Penale

Condanna in assenza, mandato a impugnare senza “formule sacramentali”

La Cassazione, sentenza n. 33122 depositata oggi, chiarisce un passaggio della riforma Cartabia fornendo una interpretazione che non carica di nuovi oneri l’imputato

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di Francesco Machina Grifeo

Nel caso di condanna in assenza, lo “specifico mandato ad impugnare” richiesto dalla riforma Cartabia per legittimare il difensore non richiede particolari “formule sacramentali”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 33122 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un uomo condannato per false fatturazioni contro l’ordinanza della Corte di appello di Bologna che ne aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione “stante l’assenza di specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’imputato nei confronti del quale si era proceduto in assenza”.

 

Per il ricorrente però si tratta di una erronea interpretazione dell’art. 581 c.p.p. come modificato dal Dlgs n. 150 del 2022; egli infatti ha sostenuto di essere stato assistito e difeso dall’inizio fino alla fine del processo dal medesimo difensore di fiducia a cui dopo la condanna in primo grado aveva conferito un nuovo mandato difensivo, eleggendo domicilio presso il suo studio.

Per la Terza sezione penale nel caso in esame viene in rilievo il comma 1 quater dell’art. 581 C.p.p.., applicabile a norma dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, trattandosi di una impugnazione proposta contro una sentenza pronunciata successivamente alla entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2022). Il comma 1-quater, spiega la Corte, riguarda l’imputato nei cui confronti si è proceduto in assenza. Esso stabilisce che, con l’atto d’impugnazione del difensore, sia depositato, sempre a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato. («Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore» deve contenere «specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza», si deve osservare come tale disposizione, astrattamente applicabile anche al ricorso per Cassazione).

Si tratta – prosegue la decisione - di una disposizione normativa che “risponde all’evidente ratio - ispirata a esigenze sia di garanzia dell’imputato sia di razionale e utile impiego delle risorse giudiziarie - di assicurare che la celebrazione delle impugnazioni abbia luogo solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza, da parte dell’imputato, della sentenza pronunciata in sua assenza, nonché della volontà dello stesso imputato di impugnarla”. Lo scopo manifesto della novella legislativa, dunque, è quello di “selezionare in entrata le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte”.

Quanto poi al requisito dello «specifico mandato», la Cassazione precisa che esso non richiede “formule sacramentali” dovendo, in coerenza con la ratio legis, “ricavarsi dal tenore dell’atto la certezza della conoscenza della sentenza pronunciata in assenza e la volontà di impugnare”.

In conclusione, tornando al caso in esame, il ricorrente, condannato con sentenza del Tribunale di Parma nell’aprile 2023, il mese successivo ha conferito un nuovo mandato difensivo al suo avvocato eleggendo domicilio presso il suo studio e specificando il procedimento interessato dall’impugnazione. “L’atto così descritto – si legge nella sentenza - contiene gli elementi significativi della finalità a cui è preposta la norma”. L’ordinanza impugnata è stata dunque annullata senza rinvio e gli atti trasmessi alla Corte di appello di Bologna per la celebrazione del giudizio di appello.

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