Contraffazione del marchio celebre, tutela penale estesa a settori merceologici estranei all'interesse del brand
Ove si tratti di un marchio "forte" sono illegittime anche le variazioni, sia pure rilevanti ed originali, che lasciano sussistere l'identità sostanziale del nucleo ideologico in cui si riassume l'attitudine individuante
La quinta Sezione penale della Corte di Cassazione ( sentenza n. 21640 del 02.03.2023, dep. 19.05.2023 ) ha pronunciato una importante sentenza in materia di contraffazione e tutela del marchio, stabilendo il principio di diritto secondo il quale la tutela penale ex art. 473 c.p. si estende ai marchi cd. "celebri" pur se apposti su prodotti appartenenti a un settore merceologico diverso da quello tradizionale "posto che il bene della fede pubblica è leso dalla confondibilità, secondo il giudizio del consumatore medio, del marchio originale con quello contraffatto, quand'anche utilizzato in ambiti non tradizionali per effetto di attività di merchandising".
Il caso affrontato dalla sentenza in esame ha riguardato la contraffazione di alcuni rotoli di nastri da bomboniere e da confezione riproducenti marchi figurativi e di colore di brand di lusso.
In primo grado l'imputato – e la società ai sensi del D.lgs. 231/2001 – sono stati assolti in quanto, secondo il Tribunale,
- i disegni sui nastri erano diversi rispetto a quelli oggetto di registrazione
- non era rinvenibile la presenza di segni distintivi delle celebri griffe che consentissero di confondere i rispettivi prodotti e
- la destinazione merceologica dei prodotti asseritamente contraffatti era evidentemente assai diversa rispetto a quello oggetto di interesse delle case di moda coinvolte.
La Corte d'Appello, ribaltando le motivazioni della sentenza assolutoria, ha ritenuto sussistenti i reati contestati in quanto
• il marchio asseritamente contraffatto sarebbe registrato anche come marchio "figurativo" in bianco e nero, con copertura della tutela per tutte le declinazioni di colori e
• la tutela penale investe il marchio e non il prodotto, sicché non ha rilievo il settore merceologico delle bomboniere cui si dedicava l'attività d'impresa dell'imputato, tanto più che i nastri potevano avere anche altre destinazioni.
La sentenza di secondo grado è stata in seguito annullata dalla Corte di Cassazione senza rinvio agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione; tuttavia, sulla scorta dei principi sotto riportati, il ricorso dell'imputato è stato rigettato agli effetti civili, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili.
Secondo la Suprema Corte, un marchio si intende contraffatto "quando la confusione con un segno distintivo similare emerga non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo cioè all'insieme degli elementi salienti, grafici, fonetici o visivi, tenendo, altresì, presente che, ove si tratti di un marchio "forte", sono illegittime anche le variazioni, sia pure rilevanti ed originali, che lasciano sussistere l'identità sostanziale del nucleo ideologico in cui si riassume l'attitudine individuante".
Inoltre, con riferimento alla rilevanza del settore merceologico del marchio asseritamente contraffatto (nel caso di specie ben diverso rispetto a quello registrato dalle case di moda), la Corte ha chiarito che la tutela dei marchi cd. "celebri" "deve essere estesa anche a settori merceologici completamente estranei all'interesse del brand oggetto della riproduzione pedissequa, allorché si rischi, secondo il giudizio del consumatore medio, la confondibilità".
In altre parole – secondo la Cassazione – ciò che conta è la capacità del segno di essere distintivo, sicché la relativa contraffazione è tale da porre in pericolo il bene della fede pubblica.
Dal punto di vista civilistico, la sentenza potrebbe destare qualche interrogativo. Infatti, è principio consolidato che la tutela del marchio celebre vada oltre il rischio di confusione, quando il contraffattore può trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o recare pregiudizio agli stessi. C'è quindi il rischio che la tutela penale del marchio rinomato abbia una estensione diversa e più ristretta in sede penale rispetto a quella civile, quando invece sarebbe auspicabile una piena sovrapponibilità della protezione.
Da ultimo, si segnala che la sentenza di secondo grado è stata annullata con rinvio quanto ai profili di responsabilità dell'ente. Secondo la Suprema Corte, infatti, i giudici di merito non hanno dato debitamente conto delle ragioni giustificative dell'accertamento della responsabilità dell'ente e non hanno, in alcun modo, motivato la sussistenza della c.d. colpa di organizzazione, precisando che "l'addebito di responsabilità all'ente non si fonda su un'estensione, più o meno automatica, della responsabilità individuale al soggetto collettivo, bensì sulla dimostrazione di una difettosa organizzazione da parte dell'ente".
______
*A cura di Veronica Bertocci, Avvocato, ed Elena Varese, Partner, di DLA Piper