Lavoro

Convitti nazionali: non discrimina la norma per l'assegnazione dei posti di educatore ed educatrice

Secondo la Consulta il legislatore ha evidentemente inteso configurare un sistema nel quale la distinzione tra educatori ed educatrici è speculare e funzionale alla separazione tra gli allievi convittori e le allieve convittrici

di Pietro Alessio Palumbo

Il decreto legge n.255/2001 ha unificato i ruoli provinciali del personale educativo dei convitti nazionali. Nella vicenda affrontata dalla Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 1/2022 secondo il giudice remittente, la norma in questione, disponendo che la distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera anche ai fini dell’individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attività convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile, avrebbe introdotto una irragionevole deroga al principio di non discriminazione in base al genere, impresso nella Costituzione Repubblicana.

L’ (asserito) anacronismo della disposizione

La logica della disposizione in parola si rivelerebbe anacronistica. In altri termini la normativa in argomento non risponderebbe (più) alle mutate esigenze formative dell’individuo nella società contemporanea, né concorderebbe con la progressiva riduzione, conseguente all’ampliamento delle fonti di informazione e delle esperienze, delle differenze del percorso evolutivo dei giovani e delle giovani. Pertanto la scelta del legislatore di derogare al principio di pari opportunità di accesso al lavoro per ragioni di genere si paleserebbe sproporzionata e, quindi, irragionevole. Ciò anche in considerazione della possibilità, per i dirigenti delle istituzioni educative, di organizzare i turni degli educatori in modo da preservare la privacy dei convittori pernottanti nelle strutture convittuali. Saremmo in presenza di una “disarmonia” rispetto al contesto normativo interno e sovranazionale e all’interpretazione giurisprudenziale, che sono orientati in modo univoco a sancire l’illegittimità di qualsivoglia disparità di trattamento per ragioni di genere; anche con riferimento all’accesso al lavoro. Né sarebbe congrua - per il Tribunale remittente - la ricostruzione giurisprudenziale secondo cui l’affidamento degli educandi a educatori dello stesso sesso sarebbe volto a favorire l’instaurazione di un rapporto educativo più paritario e confidenziale; tale cioè da essere recepito dai convittori come un’ingerenza meno invasiva e capace di scongiurare forme di  soggezione da parte di individui che non hanno ancora maturato una piena capacità di relazionarsi con l’altro sesso in maniera consapevole e ordinaria.

L’attuale impronta educativa “unisex” e la tutela della privacy

Secondo il giudice remittente quest’ultima lettura è in contrasto con la forte impronta educativa “globale” e “unisex” che caratterizza la formazione dei giovani nella società contemporanea. La possibilità di accedere, attraverso la rete Internet, alle medesime fonti di informazione avrebbe attenuato le differenze che in passato caratterizzavano il percorso di crescita degli esponenti di ciascun genere. Appare pertanto ridimensionata l’esigenza di evitare traumi nel periodo di “formazione della personalità” del minore e “ingerenze invasive” da parte di un adulto di sesso opposto. Neppure potrebbe ascriversi portata decisiva alla circostanza che i convitti nazionali e gli educandati statali sono strutture residenziali o semiresidenziali; potendo i dirigenti di tali istituzioni organizzare il lavoro del personale educativo mediante turnazioni che preservino la privacy dei convittori. Per tali ragioni, conclude il giudice a quo, la scelta del legislatore di derogare al principio di pari opportunità di accesso al lavoro per ragioni di genere si mostrerebbe eccessiva e quindi insensata.

I lavori parlamentari e l’unificazione dei ruoli del personale

La normativa in parola è stata inserita nel testo del decreto legge n. 255/2001 in sede di conversione, al duplice scopo, desumibile dai lavori parlamentari, di garantire la parità di genere e di porre rimedio all’incertezza, sorta nel previgente assetto normativo, circa la necessità di applicare alla formazione delle graduatorie del personale educativo, la distinzione tra gli istitutori e le istitutrici, rispettivamente destinati alle istituzioni convittuali maschili e femminili. A tali esigenze il legislatore ha inteso far fronte unificando tanto i ruoli provinciali del personale educativo di sesso maschile e femminile quanto le correlate graduatorie.

La disciplina dei contratti collettivi di lavoro

La funzione educativa di cui si tratta, come confermato dalla disciplina dei contratti collettivi di lavoro, è intesa alla promozione dei processi di crescita umana, civile e culturale, nonché di socializzazione degli allievi,
convittori e semiconvittori, i quali sono così assistiti e guidati nella loro partecipazione ai vari momenti della
vita comune nel convitto od istituzione educativa; e si prevede anche, nell’ambito dell’attività educativa, la funzione di assistenza notturna. Al fine di adempiere correttamente a tali funzioni il contratto collettivo prescrive che il profilo professionale del personale educativo è costituito da competenze di tipo
psicopedagogico, metodologico ed organizzativo-relazionale, tra loro correlate e integrate, che si sviluppano attraverso la maturazione dell’esperienza educativa e l’attività di studio e di ricerca.

Il criterio discretivo ai fini dell’assegnazione dei posti di educatore e di educatrice

Il criterio discretivo ai fini dell’assegnazione dei posti di educatore e di educatrice palesa una chiara corrispondenza con l’omologa differenziazione operata dal legislatore nel prevedere distinte istituzioni educative per convittori di sesso maschile e per convittrici di sesso femminile. Segnatamente i convitti nazionali hanno per fine di curare l’educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico dei giovani che vi sono accolti
prevedendo anche che ai convitti nazionali possono essere annesse scuole elementari, scuole medie ed
istituti e scuole di istruzione secondaria superiore. Il rettore svolge, in tal caso, le funzioni di direzione delle
scuole e istituti annessi. Gli educandati femminili dello Stato hanno per fine di curare l’educazione e lo sviluppo intellettuale e fisico delle giovani che vi sono accolte. L’amministrazione è affidata a un consiglio di amministrazione alle cui sedute partecipa, con voto consultivo, la direttrice. Ebbene tale classificazione è stata recepita dalla disciplina del 2009 relativa alle norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola. Tale normativa nel ridefinire i criteri di determinazione delle dotazioni organiche del personale educativo dei convitti nazionali e degli educandati femminili dello Stato, nonché delle strutture convittuali annesse agli istituti tecnici e professionali, ha stabilito che la consistenza di dette dotazioni è determinata con riguardo alla somma del numero dei convittori e delle convittrici. Entro il limite massimo di personale determinato per effetto del previsto conteggio, i dirigenti delle istituzioni educative definiscono la ripartizione dei posti da assegnare, distintamente, al personale educativo maschile e a quello femminile.

…l’interprete della volontà e della coscienza collettiva di oggi può essere solo il legislatore

Secondo la Corte delle Leggi, il legislatore ha evidentemente inteso configurare un sistema educativo attuato con l’istituzione di strutture convittuali, nel quale la distinzione tra educatori ed educatrici è speculare e funzionale alla separazione tra gli allievi convittori e le allieve convittrici. In ogni caso – accenta la Corte di piazza del Quirinale - la verifica della attuale adeguatezza della finalità normativa agli orientamenti e ai valori radicati nella coscienza sociale richiederebbe una rimeditazione della disciplina delle istituzioni educative nella sua globalità, che a ben vedere spetta alla discrezionalità del legislatore. A esso solo compete di rimodulare il sistema normativo in esame, valutando, quale interprete della volontà della collettività, l’attuale ragionevolezza delle motivazioni (sociali) che reggono la configurazione differenziata delle istituzioni convittuali per alunne e per alunni.

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