Concorrenza, il Tar Liguria "salva" i limiti imposti dalla legge italiana all'autoproduzione di operazioni portuali
Il regime non contrasta con i principi eurounitari in tema di tutela della concorrenza e di libera circolazione delle merci
Il limite al diritto all' autoproduzione per l'esecuzione di operazioni portuali previsto dall'articolo 16, comma 4-bis, della legge 28 gennaio 1994 n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), introdotto dal decreto legge 34/2020 (c.d. "decreto Rilancio"), non contrasta con i principi eurounitari in tema di tutela della concorrenza e di libera circolazione delle merci.
Difatti, dal tenore della norma ("Qualora non sia possibile soddisfare la domanda di svolgimento di operazioni portuali mediante le imprese autorizzate […] né tramite il ricorso a operazioni in regime di autoproduzione a condizione che sia dotata di mezzi meccanici adeguati [e] di personale idoneo, aggiuntivo rispetto all'organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave e dedicato esclusivamente allo svolgimento di tali operazioni"), si evince che la stessa risponde a "prioritarie" ragioni di sicurezza del lavoro.
La decisione
Lo ha stabilito il Tar Liguria con la sentenza n. 647 /2023 che ha respinto il ricorso avverso i provvedimenti con i quali l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale -Genova aveva negato a una compagnia di navigazione l'autorizzazione ad avvalersi del personale imbarcato per lo svolgimento di operazioni portuali.
La ricorrente aveva sostenuto che la norma in questione avrebbe dovuto essere disapplicata per contrasto con la sentenza n. 179/1991 della Corte di giustizia dell'Ue che ha dichiarato l'incompatibilità con il Trattato Cee delle norme italiane (articoli 110 e 111 del Codice della navigazione) che riservavano lo svolgimento delle operazioni portuali alle compagnie o ai gruppi portuali e imponevano alle imprese operanti negli scali marittimi di avvalersi esclusivamente delle maestranze costituite dalle compagnie/gruppi portuali.
Tesi che non ha colto nel segno.
Il Tar ha ritenuto la normativa previgente non equiparabile al citato articolo 16, comma 4- bis, atteso che il limite all'autoproduzione ivi previsto è valido "nei casi in cui non sia possibile ricorrere ad imprese autorizzate ovvero ad imprese o agenzie per la fornitura di lavoro portuale temporaneo".
Motivo per il quale tale norma "non determina una posizione dominante insuscettibile di essere scalfita dalla concorrenza potenziale".
Considerazioni conclusive
La pronuncia contrasta con la sentenza del Tar Sicilia di Palermo n. 3557/2022 secondo cui "non esiste alcuna preclusione normativa all'esercizio delle operazioni e dei servizi portuali in regime di autoproduzione".
Fermo restando che dello stesso avviso è l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm). Basta citare la segnalazione parlamentare AS n. 1893 del 23 giugno 2023 con cui l'Antitrust ha proposto alle Camere e al Governo di sostituire il comma 4-bis dell'articolo 16 della legge 84/1994 con il seguente:
"4-bis La nave è autorizzata a svolgere le operazioni in regime di autoproduzione a condizione che:
a) sia dotata di mezzi meccanici adeguati;
b) sia dotata di personale idoneo;
c) sia stato pagato il corrispettivo e sia stata prestata idonea cauzione".
Ciò in considerazione del fatto che la norma vigente:
- ha limitato il diritto all'autoproduzione delle operazioni portuali, " rendendola un'opzione meramente residuale […] possibile solo laddove nel porto di attracco non vi siano le necessarie attrezzature o maestranze";
- subordina il ricorso all'autoproduzione a una serie di "gravosi" requisiti, tra cui il possesso da parte del vettore marittimo di personale idoneo aggiuntivo rispetto all'organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave, che deve essere dedicato "esclusivamente" allo svolgimento di tali operazioni;
-non tiene conto che l'impiego di personale aggiuntivo comporta costi supplementari per il vettore marittimo, che rischiano di rendere "antieconomico" il ricorso all'autoproduzione.