Contratti pubblici, sui rimedi alternativi scelta in continuità
Gli articoli dal 210 al 220 del Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023) disciplinano i metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla tutela giurisdizionale (Adr)
Gli articoli dal 210 al 220 del Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023) disciplinano i metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla tutela giurisdizionale (Adr).
Si tratta dell’accordo bonario, della transazione, dell’arbitrato, del collegio consultivo tecnico (Cct) e dei pareri di pre-contenzioso dell’Anac.
I rimedi si caratterizzano per la sostanziale continuità con quelli della precedente codificazione, come si evidenzia anche dalla lettura della relazione al Codice, che segnala soltanto poche modifiche.
Particolarmente pertinente agli istituti in esame è il richiamo ad un’analisi dell’Ufficio studi della Giustizia amministrativa, per gli anni 2017 e 2018, dal quale si evince che l’incidenza del contenzioso amministrativo sulle procedure d’appalto è minimo, in quanto la percentuale di procedure impugnate in quegli anni è risultato, rispettivamente, dell’1,4% e dell’1,5%, e quello delle procedure «sospese» dello 0,33% e dello 0,31% (www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/codice-dei-contratti-pubblici).
La deflazione del contenzioso, pur essendo sempre e comunque un obiettivo da perseguire e incentivare, a causa della conclamata “scarsità” della risorsa giustizia (Cassazione, Sezioni Unite civili, 26242 e 26243/2014; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5/2015), non attiene, dunque, in maniera preponderante, al procedimento di aggiudicazione dei contratti pubblici.
La circostanza traspare anche dalla tipologia di “strumenti” delineata dal Codice, che sono, per lo più, preordinati ad evitare o risolvere controversie che si pongono “a valle” della scelta del contraente, riguardando vicende della fase esecutiva, con la rilevante eccezione dei pareri di precontenzioso dell’Anac.
L’accordo bonario è preordinato alla risoluzione delle controversie suscettibili di insorgere durante l’esecuzione a causa dell’iscrizione di riserve (o, per i servizi e le forniture, a causa delle contestazioni dell’impresa).
Anche la transazione concerne vicende della fase esecutiva del contratto potenzialmente foriere di contenzioso, ma con un ambito applicativo più ampio del rimedio precedente.
Il rimedio richiama il tipo contrattuale del Codice civile e riprende le precedenti codificazioni del 2016 e del 2006. Quest’ultima, in particolare, aveva deciso di dare compiuto riconoscimento positivo alla prassi di servirsene.
Parimenti collegato alle liti insorte a causa dell’esecuzione dei contratti pubblici è l’arbitrato.
Nel tempo, l’istituto è risultato caratterizzato da un «incessante e continuo alternarsi di regole e norme tra loro discontinue e contrastanti» (F. Corsini), tanto da «non trova[re] pace» (Follieri).
Il Codice conferma il ruolo fondamentale della Camera arbitrale.
Una novità importante è sicuramente il “ritorno” del Cct, introdotto dalla codificazione del 2016, poi “eliminato” nel 2017, nuovamente previsto nel 2019 con il decreto “sblocca cantieri”, poi abrogato dal Dl 76 del 2020 che ha contestualmente introdotto una disciplina simile a quella del nuovo Codice, sia pure «fino al 30 giugno 2023».
La scelta di rendere “definitivo” quanto avrebbe dovuto essere “temporaneo”, oltre ad essere coerente con una pungente affermazione di Prezzolini, lo è, altresì, con la legge delega 78/2022, che ha previsto l’estensione e il rafforzamento dei metodi di risoluzione alternativa delle controversie.
Il Cct, icasticamente definito un istituto «dagli incerti confini» (C. Volpe), permane nella sua duplice configurazione, obbligatoria e facoltativa, già prevista dal Dl 76/2020, per la prevenzione e risoluzione delle questioni giuridiche e/o tecniche.
A chiusura del Titolo II risulta inserita la disciplina dei pareri di precontenzioso e della legittimazione a agire dell’Anac, già presente nel precedente Codice, ma «ritoccata», secondo la Relazione, con «talune significative innovazioni».
Se i pareri precontenzioso possono essere accomunati ai metodi Adr, la legittimazione ad agire risulta invece ispirata alla diversa finalità di prefigurare un «presidio dell’interesse pubblico alla concorrenza in senso complessivo» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 4/2018) o, secondo alcuni, di innestare un «frammento di giurisdizione oggettiva» nell’ambito del processo di parti (Romani).
Si può essere d’accordo con coloro che, nei primi commenti, hanno sottolineato che il Codice «conferma il sistema dei rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale» (Fragale), rimanendo nel solco della continuità con la regolamentazione previgente.
La prima impressione potrebbe far parlare di un’occasione mancata o di mancanza di “intraprendenza”, tanto più se si considera che la già richiamata legge delega auspicava l’estensione e il rafforzamento dei rimedi Adr, il che si sarebbe potuto tradurre in qualche coup de theatre.
Tuttavia, la soluzione prescelta va apprezzata, se si considera che, pur con qualche eccezione, il Codice manifesta, in filigrana, la volontà di lasciar sedimentare istituti che sono stati troppe volte soggetti a modifiche e “ritocchi”, estemporanee abrogazioni ed improvvisi “ritorni”.