Penale

Cooperazione colposa del primario se non vigila sull'operato dello specializzando

Il medico studente che accetta un compito assume una posizione di garanzia che non esonera la colpa del tutor come garante successivo

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di Paola Rossi

La colpa medica per la morte di un paziente che origini da un errore di trascrizione della terapia compiuto dallo specializzando si estende a tutti gli altri sanitari che partendo da quella svista hanno determinato un concatenarsi di errori - anche successivi - invece di avvedersi di quello iniziale e di cercare di neutralizzarlo.

Così - come si legge nella sentenza n. 38354/2022 della Cassazione penale - va affermato che in tema di posizioni di garanzia il garante "successivo" risponde dell'errore del garante "precedente" se non rispetta la regola precauzionale cui è tenuto come quella di controllare l'operato del primo.
Nel caso concreto emerge quindi la responsabilità del primario - a titolo di cooperazione nell'omicidio colposo del paziente - per aver affidato compiti di propria competenza a medici specializzandi di cui era il tutor e di cui non aveva neanche a posteriori controllato la correttezza delle condotte.

Il primario
Nel caso concreto l'imputazione di cooperazione nel delitto colposo emergeva dall'avvenuta somministrazione di un chemioterapico con un dosaggio dieci volte superiore alla dose giusta e da cui si era determinato il decesso. Si trattava di paziente oncologico con tumore liquido, categoria di pazienti di cui la circolare del Direttore del dipartimento di oncologia prescriveva il ricovero in reparti specializzati di ematologia. Il primario di oncologia ricorrente in Cassazione poneva l'indice sulla valenza di tale indicazione come solo indicativa e non normativa. E affermava di avere - come in realtà emerge - le competenze per somministrare le dovute cure. Ma al di là del valore prescrittivo o meramente organizzativo della circolare in questione la circostanza di inserire un paziente in un reparto non specialisticamente dedicato a una data patologia avrebbe dovuto comunque indurre il primario a una maggior vigilanza sull'operato dei medici e degli infermieri del proprio reparto. Cautela professionale del tutto disattesa vista la permanenza per almeno due settimane dell'errato dosaggio del farmaco nella cartella clinica compilata dal medico specializzando.

Lo specializzando
Confermata anche la condanna del medico ancora studente specializzando in oncologia che aveva erroneamente indicato un dosaggio maggiore ponendo uno zero di troppo dopo il numero esatto di milligrammi. Egli aveva cercato di scaricare la propria responsabilità sul caos del reparto scarsamente vigilato dal primario. Ma - in tema di colpa medica - la Cassazione chiarisce il suo profilo di colpa in quanto rispetto al paziente egli aveva rivestito una posizione di garanzia cosiddetta per assunzione derivante dall'aver accettato di svolgere un compito. E per il quale era incompetente visto l'iter della propria formazione. Con la conseguenza di assumersi il rischio di agire con colpevole imperizia. In effetti, il reparto dopo l'evento mortale in questione fu ispezionato e venne chiuso. Ma la responsabilità del vertice primario non escludeva appunto la posizione di garanzia assunta dal giovane medico.

L'infermiere
Inizialmente era stata imputata anche l'infermiera che aveva praticato l'anomala somministrazione del chemioterapico. Invece, è stata l'unica assolta. Infatti, avendo accampato dubbi prima di procedere alla somministrazione, ella si era rivolta ad altro specializzando più esperto del primo e che per consuetudine era il medico in seconda dopo il primario che ne avallava il ruolo di vice. L'infermiera quindi indotta in errore dall'ok del secondo medico specializzando aveva somministrato la dose letale.
L'accusa sosteneva che l'infermiera avesse violato le prescrizioni del ministero della Salute secondo cui gli infermieri professionisti devono consultarsi all'occorrenza con i medici "strutturati" e non con gli studenti di medicina presenti in reparto. Ma l'esperienza e la fiducia del primario di cui godeva il secondo medico specializzando, coinvolto nella catena di errori, rappresentava quella consuetudine e quella prassi avallata nella gestione quotidiana del reparto. Quindi la sua condotta di sollecitare il personale medico a rivalutare l'inconsueta prescrizione del farmaco ha spezzato il nesso di causalità tra la propria condotta e il danno mortale verificatosi.

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