Crisi bancarie, l’Autorità nazionale di gestione deve provare indipendenza e assenza di conflitti
L’obbligo di riunire tutti i procedimenti instaurati contro una decisione di risoluzione va disapplicato dai giudici nazionali se ciò incide sul diritto a un ricorso effettivo che comprende anche la celerità del giudizio
La Corte di giustizia con la sentenza sulla causa C-118/23 ha precisato ai giudici nazionali quali siano le regole e gli elementi da valutare al fine di asserire l’indipendenza di un’Autorità nazionale di risoluzione delle crisi bancarie e l’effettività dei mezzi di ricorso messi a disposizione negli ordinamenti interni contro le decisioni assunte dall’Autorità nei confronti degli enti finanziari in dissesto.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Cgue è al centro il meccanismo di risoluzione e di impugnazione delle decisioni nell’ordinamento polacco. L’interpretazione fornita sullo specifico caso polacco fornisce un orientamento valido per tutti gli altri Stati membri dove il loro regime nazionale sia sovrapponibile a quello analizzato.
Nel caso specifico, il rinvio per ottenere la corretta interpretazione delle norme comunitarie illustra alla Cgue come i giudici amministrativi polacchi abbiano competenza a effettuare un controllo completo della legittimità della decisione dell’Autorità di risoluzione, senza essere vincolati dai motivi, dalle conclusioni e dalla base giuridica dell’impugnazione. Inoltre, spiega sempre il rinvio, la sentenza definitiva emessa a conclusione del ricorso avrà effetti erga omnes e potrà quindi essere invocata da qualsiasi persona interessata dalla decisione sub iudice, indipendentemente dal fatto che ella abbia proposto o meno un ricorso giurisdizionale al fine di contestarne la legittimità.
Il caso a quo: la decisione e la sua impugnabilità
Nel dicembre 2021 la commissione di vigilanza finanziaria in Polonia ha nominato un amministratore temporaneo presso la Getin Noble Bank al fine di migliorare la situazione di tale banca. Tale funzione è stata affidata al Fondo di garanzia bancaria polacco (Fgb). Secondo la normativa nazionale, il Fgb è incaricato principalmente di svolgere funzioni di garanzia dei depositi bancari e di risoluzione.
Nel settembre 2022, a fronte del rischio di insolvenza della Getin Noble Bank, il Fgb, in quanto autorità di risoluzione, ha deciso di adottare una misura di gestione della crisi volta essenzialmente a sottoporre tale banca a una procedura di risoluzione.
Il consiglio di vigilanza della Getin Noble Bank ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al tribunale amministrativo polacco competente.
La legittimità di tale decisione impugnata è contestata anche da altri soggetti, in particolare da alcuni azionisti della banca, da alcuni detentori di obbligazioni emesse da quest’ultima nonché da taluni soggetti privati che avevano concluso con l’istituto contratti di mutuo, la cui validità veniva contestata a causa della presenza di clausole potenzialmente abusive.
In totale, contro la decisione dell’Autorità polacca sono risultati proposti più di 8mila ricorsi (corrispondenti al numero medio di ricorsi che pervengono al giudice amministrativo polacco nell’arco di un biennio).
Il rinvio pregiudiziale alla Cgue
Nell’ambito di tale contenzioso nazionale, il tribunale amministrativo si è rivolto alla Corte di giustizia esprimendo dubbi di natura procedurale e sostanziale.
In primo luogo, il giudice del rinvio fa rilevare che egli è obbligato da una disposizione procedurale a riunire tutti i ricorsi ai fini di un esame e di una decisione congiunti. Pertanto, sarebbe eccessivamente difficile, se non impossibile, pronunciare una sentenza entro un termine ragionevole. In tale contesto, esso si chiede se la facoltà per tutte le persone interessate dalla decisione controversa di adire il giudice amministrativo sia indispensabile per tutelare i diritti loro conferiti dal diritto dell’Unione.
L’interpretazione fornita
Interrogata al riguardo, la Corte osserva che l’adozione di una misura di gestione della crisi nei confronti di una banca può di per sé incidere su un numero considerevole di persone e, quindi, generare numerosi ricorsi. E la loro riunione rischia di ledere il diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole.
Spetta al giudice nazionale, se necessario, disapplicare le disposizioni che gli vietino di separare i ricorsi. Inoltre, esso deve essere in grado di adottare le misure che gli consentano di dirimere la controversia entro un termine ragionevole, evitando al contempo il rischio di sentenze incompatibili pronunciate da giudici diversi.
La Corte ricorda altresì che il diritto dell’Unione conferisce a tutte le persone interessate dalla decisione dell’Autorità il diritto di poterla contestare in sede giurisdizionale. E che nessuno può essere privato del diritto di far valere i propri motivi a sostegno del proprio ricorso all’interno di un dibattito in contraddittorio.
L’esame nel merito del solo ricorso proposto dal Consiglio di vigilanza della banca e il fatto che una sentenza che statuisce su tale ricorso produrrà effetti nei confronti di tutti i soggetti interessati non consentono di ritenere che sia garantito il diritto di qualsiasi altra persona a un ricorso effettivo.
In particolare sull’indipendenza dell’autorità
La Cgue risponde anche sui profili di garanzia dell’indipendenza dell’Autorità di risoluzione della crisi bancaria.
Infatti, in merito all’adozione della decisione controversa, il giudice nazionale del rinvio ha chiesto alla Corte Ue di indicare i requisiti che assicurano l’indipendenza dell’autorità di risoluzione. In particolare, quando questa abbia esercitato anche la funzione di amministratore temporaneo della banca interessata e sia stata incaricata della funzione di garanzia dei depositi bancari.
La Corte osserva che, in caso di esercizio di più funzioni da parte di un’autorità nazionale di risoluzione, il diritto dell’Unione prevede che, quando essa esercita la missione di risoluzione, l’adozione di decisioni di tale autorità deve essere tutelata contro qualsiasi influenza interna estranea a tale missione. Rispetto alle altre sue funzioni, il diritto dell’Unione impone di adottare disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa dell’autorità di risoluzione ed evitare conflitti di interesse.
In assenza di regole interne scritte volte a garantire tale indipendenza, il rispetto del requisito può risultare da misure organizzative o di altro tipo, ma sufficienti a tal fine.
E la mancata pubblicazione di tali regole non comporta automaticamente l’invalidità della decisione di risoluzione. Di contro però è la stessa autorità di risoluzione che è tenuta a dimostrare che tali regole siano state rispettate e che di conseguenza la sua decisione è stata adottata esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della risoluzione.
In conclusione, al centro della sentenza della Corte Ue vi è l’interpretazione dell’articolo 29 della direttiva 2014/59/Ue che ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.