Danno morale oltre i massimi tabellari per i familiari dello studente morto nel crollo dell'aula
Per la liquidazione equitativa dell'accertato danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita o grave lesione del rapporto parentale, il risarcimento dovuto può superare in casi «eccezionali» i massimali d'indennizzo fissati per i casi standard. E' il principio stabilito dal Tribunale di Torino nella sentenza n. 4007/2015 resa l'1 giugno scorso dalla Quarta sezione civile (giudice Anna Castellina). Per un totale di 2,1 milioni di euro, tra danni patrimoniali e non patrimoniali, la pronuncia ha riconosciuto un maxi risarcimento ai famigliari di Vito Scafidi, studente 17enne deceduto nel 2008 nel crollo di un controsoffitto di un'aula del liceo scientifico “Darwin” di Rivoli, nel Torinese.
Responsabile civile, come accertato, è l'ex Provincia di Torino, oggi Città metropolitana, in qualità di proprietaria dell'istituto (articolo 2053 del Codice civile), tenuta alla sua custodia (articolo 2051 Codice civile) e al risarcimento anche per fatto illecito (articolo 2043 Codice civile). Per «l'adeguamento della liquidazione risarcitoria applicato al caso concreto», riconosciuta l'«eccezionalità ed unicità» dell'evento in relazione soprattutto all'aggravato «”strazio” dei superstiti», l'Ente dovrà ora versare ai ricorrenti le ulteriori somme (1.157.866,06 euro) dopo quelle già versate (943.539,88 euro). Nel processo penale su cause, dinamica e responsabilità del crollo, la Quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato il 3 febbraio scorso le condanne emesse dalla Corte d'Appello di Torino (sentenza n. 3541/2014) per tre funzionari della Provincia responsabili dell'edilizia scolastica e tre insegnanti incaricati in successione della sicurezza nell'istituto.
Il risarcimento del danno non patrimoniale oltre i massimi tabellari
Il giudice ha fatto riferimento ai metodi liquidativi, o cosiddette «tabelle», adottate dal Tribunale di Milano e che, come ricordato nella sentenza, vengono ritenute dalla Cassazione (sentenze n. 12408/2011 e 14402/2011) «quelle statisticamente maggiormente testate, e pertanto le più idonee ad essere assunte quale criterio generale di valutazione' funzionali a garantire “l'intima coerenza dell'ordinamento” che implica la parità di trattamento per casi analoghi e il rispetto dei principi di “adeguatezza” e di “proporzione”». Sul tema, il Tribunale torinese ha ribadito il noto principio di “unitarietà” per cui «il danno deve essere risarcito in tutte le sue componenti, ma “non oltre” (Cassazione, Sezioni Unite n. 26972 del 2008), non essendo consentite duplicazioni risarcitorie <sulla base di diverse, meramente formali denominazioni> (Cassazione 10527/2011 citata che richiama Cassazione 6 aprile 2011 n. 7844)» con riferimento al danno “biologico”, “esistenziale” o “morale”.
Sul punto, si è sottolineato come si sia in ogni caso «ripetutamente affermata la necessità dell'apporto di correttivi ai fini della cosiddetta personalizzazione del ristoro che consenta di pervenire alla relativa determinazione in termini maggiormente congrui, sia sul piano dell'effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione - nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti - sul territorio nazionale (Cassazione n.2228 del 2012)». Per tali ragioni, come chiarito nella sentenza, «ciò può comportare anche il superamento dei limiti massimi in presenza di situazioni di fatto che si discostino in modo apprezzabile da quelle ordinarie sia per elementi non considerati ai fini dell'elaborazione delle tabelle sia per il peculiare atteggiarsi nel caso concreto di quelli viceversa valutati…laddove il limite massimo dei parametri tabellari di base o il limite di oscillazione (in difetto e a fortiori) in aumento dei medesimi si configuri come non superabile, la determinazione dell'ammontare di risarcimento può invero risultare non congrua in riferimento al caso concreto, in quanto irragionevole e sproporzionata per difetto ( Cassazione n. 17879 del 2011), e pertanto sotto tale profilo non integrale (Cassazione n.1361/2014 citata)».
Nel dettaglio, secondo il Tribunale, «il principio di equità e parità di trattamento impone dunque al contempo di non attribuire una valenza incrementativa a situazioni ‘normali' comuni a tutti i casi analoghi e già presuntivamente considerate nel liquidare la componente morale ed esistenziale, ma di valorizzare le peculiarità proprie del caso concreto, tenendo anche conto di quegli stessi parametri indicati nella relazione esplicativa (nella sopravvivenza o meno di altri congiunti, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta)».
L'«eccezionalità» del caso Darwin
Nella fattispecie, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, si è rilevato che «la straordinarietà della tragedia e il contesto in cui è avvenuta (crollo in un'aula scolastica di un controsoffitto e dei tubi di ghisa ivi abbandonati) non sono privi di rilievo nella loro incidenza sull'entità del danno patito dai congiunti e dunque proprio nell'ambito della finalità riparatoria o compensativa che compete al risarcimento civilistico». Nel caso in esame, «il trauma cranio-encefalico determinato dal crollo di un soffitto in un luogo in cui si presume che il proprio figlio, fratello o nipote sia al sicuro e il convincimento che ne consegue sull'evitabilità dell'assurda tragedia per iniziativa di chi ricopriva una posizione di garanzia e un ruolo istituzionale, non possono non aggravare (…) lo “strazio” dei superstiti. E' tale maggior danno che merita ristoro in termini di incremento del valore tabellare».
Secondo il Tribunale, anche l'«enorme (…) risonanza mediatica» della tragedia e la sua già sottolineata «enorme incidenza, anche per il suo impatto sociale, sulla opinione pubblica» – nel 2009, viene ricordato, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha emanato le “Linee guida per il rilevamento della vulnerabilità degli elementi non strutturali nelle scuole” – ne «attribuiscono (…) nel suo complesso quell'eccezionalità che in base alla citata giurisprudenza non solo giustifica ma rende doveroso l'adeguamento della liquidazione al caso concreto», richiamando l'orientamento della Cassazione Civile (sentenza n. 20292/2012) secondo cui «la relativa quantificazione (del danno non patrimoniale, ndr) debba essere tanto più elevata quanto più grave risulti il vulnus alla situazione soggettiva tutelata dalla Costituzione inferto al danneggiato, e tanto più articolata quanto più esso abbia comportato un grave o gravissimo, lungo o irredimibile sconvolgimento della qualità e della quotidianità della vita stessa».
E' stato quindi stabilito che «l'eccezionalità ed unicità del caso (…), rilevanti in termini di intensità della sofferenza, di incapacità di superare il trauma per un evento percepito come ingiusto ed assurdo e di drammaticità dello sconvolgimento esistenziale, giustifica un parimenti eccezionale incremento dei massimi tabellari che si ritiene congruo nella misura del 50% per un totale di euro 491.985,00 per il padre ed euro 213.630,00 per la sorella», posto che le tabelle aggiornate al 2014 – valide al momento della decisione - «prevedono una forbice compresa tra euro 163.990,00 ed euro 327.990,00, mentre per la morte del fratello l'importo è compreso tra euro 23.740,00 ed euro 142.420,00». E anche per il risarcimento del danno subito dai nonni per la perdita del nipote, il Tribunale ha deciso che «l'intensità della frequentazione e del legame, unita alle ulteriori eccezionalità del caso concreto comuni a tutte le parti (…), giustificano la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale con una maggiorazione dei valori tabellari massimi (pari ad euro 142.420,00) che si ritiene congrua nella misura del 20%».
Tribunale di Torino – Sezione IV – Sentenza 1 giugno 2015