Penale

Confindustria contro la stretta sul decreto 231

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di Giovanni Negri

Un apprezzamento per le misure di natura preventiva. Una forte perplessità per gli eccessi repressivi, soprattutto per quelli a carico delle imprese. Sono queste le valutazioni di Confindustria che, per la prima volta, si esprime in maniera articolata in audizione alla Camera sul disegno di legge con le misure di repressione della corruzione.

Per Confindustria è convincente la nuova causa di non punibilità a favore di chi fa emergere fatti di corruzione. Nel giudizio di Confindustria si tratta di una misura che potrebbe contribuire «alla prevenzione ed emersione delle pratiche che inquinano il buon andamento dell’amministrazione pubblica, colmando il gap tra fatti denunciati e realizzati che, solitamente, contraddistingue il fenomeno». Forme analoghe andrebbero però valutate, nell’ambito della disciplina sulla responsabilità delle persone giuridiche, a beneficio dell’impresa che collabora attivamente all’individuazione dei responsabili di un reato-presupposto.

Più problematico, e in questo è emersa una sintonia con l’intervento, anche questo svolto ieri in audizione, del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, l’utilizzo dell’agente infiltrato, un po’ troppo vicino a quello dell’agente provocatore, sul quale forti sono i dubbi anche della giurisprudenza comunitaria.

Ma le perplessità più forti sono quelle che investono innanzitutto il cosiddetto Daspo ai corrotti, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici affiancata dall’incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione. Un inasprimento eccessivo, per Confindustria, con riferimento alla proporzionalità della sanzione rispetto al disvalore effettivo della condotta incriminata; alla funzione rieducativa della pena che presuppone necessariamente un processo di “individualizzazione” della sanzione in rapporto anche alle caratteristiche del reo.

In particolare, nel mirino è la soglia minima dei due anni di reclusione, oltre la quale la pena accessoria applicabile acquista il carattere della perpetuità. Il rischio concreto, per effetto della media delle forbici sanzionatorie previste per le varie fattispecie di reati contro la pubblica amministrazione (4 anni) è che l’applicazione dell'incapacità perpetua di contrattare con la pubblica amministrazione possa trovare applicazione generalizzata e automatica, in contrasto col principio di ragionevolezza. «Riteniamo quindi necessario - conclude sul punto Confindustria - modificare il presupposto per l’applicazione della pena accessoria perpetua, elevando il limite dei due anni di reclusione e calibrandolo anche in considerazione delle pene principali previste per i delitti interessati».

Assai problematica poi la disposizione del disegno di legge che inasprisce il trattamento sanzionatorio a carico delle imprese, allungando in maniera assai considerevole il periodo di applicazione delle misure interdittive previste dal decreto 231/01 portandolo a un massimo di 10 anni e a un minimo di 5 (il massimo attuale è di 2 anni e il minimo di 3 mesi). Una misura che può compromettere irrimediabilmente la continuità aziendale, con l’aggaravante di potere essere presa in fase cautelare, antecedente a un giudizio di colpevolezza.

Audizione Ddl anticorruzione

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