Civile

Danno da condotte collegate: l’interruzione della prescrizione vale per tutti i responsabili

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di Antonino Porracciolo

Se l’evento dannoso dipende da condotte collegate di più soggetti, l’atto che interrompe la prescrizione nei confronti di uno di essi estende gli effetti agli altri responsabili anche se le rispettive obbligazioni si fondano su titoli diversi. È quanto emerge dall’ordinanza 7016/2020 della Cassazione, depositata l’11 marzo.

La questione
La controversia scaturisce dalla richiesta di risarcimento dei danni avanzata, in base all’articolo 2043 del Codice civile, da alcuni investitori nei confronti della Consob, a cui si contestava di non aver vigilato sull’attività di intermediazione mobiliare di due società; si trattava dei danni conseguenti alla perdita delle somme investite in prodotti finanziari proposti da quelle società, successivamente dichiarate fallite.

I giudici di merito avevano ritenuto che il diritto al risarcimento fosse prescritto, affermando che la domanda di insinuazione al passivo fallimentare delle società non era idonea a interrompere la prescrizione nei confronti della Consob; ciò perché erano diversi i titoli della responsabilità della Commissione e delle due società, essendo diversa la pretesa vantata dagli investitori: restitutoria del capitale nei confronti del fallimento delle società (in quanto relativa alle somme investite) e risarcitoria del danno verso la Consob.

In Cassazione
Contro la decisione della Corte d’appello gli investitori hanno proposto ricorso per Cassazione, ribadendo che l’insinuazione al passivo del fallimento aveva avuto efficacia interruttiva della prescrizione anche nei riguardi della Consob.

Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione sottolinea, innanzitutto, la distinzione tra restituzione e risarcimento del danno: la prima mira a ripristinare la situazione di fatto in cui si trovavano originariamente i soggetti del rapporto obbligatorio; l’altro considera anche gli «incrementi di valore che il patrimonio del danneggiato avrebbe potuto conseguire» se l’illecito non fosse stato commesso (articolo 1223 del Codice civile).

Tuttavia - prosegue la sentenza -, in alcune ipotesi il risultato finale delle due azioni si sovrappone, come quando coincidono la cosa chiesta in restituzione e il pregiudizio patrimoniale di cui si domanda il risarcimento. Infatti, in questi casi la «distinzione concettuale delle due azioni non consente di scindere l’oggetto dei due diritti di credito», legati dal «minimo comune denominatore della reintegrazione della diminuzione patrimoniale corrispondente alla prestazione o al bene da restituire»; con la conseguenza che l’unicità dell’evento pregiudizievole è quindi idonea, in base all’articolo 2055 del Codice civile, a fondare la responsabilità solidale di tutti i soggetti che avevano concorso a determinare il danno.

Nella vicenda in esame, le condotte che gli investitori contestavano alla Consob e agli amministratori delle società, nei cui confronti erano state proposte autonome domande di condanna al risarcimento e alle restituzioni, convergevano «nella determinazione del medesimo evento dannoso», e cioè nel pregiudizio provocato dalla perdita del capitale investito.

Ha dunque errato il giudice di secondo grado nell’escludere sia l’unicità dell’evento dannoso sia, quindi, la responsabilità solidale prevista dall'articolo 2055. Così le parti sono state rimesse davanti alla Corte d’appello, che dovrà riesaminare la questione in base ai principi affermati dalla Cassazione.

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