Responsabilità

Danno "Eurounitario" per reiterazione abusiva di contratto a termine, parametri di liquidazione

La stabilizzazione è da ritenersi idonea ad impedire la condanna al risarcimento del danno c.d. eurounitario, solo a condizione che essa sia effettiva e non solo "potenziale" e che ricorrano altresì i rigorosi requisiti di consequenzialità causale rispetto al lavoro precario precedentemente svolto

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ESTRATTO da Responsabilità e Risarcimento - Il Mensile, 2 febbraio 2023 n. 21, p. 7

ESTRATTO da Responsabilità e Risarcimento - Il Mensile, 2 febbraio 2023 n. 21, p. 7 - Commento a cura dell'Avv. Daniela Di Palma - Associate BLB Studio Legale

Corte di Cassazione civ., Sez. L., sentenza del 14 dicembre 2022, n. 36659

La retribuzione globale di fatto da tenere presente, ai sensi della Legge n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, (ora D.Lgs. n. 81 del 2015 art. 28, comma 2) quale parametro liquidatorio del danno da cosiddetto illecito Eurounitario per reiterazione abusiva di contratti a termine è quella del livello formale di inquadramento cui il lavoratore aveva diritto al momento della maturazione della predetta fattispecie di illecito; tuttavia, in ragione della necessità di pieno apprezzamento dell' illecito nella sua interezza, vanno considerati eventuali livelli di inquadramento superiore maturati nei successivi rapporti a termine coinvolti nella medesima fattispecie di abusiva reiterazione dedotta in causa, come anche, con la medesima finalità, eventuali aumenti della retribuzione propria del livello di inquadramento esistente al momento del perfezionarsi dell'illecito, maturati in epoca successiva ma in pendenza di rapporti a termine coinvolti nella medesima fattispecie di abusiva reiterazione, ferma restando, in tutti i casi, la necessità che il ristoro sia determinato, muovendo da tali basi, in modo da prescegliere, nell'ambito del margine stabilito dalle norme (da 2,5 a 12 mensilità) la misura più coerente rispetto al caso concreto, tenuti presenti tutti i parametri di cui al L. n. 604 del 1966, art. 8 in quanto richiamati dall'art. 32, comma 5, L. n. 183 (ora Decreto Contratti D.Lgs. n. 81/2015, art. 28, comma 2).

Il quadro giuridico e normativo

La Corte di Cassazione affronta la vexata quaestio della prova e della quantificazione del risarcimento del danno patito in conseguenza della reiterazione "abusiva" - recte, illecita o contra legem - di rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato nel settore pubblico, cd. illecito Eurounitario.

La questione si pone con particolare riferimento alle modalità di calcolo del danno da cd. illecito Eurounitario e delle necessità che il ristoro sia determinato in modo da prediligere, nell'ambito del margine stabilito dalle norme (da 2,5 a 12 mensilità) la misura più coerente rispetto al caso concreto, tenuti presenti tutti i parametri di cui al L. n. 604 del 1966, art. 8 in quanto richiamati dall'art. 32, comma 5 L. n. 183 (ora Decreto Contratti, D.Lgs. n. 81/2015, art. 28, comma 2).

Ai sensi dell'art. 28 D.Lgs. 81/2015, infatti, "L'impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità previste dal primo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, entro centottanta giorni dalla cessazione del singolo contratto. Trova altresì applicazione il secondo comma del suddetto articolo 6.
Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966.
La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro. In presenza di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità fissata dal comma 2 è ridotto alla metà
''.

In tale contesto si pone la questione affrontata dalla Suprema Corte nella sentenza qui in commento che, deve essere inquadrata, a sua volta, nell'ambito del dato acquisito dalla giurisprudenza in forza del quale il verificarsi della fattispecie della abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato è fonte di danno risarcibile in applicazione dei criteri di cui all'art. 32, co. 5, L. 183/2010 ora art. 28, co. 2, D.Lgs. 81/2015, salva la prova da parte del lavoratore di maggiori pregiudizi, e ciò sul presupposto che la precarizzazione sia in sé fatto pregiudizievole, lesivo della dignità del lavoratore (Cass. 10999/2020), cui deve seguire di diritto il ristoro, per ragioni di effettività della tutela imposte dal risalire della fattispecie ad una violazione di principi eurounitari ( Cass., S.U., 5072/2016 ).

In particolare, la Corte di Cassazione, dapprima nell'ambito del diritto scolastico, ha ritenuto, anche in esito alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 187/2016 , che "devono essere qualificate misure proporzionate, effettive, sufficientemente energiche ed idonee a sanzionare debitamente l'abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'UE, la stabilizzazione prevista nella L. n. 107 del 2015 per il personale docente, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo l'art. 1, comma 109, della L. n. 107 del 2015, nonché l'immissione in ruolo acquisita da docenti e personale ATA attraverso l'operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali'' ( Cass. 22552/2016 ).

Tale principio è stato poi esteso alle stabilizzazioni attuate al di fuori del sistema scolastico ( Cass. 16336/2017 ), per quanto limitatamente ai casi di effettiva stabilizzazione, nel senso che quest'ultima, per avere effetto estintivo del credito risarcitorio, doveva porsi in nesso di causa-effetto rispetto alla pregressa contrattazione a termine ( Cass. 15353/2020 ), "‘non essendo sufficiente che l'assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine'' e non possedendo ‘‘tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l'abuso opera come mero antecedente remoto dell'assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice ‘‘chance'' di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria''
( Cass. 14815/2021 ).

In tali termini, dunque, al di là del diritto scolastico, la stabilizzazione è da ritenersi, anche secondo la giurisprudenza successiva, idonea ad impedire la condanna al risarcimento del danno c.d. eurounitario, solo a condizione che essa sia effettiva e non solo potenziale e ricorrano altresì i rigorosi requisiti di consequenzialità causale rispetto al lavoro precario precedentemente svolto.

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