predisposti» (ordinanza n. 8982 del 31 marzo 2021, massima rv. 660974 - 01).

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