Giustizia

Concorso magistratura/1: quell'allargamento dei requisiti senza un disegno preciso

Negli ultimi anni la disciplina del concorso è stata modificata più volte: dopo averlo trasformato in concorso di secondo livello, per il quale non è più sufficiente la sola laurea in giurisprudenza

di Giuseppe Finocchiaro

Nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 98 del 10 dicembre 2022, è stato pubblicato il bando del Concorso per cinquecento posti di magistrato ordinario, indetto con decreto ministeriale 1° dicembre 2021, destinato a svolgersi secondo la speciale disciplina stabilita dall’articolo 26-bis del Dl 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni in legge 21 ottobre 2021, n. 147. In vista della nomina a opera del Consiglio superiore della magistratura della commissione esaminatrice del concorso, con il presente lavoro (articolato in 4 parti), dopo aver ricordato l’evoluzione legislativa della materia, s’intendono segnalare alcuni profili critici relativamente alle modalità seguite in occasione della nomina della commissione per il precedente concorso che è attualmente in via di svolgimento, formulando l’auspicio di un ritorno alla prassi anteriore.

L’importanza del concorso per la selezione dei pubblici dipendenti

ed impiegati in generale e dei magistrati in particolare

Rientra nella comune esperienza che l’elemento umano è essenziale in qualsiasi organizzazione e nello svolgimento di qualsiasi funzione.

In questa prospettiva, la generale previsione enunciata dall’ultimo comma dell’articolo 97 della Costituzione, secondo cui «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge», risponde contestualmente alle funzioni non soltanto di tutelare gli interessi dei singoli, assicurando la meritocrazia, ma anche nel contempo di realizzare gli interessi generali della collettività, attraverso la scelta dei «migliori» candidati (da intendersi come i più «adatti» per lo svolgimento degli incarichi cui devono essere destinati), così consentendo la realizzazione dei principi di «buon andamento» e di «imparzialità dell’amministrazione», perseguiti dal comma 2 della medesima disposizione.

Più delicati e complessi sono i compiti che devono essere svolti, maggiore rilievo ha l’individuazione delle persone cui i medesimi devono essere affidati.

All’interno del complesso ordinamento giuridico un ruolo cruciale, pertanto, deve essere riconosciuto alla selezione dei magistrati: - sia, come è ovvio, ove, da un lato, siano chiamati a svolgere le funzioni giudicanti, cioè ad inverare nelle singole concrete fattispecie le previsioni normative generali ed astratte, nel qual caso, ex articolo 101, comma 2, della Costituzione, come «giudici», «sono soggetti soltanto alla legge», - sia, dall’altro lato, qualora siano adibiti alle funzioni requirenti: ciascuno di loro, infatti, ai sensi dell’articolo 112 della Costituzione, quale «pubblico ministero», «ha l’obbligo di esercitare l’azione penale».

Non sorprende, pertanto, che la Carta repubblicana dedichi una disposizione ad hoc allo specifico tema: in particolare, come ben noto, l’articolo 106 della Costituzione, dopo aver ribadito al comma 1 la regola generale, in forza della quale «Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso», stabilisce due speciali previsioni:

- da un canto, che «La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» (norma rimasta inattuata, salvo che per i consigli nazionali di alcune delle professioni c.d. «ordinistiche» istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione, che, integralmente eletti dagli appartenenti a ciascuna professione, svolgono funzioni di giudici disciplinari, come, ad esempio, il Consiglio Nazionale Forense o la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, cui va aggiunta la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura);

- dall’altro canto, che «Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori» (norma che ha ricevuto attuazione soltanto dopo 50 anni dall’entrata in vigore della Carta repubblicana, ad opera della legge 5 agosto 1998, n. 303, che ha impostato anche questa selezione come una procedura di tipo sostanzialmente concorsuale sulla base dei titoli dei candidati; assai meno trasparente è l’analoga, tanto risalente quanto contestata – soprattutto oggigiorno – previsione di nomina governativa dei consiglieri di Stato, da ultimo recepita dal Dpr 29 settembre 1973, n. 579).

Lasciando da parte queste particolari modalità di selezione di magistrati (per via elettiva e «per meriti insigni»), la via «ordinaria» di accesso a tutte le magistrature è il «concorso».

L’evoluzione della disciplina del concorso in magistratura

Quello per la magistratura ordinaria era tradizionalmente noto come «Concorso per uditore giudiziario», secondo la rubrica dell’articolo 123 della legge sull’ordinamento giudiziario (Rd 30 gennaio 1941, n. 12, da cui era disciplinato insieme agli articoli seguenti) e con espressione talmente invalsa nell’uso da essere ancora oggi frequentemente usata, nonostante non sia più attuale.

Dopo una serie di novelle della legge sull’ordinamento giudiziario (tra le più incisive non può non ricordarsi il Dlgs 17 novembre 1997, n. 398, il cui articolo 2 ha inserito nel Rd n. 12 del 1941, l’articolo 123-bis, «Prova preliminare», che ha introdotto il famigerato sistema della preselezione informatica a risposte multiple, abrogato poi, senza destare alcun minimo rimpianto, dall’articolo 9, comma 6, dalla legge 13 febbraio 2001, n. 48), infatti, in attuazione della cosiddetta riforma Castelli (legge 25 luglio 2005, n. 150), il concorso è stato profondamente rinnovato dal Dlgs 5 aprile 2006, n. 160, «Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell' articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150».

Nonostante l’articolo 1 del Dlgs n. 160 del 2006 nella sua versione originaria avesse conservato la medesima rubrica del citato articolo 123 della legge sull’ordinamento giudiziario, il «Concorso per uditore giudiziario» veniva trasformato dal successivo articolo 2 del Dlgs n. 160 del 2006 da concorso c.d. «di primo grado» a concorso «di secondo grado», per poter partecipare al quale, cioè, non è più sufficiente la sola laurea in giurisprudenza, ma è necessario anche il possesso di un’ulteriore qualificazione (in modo assai opportuno per salvaguardare le legittime aspettative di chi si era iscritto al corso di laurea in giurisprudenza con l’aspirazione di diventare magistrato, il comma 5 dell’articolo 1 ha previsto che in via transitoria, per i concorsi indetti nei 5 anni successivi all’entrata in vigore del primo dei decreti attuativi della riforma Castelli, fossero ammessi al concorso «anche coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, essendosi iscritti al relativo corso di laurea anteriormente all'anno accademico 1998-1999»).

Come ben noto, non soltanto l’iter parlamentare, ma anche la promulgazione della cosiddetta “riforma Castelli” erano stati assai difficoltosi: l’allora Presidente della Repubblica (Carlo Azeglio Ciampi), infatti, indicando una serie di profili di incostituzionalità, si era avvalso del potere ex articolo 74 della Costituzione di chiedere alle Camere una nuova deliberazione. Considerato che sia l’approvazione, sia la successiva attuazione della riforma attraverso l’adozione di una serie di decreti legislativi, erano state accompagnate da accese ed aspre polemiche tra le forze politiche, con numerosi e frequenti interventi degli organismi rappresentanti degli operatori della giustizia (avvocati e magistrati), non ha costituito una sorpresa, anzi, che, al volgere dalla XIV alla XV Legislatura ed al cambio della maggioranza parlamentare, tra i primi provvedimenti assunti dal Parlamento nella nuova composizione, ci fosse anche la legge 24 ottobre 2006, n. 269, «Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario», volta a modificare alcuni dei tratti più contestati delle nuove norme.

In particolare, per quanto qui interessa, l’articolo 1, comma 1, ha disposto che «L'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007».

Con questa disposizione, probabilmente in modo non pienamente consapevole, l’immaginaria figura del «legislatore» ha creato una gravissima lacuna nell’ordinamento giuridico: atteso che, da un lato, ai sensi del combinato disposto degli articoli 54 e 56 del Dlgs n. 160 del 2006, gli articoli 123 e seguenti dell’ordinamento giudiziario erano stati abrogati con decorrenza dal 28 luglio 2006 e nel contempo, dall’altro lato, dal 9 novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge n. 269 del 2006) l’efficacia degli articoli 1 e seguenti, relativi al concorso di ammissione in magistratura, del Dlgs n. 160 del 2006 erano sospese fino al 31 luglio 2007. Vale chiarire e precisare che si è trattato di una lacuna in senso non tanto «formale» (ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 269 del 2006, infatti, «Fino al 31 luglio 2007 [termine ultimo della sospensione dell’efficacia] continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 , le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12»), quanto «sostanziale»: in quel torno di tempo, infatti, ai molti giovani che, già laureati in giurisprudenza o in procinto di esserlo, chiedevano come avrebbero potuto realizzare il loro sogno di divenire magistrati, non era possibile dare una risposta: le norme «vecchie» erano applicabili «ad orologeria»; quelle «nuove» erano «sospese»; quelle «future» erano per definizione «inconoscibili».

La c.d. «Controriforma Mastella», realizzata dalla legge 30 luglio 2007, n. 111, «Modifiche alle norme sull'ordinamento giudiziario» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale del medesimo giorno di promulgazione ed entrata in vigore il giorno successivo), ha provveduto, infine, a fare chiarezza sulla delicata materia. In particolare, per quanto qui interessa, pur avendo cambiato la rubrica dell’articolo 1 del Dlgs n. 160 del 2006 in «Concorso per magistrato ordinario» (era stata cancellata la storica e tradizionale figura dell’«Uditore giudiziario», per sostituirla con quella del «magistrato ordinario in tirocinio», oggi comunemente indicato con l’acronimo di «Mot»), era stata conservata la nuova impostazione del «concorso di secondo grado». Tra le qualifiche previste dall’articolo 2 del Dlgs n. 160 del 2006, che legittimano la partecipazione al c.d. «concorso per magistrato ordinario in tirocinio» (o per «Mot»), quelle di più frequente applicazione pratica sono:

- il diploma rilasciato all’esito del corso biennale delle Scuole di specializzazione per le professioni legali, istituite presso molte sedi universitarie in allora sede delle facoltà, oggi dipartimenti, di giurisprudenza;

- il dottorato di ricerca in materia giuridica;

- l’abilitazione all’esercizio della professione forense (la lettera f del comma 1, che indica «gli avvocati iscritti all’albo che non sono incorsi in sanzioni disciplinari», come ben noto è stata dichiarata costituzionalmente illegittima da Corte costituzionale 15 ottobre 2010, n. 296, «nella parte in cui non prevede tra i soggetti ammessi al concorso per magistrato ordinario anche coloro che abbiano conseguito soltanto l'abilitazione all'esercizio della professione forense, anche se non siano iscritti al relativo albo degli avvocati»).

A queste ipotesi va poi aggiunta quella inserita ad opera del Dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114, che è oggigiorno quella più importante e probabilmente più frequente, prevista dal comma 11-bis dell’articolo 73 del Dl 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98: ai sensi di questa disposizione, in particolare «L'esito positivo dello stage[cioè del tirocinio formativo di 18 mesi presso un ufficio giudiziario], come attestato a norma del comma 11, costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni. Costituisce altresì titolo idoneo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario lo svolgimento del tirocinio professionale per diciotto mesi presso l'Avvocatura dello Stato, sempre che sussistano i requisiti di merito di cui al comma 1 e che sia attestato l'esito positivo del tirocinio».

Da ultimo, un ulteriore titolo per l’accesso al «concorso per Mot» è stato aggiunto dall’articolo 11, comma 4, del del Dl 9 giugno 2021, n. 80 , convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia», che stabilisce una serie di benefici a favore dei c.d. «Addetti all’ufficio per il processo». In particolare, tra l’altro, viene stabilito che«4. Il servizio prestato [presso l’Ufficio del processo] con merito e debitamente attestato al termine del rapporto di lavoro a tempo determinato di cui al comma 1, e, per la Giustizia amministrativa, limitatamente al personale di cui al comma 3, lettera a) [cioè i «funzionari amministrativi - area III - posizione economica F1»], qualora la prestazione lavorativa sia stata svolta per l'intero periodo sempre presso la sede di prima assegnazione: a) costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160».  

La disposizione è talmente recente da non essere ancora attuale: affinché questa possa trovare applicazione, infatti, occorre che gli addetti all’ufficio del processo concludano il servizio per l’intera durata di due anni e sette mesi: considerato che è previsto, da un lato, che il primo scaglione di addetti entri in servizio nel mese di febbraio 2022 e, dall’altro, che vengano reclutati complessivamente 16.500 addetti, non è difficile vaticinare che questo titolo di legittimazione per la partecipazione al concorso per Mot (nonostante debba ovviamente essere inteso nel senso che è utilizzabile soltanto da chi abbia la laurea magistrale in giurisprudenza di 5 anni, nonché la laurea specialistica in giurisprudenza ovvero la laurea quadriennale c.d. vecchio ordinamento), a partire dal settembre 2024 diverrà uno dei più frequentemente usati per accedere al concorso.

  

VIAGGIO NEL CONCORSO IN MAGISTRATURA

di Giuseppe Finocchiaro

NELLE PROSSIME PUNTATE

SECONDA PUNTATA - Concorso magistratura/2: regole speciali per l’ultima e la prossima selezioni
Il legislatore va dettando discipline eccezionali nelle modalità di svolgimento dei concorsi in magistratura. Ormai, anche invocando l’emergenza sanitaria, ogni concorso risponde a regole particolari ed applicabili una tantum, con tempi a disposizione dei candidati per la predisposizione delle prove scritte sempre diversi e con speciali criteri da seguirsi per la valutazione degli elaborati, tra questi vi è soprattutto il delicato e difficile riferimento alla capacità di sintesi

TERZA PUNTATA - Concorso magistratura/3: saltano i criteri tradizionali di nomina dalla commissione esaminatrice
Il Csm ha rinunciato a valutare le specifiche competenze e preparazione degli aspiranti commissari. Nell’ambito della discrezionalità tecnica rimessagli dalla legge per la nomina dei componenti la commissione di concorso, il Csm per l’ultimo con-corso in magistratura ha rinunciato a seguire il consueto e rodato iter che prevedeva sì un sorteggio, ma soltanto a valle di una preselezione fondata su criteri rigorosi e prestabiliti

QUARTA PUNTATA - Concorso magistratura/4: nella nomina dei commissari mortificante il criterio del solo sorteggio
Nell’ultima procedura concorsuale, ancora in corso, il Csm, rinnegando la propria consolidata esperienza, si è affidato completamente alla sorte. Oltre a presentare molteplici profili di illegittimità, l’improvviso mutamento di orientamento del Csm nelle modalità di nomina della commissione esaminatrice pare lesivo delle legittime aspettative degli aspiranti commissari: non si può, pertanto, che auspicare per il futuro un pronto e convinto ritorno al passato

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