Confisca allargata, misura di sicurezza atipica non soggetta al principio di irretroattività
Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge vigente al momento della loro applicazione perché postulano la valutazione in termini di attualità della pericolosità sociale, da ricostruire in base alla legislazione in quel momento vigente, pur se entrata in vigore in epoca successiva al sorgere della pericolosità, o all'acquisizione dei cespiti patrimoniali oggetto di ablazione (Corte di Cassazione, Sez. II Pen., sentenza 23 febbraio 2022, n. 6587)
Nella sentenza che qui si commenta ( 6587/2022 emessa dalla seconda sezione penale ) la Corte di Cassazione afferma la possibilità della confisca c.d. "allargata" anche per le condotte di autoriciclaggio commesse in data antecedente all'inserimento di questo reato nell'elenco previsto dall'art. 240-bis c.p. (cioè in data antecedente al 24.11.2016).
In aggiunta a questo punto la decisione prende in considerazione anche un secondo punto con il quale il tribunale di Torino non si è confrontato in modo esplicito e si tratta di una "…una ulteriore questione di diritto, in questa sede riproposta sempre con il terzo motivo di ricorso, inerente alla dedotta rilevanza dell'inserimento nell'art. 240-bis di un periodo («In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge»), ad opera della legge 17 ottobre 2017, n. 161, che - nella prospettazione difensiva - consentirebbe agli imputati, per i beni acquisiti prima della data di entrata in vigore della legge (19 novembre 7 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 2017), di giustificare gli acquisti con i profitti dei reati di evasione in precedenza commessi, contestati dall'accusa …".
Premesso che la decisione si allinea alla giurisprudenza maggioritaria che individua in tale forma di confisca una misura di sicurezza (e non una sanzione) e siccome detta confisca viene indentificata in una misura di sicurezza il provvedimento in quanto tale non è sottoposto al principio costituzionale di irretroattività della legge penale, resta di interesse vedere in maggior dettaglio le affermazioni della Cassazione.
Il caso giunge in Cassazione in quanto in Tribunale di Torino confermava la ordinanza del GIP che "… aveva richiamato gli esiti dell'attività d'indagine sulla commissione del reato tributario da parte di [omissis] e [omissis], in ordine al quale era stato in precedenza emesso un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del relativo profitto derivante dalla evasione fiscale, e aveva poi ritenuto che questo ultimo fosse stato almeno in parte reimpiegato per l'acquisto di una serie di attività economiche: in presenza di un autoriciclaggio, uno dei reati "spia" previsti dall'art. 240-bis cod. pen., vi era "la possibilità di sequestrare/confiscare i beni di cui l'imputato [avesse] disponibilità in maniera sproporzionata rispetto alle proprie entrate" …".
Gli imputati resistono affermando che "…l'ordinanza e anche il decreto di sequestro, in violazione dei principi che regolano la confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen., non hanno considerato che il delitto di autoriciclaggio, inserito nel codice penale con la legge 15 dicembre 2014, n. 186, è stato indicato nell'art. 240-bis cod. pen. quale reato "spia" solo con il decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 202, non potendo trovare applicazione retroattiva il vincolo ablatorio; che solo a partire dal dicembre 2017, a seguito della integrazione all'art. 240-bis cod. pen., disposta con la legge n. 161 del 2017, è preclusa la riconducibilità della sproporzione alla evasione fiscale, cosicché proprio l'evasione fiscale, anche alla luce della base imponibile lecita e positiva, nel caso di specie giustifica gli investimenti commerciali contestati; che sono stati violati i principi di proporzione e ragionevolezza temporale del vincolo ablatorio …".
La Corte di Cassazione respinge questa visione affermando che "…Già in risalenti pronunce le Sezioni Unite statuirono che la confisca di cui si tratta costituisce «una misura di sicurezza atipica che, sulla base di predeterminati presupposti, aggredisce entità patrimoniali evocando una presunzione relativa d'ingiustificata locupletazione, rispetto alla quale la tutela del bene-patrimonio si affievolisce nel bilanciamento di valori che privilegiano esigenze di soddisfacimento di istanze diffuse, tese all'espropriazione di beni sottratti in maniera illecita alla collettività, cui vanno restituiti, salvo giustificazione, una volta eliminata con la condanna l'apparenza della disponibilità legittima» (Sez. U, n. 29022 del 30/5/2001, D., Rv. 229221, in motivazione); pertanto, «ci si trova dinanzi ad una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all'affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla legge 31 maggio 1965, n. 575» (così Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, M., Rv. 226491), finalizzata a impedire l'accumulo di ricchezze di matrice delittuosa, con la quale si è inteso collegare la provenienza dei beni o delle utilità non già al singolo episodio per il quale è intervenuta la condanna bensì all'accertata consumazione di uno dei reati "spia", unitamente alla disponibilità, in capo al soggetto, di denaro, beni o altre utilità, che non trovino giustificazione in relazione al reddito percepito …".
La stessa Cassazione aggiunge anche che "… da ultimo le Sezioni Unite, risolvendo una questione controversa riguardante la confisca ora prevista dall'art. 240-bis cod. pen. (definita "atipica", "allargata" o "estesa" , per distinguerla dalle altre ipotesi di confisca obbligatoria), ne ha ribadito la «natura di misura di sicurezza patrimoniale , replicante alcuni caratteri della misura di prevenzione antimafia, disciplinata dalla legge n. 575 del 1965, e la stessa finalità preventiva perseguita» (Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, C., Rv. 281561 , in motivazione), traendo giustificazione dalla presunzione relativa di accumulo di ricchezza illecita da parte del soggetto condannato penalmente. Proprio per la ricordata natura della confisca allargata, è da tempo consolidato il principio secondo il quale «anche tale confisca, come le altre misure di sicurezza, è applicabile nei confronti di chi sia stato condannato per reati commessi prima dell'entrata in vigore della norma che la disciplina, in quanto l'istituto non è soggetto al principio di irretroattività della norma penale di cui all'art. 25 Cost. e art. 2 c.p., quanto piuttosto alla disposizione dell'art. 200 c.p., applicabile alla confisca per il richiamo operato dall'art. 236 c.p., secondo la quale le misure di sicurezza sono regolate dalla legge vigente al momento della loro applicazione perché postulano la valutazione in termini di attualità della pericolosità sociale, da ricostruire in base alla legislazione in quel momento vigente, pur se entrata in vigore in epoca successiva al sorgere della pericolosità, o all'acquisizione dei cespiti patrimoniali oggetto di ablazione» (così Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012, A., Rv. 254698; in senso esattamente conforme cfr., ad es., Sez. 6, n. 10887 del 11/10/2012, A., Rv. 254786; Sez. 6, n. 25096 del 06/03/2009, N., 244355; Sez. 1, n. 11269 del 18/02/2009, P., Rv. 243493; Sez. 1, n. 8404 del 15/01/2009, B., Rv. 242862; Sez. 3, n. 38429 del 09/07/2008, S., Rv. 241273) …".
Sul secondo dei punti portati in evidenza nel ricorso (rapporto con la legge 161/2017) la Corte di Cassazione indica che "… ritiene il Collegio che le argomentazioni in precedenza esposte in ordine alla natura della confisca allargata quale misura di sicurezza atipica siano del tutto pertinenti per risolvere il tema di cui si tratta: se la impossibilità per il condannato - ovvero, come nel caso di specie, per l'imputato destinatario di un provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca - di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, valga o meno anche per le acquisizioni anteriori al 19 novembre 2017, giorno di entrata in vigore della legge 17 ottobre 2017, n. 161, che all'articolo 31 ha introdotto il ricordato periodo, riformulando il comma 1 dell'art. 12-sexies decreto-legge n. 306 del 1992, poi trasfuso nel comma 1 dell'art. 240-bis cod. pen. (inserito dal decreto legislativo n. 21 del 10 marzo 2018 in attuazione del principio della "riserva di codice") …".
Stabilito questo punto la Corte conclude in modo chiaro dicendo che "… ritiene il Collegio, in conclusione sul punto, che la presunzione relativa circa l'origine criminosa dei beni di cui si sia titolari o si abbia la disponibilità in valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato, o alle attività economiche svolte, non possa essere superata giustificando l'utilizzo di denaro provento di evasione fiscale, anche in relazione agli acquisti precedenti alla entrata in vigore della legge n. 161 del 2017. Ne consegue che, nel caso di specie, la valutazione di manifesta sproporzione operata dai giudici della cautela non può essere inficiata dal richiamo dei ricorrenti al denaro sottratto alle imposte …".