Contratti a tempo determinato illegittimi, salta il limite al risarcimento
Con l’approvazione definitiva del Dl salva infrazioni, il giudice potrà liquidare una somma superiore alle dodici mensilità in presenza di “maggior danno”
Con l’approvazione della legge di conversione anche da parte del Senato (100 sì, 63 no e 2 astenuti), diventa legge (con modificazioni) il cosiddetto “Decreto Salva Infrazioni”. Sono infatti 15 le procedure aperte che la norma prova a chiudere, la più nota delle quali riguarda l’annosa questione dei balneari.
L’articolo 11 del Dl invece attiene al caso dell’indennità risarcitoria onnicomprensiva prevista per la violazione della disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato nel settore privato. La norma italiana era finita sotto la lente di Bruxelles, procedura di infrazione 2014/4231, proprio per i paletti previsti nel computo dell’indennità.
Nel caso, infatti, di rapporto di lavoro a tempo determinato dichiarato illegittimo in sede giudiziale, la norma italiana (articolo 28, co. 2, Dlgs 81/2015) prevede che “il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto”. E tale indennità ristora per intero il dipendente, ricomprendendo sia le conseguenze retributive sia quelle contributive relative al periodo intercorrente tra la scadenza del termine contrattuale e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
La nuova norma invece consente al lavoratore di ottenere un risarcimento superiore al limite delle 12 mensilità, “laddove riesca a provare di aver subito un maggior danno”. Ed abroga la disposizione che riduceva della metà i limiti minimi e massimi di risarcimento laddove i Ccnl prevedano l’assunzione di lavoratori, già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.
Secondo la Commissione Ue che, nel dicembre 2020, aveva inviato all’Italia una seconda lettera di costituzione in mora, la disciplina nazionale si poneva in contrasto con la normativa UE (direttiva 1999/70/CE del Consiglio) in materia di utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato. Col parere motivato dell’aprile 2023, l’Europa ha poi evidenziato il recepimento non corretto dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato che impone il rispetto del principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato (clausola n. 4) e obbliga gli Stati membri a disporre misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (clausola n. 5).
La novella disposta dall’articolo 11, della legge di conversione del Dl 131/2024 (Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano), amplia dunque la misura risarcitoria cui può accedere il lavoratore. Infatti, pur restando fermi i parametri presenti nella vecchia norma, il giudice è legittimato a liquidare l’indennità risarcitoria in misura superiore ai tetti previsti, a condizione che “il lavoratore dimostri di aver subito un maggior danno”.
Infine, dispone l’abrogazione del comma 3 dell’articolo 28 Dlgs 81/2015, il quale riduce alla metà il limite massimo dell’indennità risarcitoria di cui al comma 2, nei casi in cui vi siano dei contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche con contratto a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.