Corte d’Appello Roma: Governo restituisca 1 mld a Tim per canone del 1998
Sentenza esecutiva, arriva dopo un contenzioso di 15 anni. La Presidenza del Consiglio ha proposto ricorso in Cassazione
Un rimborso da un miliardo di euro. È quanto si attende Tim dopo che la Corte d’Appello di Roma ha chiuso in favore del gruppo un contenzioso durato quindici anni relativo alla restituzione del canone concessorio preteso per il 1998, l’anno successivo alla liberalizzazione del settore, e richiesto in restituzione dalla società. La somma dovuta, spiega una nota, è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati per un totale pari a circa 1 miliardo di euro. La sentenza è immediatamente esecutiva e Tim avvierà da subito le procedure per il recupero dell’importo in questione.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, appresa la notizia, comunica che proporrà ricorso per Cassazione e chiederà la sospensione degli effetti esecutivi della pronuncia. Lo rende noto Palazzo Chigi. Intanto in Borsa dopo il rally di ieri + 5,19 oggi fa registrare un fisiologico -1,6% in apertura.
Secondo la Corte territoriale, il Consiglio di Stato, nel respingere il ricorso di Tim contro il pagamento del canone allo Stato nel 1998, ha sostanzialmente disapplicato il diritto europeo.
“Il collegio condivide - si legge nella sentenza - e fa proprio quanto già affermato da questa stessa Corte nel decreto in data 24.1.2012 nel quale, pur esprimendosi in termini di non manifesta infondatezza dell’azione proposta da Telecom, che era il perimetro di quel giudizio, ha ricostruito in modo analitico, dettagliato e del tutto condivisibile l’intera vicenda giudiziaria, da cui si desume la macroscopicità della violazione del diritto comunitario da parte del Consiglio di Stato che, in modo in un certo senso artificioso rispetto al chiaro dictum della Corte di Giustizia Europea, che era stata investita della questione dal Tar del Lazio, ha sostanzialmente disapplicato il diritto europeo e che, semmai, in caso di persistente dubbio, avrebbe dovuto investire nuovamente quella Corte”.
La vicenda risale alla liberalizzazione del mercato avvenuta il primo gennaio 1998 e a una norma transitoria di una direttiva europea che consentiva allo Stato italiano di prorogare in via eccezionale di un ulteriore anno l’obbligo concessionario. Tim pagò dunque il canone, ma poi si rivolse alla giustizia amministrativa chiedendo la restituzione di quanto versato perché non dovuto secondo il diritto comunitario: il giudice, in primo e in secondo grado, ha tuttavia respinto il ricorso. Per interpretare il diritto europeo, il Tar del Lazio si era rivolto alla Corte di giustizia europea che, in punto di diritto, aveva chiarito come la norma transitoria contenuta nella direttiva di liberazzazione del mercato non consentiva l’imposizione del pagamento del canone concessorio nel 1998. “Proprio la natura del Consiglio di Stato di organo di vertice della Giustizia amministrativa gli avrebbe imposto, in presenza di una chiara decisione della Corte di Giustizia, una maggiore cautela nel ribadire l’interpretazione data dal Tar, rimettendo semmai alla Corte di Giustizia nuovamente la questione e non obliterandola e avallando una decisione del Tar estremamente opinabile”.
La Corte di Giustizia, ricorda la Corte di Appello, aveva infatti ritenuto che “le norme citate della direttiva ostassero al pagamento di un onere pecuniario come il canone di cui trattasi nella causa principale. Il Tar ha tuttavia aveva respinto il ricorso con sentenza n. 11386/08 impugnata da Telecom Italia s.p.a. innanzi al Consiglio di Stato , che con la pronuncia n. 7506/09 ha rigettato l’appello”.
Competenza - La Corte d’Appello ha dunque il ricorso di TIM contro la sentenza n. 6174/2015 del Tribunale di Roma, il quale aveva ritenuta inammissibile per difetto di competenza territoriale l’azione di TIM volta ad ottenere il ristoro dei danni derivanti dalla pronuncia n. 7506/2009 del Consiglio di Stato. La questione della competenza territoriale è stata ora risolta alla luce di un orientamento giurisprudenziale andato consolidandosi negli ultimi anni relativamente alla responsabilità dello Stato-giudice derivante dall’attività di magistrati appartenenti a giurisdizioni o uffici non articolati su base distrettuale. In linea con le conclusioni della Suprema Corte maturate con riferimento ai giudici della Cassazione stessa (sentt. S.U. n. 14842/2018 e n. 13475/2019), del Consiglio di Stato (sent. n. 26072/2019) e della Sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti (sent. n. 612/2022), la Corte d’Appello ha riconosciuto la pretesa di TIM come correttamente introdotta davanti al Tribunale di Roma, ritenendola dunque ammissibile sotto il profilo della competenza territoriale.
TIM è stata assistita da Cleary Gottlieb, con il senior counsel Mario Siragusa, nonché dal Prof.ri Romano Vaccarella e Stefano D’Ercole.