Responsabilità

Danno alle opere oggetto di appalto prima del collaudo: chi paga per grandine ed alluvioni?

I profili di responsabilità e le possibili soluzioni per la gestione di tale rischio

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di Federico Gasparinetti*

Gli eventi atmosferici straordinari che negli ultimi mesi hanno flagellato il territorio nazionale hanno riportato l’attenzione su una particolare questione giuridica in tema di contratti di appalto: chi, tra committente o appaltatore , è chiamato a rispondere per i danni occorsi all’opera a seguito di un evento non imputabile agli stessi che ha avuto luogo prima del collaudo?

I casi pratici sono molteplici e spesso contraddistinti da un valore economico considerevole. Si pensi alla grandinata che danneggia in modo grave il cappotto termico posato solo su una delle facciate dell’edificio o che rende inservibili i pannelli solari già collocati sul tetto e connessi alla rete elettrica ma non ancora collaudati.

È evidente che la perdita economica che una delle parti dovrà sopportare è estremamente significativa, sia esso l’appaltatore che deve eseguire una seconda volta la propria attività (e riacquistare il materiale per la stessa necessario), sia esso il committente che deve pagare un importo molto più alto rispetto al corrispettivo originariamente concordato.

La norma

La risposta al quesito sopra riassunto viene data con limpida chiarezza dal codice civile, che all’articolo 1673 , rubricato “Perimento o deterioramento della cosa” stabilisce al primo comma: “Se, per causa non imputabile ad alcuna delle parti, l’opera perisce o è deteriorata prima che sia accettata dal committente o prima che il committente sia in mora a verificarla, il perimento o il deterioramento è a carico dell’appaltatore, qualora questi abbia fornito la materia.”.

La norma di legge pone quindi in essere un distinguo basato sull’identità del soggetto che ha fornito la materia utilizzata per la realizzazione dell’opera oggetto di appalto. Tale suddivisione di responsabilità viene altresì confermata dal successivo secondo comma, a mente del quale “Se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il deterioramento dell’opera è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita, e per il resto è a carico dell’appaltatore.”.

In questo breve articolo ci si soffermerà solo su quelle fattispecie in cui la materia è fornita dall’appaltatore.

Il contenuto della norma ed il rapporto con l’art. 1467 c.c.

L’art. 1673 c.c. disciplina una forma di responsabilità oggettiva ; prescindendo la stessa dall’eventuale colpa del soggetto che ha fornito la materia che è perita o si è deteriorata a causa dell’evento non imputabile alle parti del contratto.

Quanto al contenuto dell’obbligo previsto da tale norma è opportuno richiamare innanzitutto una risalente sentenza della Suprema Corte: “Nell’ipotesi di perimento o deterioramento della cosa per causa non imputabile ad alcuna delle parti, se l’opera può essere ricostruita o riparata, l’appaltatore è tenuto a farlo dietro compenso , non potendo pretendere che il committente riceva l’opera così come è rimasta dopo il fortuito; se invece l’opera è andata totalmente distrutta e non vi è possibilità di ricostruirla, l’appaltatore non solo non è legittimato a conseguire il prezzo per intero od un compenso limitato al lavoro svolto , ma dovrà restituire la somma eventualmente riscossa in anticipo sul prezzo dell’opera stessa.” (Cass. Civ. sent. 1542 del 1966, massimata CED, Cassazione, 1966).

Tornando ad uno degli esempi proposti in premessa, l’appaltatore – a meno che l’opera sia non più ricostruibile – dovrà riacquistare e riposare i pannelli solari da lui già forniti e posati e poi resi inservibili dalla grandine.

Su un punto essenziale va però registrato un’evoluzione giurisprudenziale che si distanzia rispetto a quanto ritenuto dalla Cassazione nella succitata massima.

La giurisprudenza più recente – in linea anche con il dato letterale dell’art. 1673 c.c. – ha infatti ritenuto di chiarire che l’appaltatore non potrà pretendere un maggior corrispettivo rispetto a quanto pattuito nel contratto di appalto, stabilendo che ai sensi dell’art. 1673 c.c.: “il committente ha, anzitutto, diritto ad ottenere dall’appaltatore la ricostruzione dell’immobile, senza alcun compenso aggiuntivo” (Corte d’Appello di Milano, sez. IV, sent. 10.03.2015 n. 1075).

Si osserva tra l’altro che, con specifico riferimento al diritto o meno dell’appaltatore ad un compenso ulteriore, la Corte Meneghina ha espressamente richiamato il diverso orientamento proprio della pronuncia della Cassazione del 1966, sostenendo che sul punto tale sentenza non risulta sufficientemente motivata e comunque non è persuasiva.

È altresì condivisibile l’ulteriore rilievo proposto dalla Corte d’Appello di Milano circa la rilevanza anche di un’ulteriore norma, l’art. 1177 c.c. , che, più in generale rispetto a quanto fatto dall’art. 1673 c.c., prevede che “L’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna” e che pone quindi a carico dell’appaltatore “l obbligazione accessoria della custodia della res fino alla consegna della stessa ” (Corte d’Appello di Milano, op. cit.).

In conclusione si ritiene inoltre che l’appaltatore non possa invocare a tutela dei propri interessi la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c., vanificando una soluzione di senso opposto la ratio stessa di quanto previsto dall’art. 1673 c.c.T

ale tesi è suffragata anche dalla considerazione – che trova conferma nella citata sentenza della Corte d’Appello di Milano – per cui il committente ha diritto, se l’appaltatore rifiuta di ripristinare l’opera danneggiata, di ottenere il risarcimento del danno per equivalente.

Risvolti pratici e possibili soluzioni

La breve disaminata sopra condotta consente di cogliere la grande importanza applicativa che l’art. 1673 c.c. può avere nell’ambito dei contratti di appalto, specie per quelli aventi ad oggetto opere edili, in considerazione sia del valore che spesso tali opere hanno, sia di come le stesse siano per loro natura esposte ad eventi esterni (e non ascrivibili al fatto di alcuna delle parti) come grandinate, alluvioni o incendi.

Quali soluzioni adottare quindi?

Al di là di una sensibilizzazione nei confronti degli appaltatori sull’opportunità di predisporre – ove possibile – presidi tecnici utili a proteggere le opere in corso di realizzazione, sotto un profilo strettamente giuridico appare opportuno soffermarsi sui due seguenti possibili accorgimenti.

Innanzitutto non vi è motivo per non ritenere che l’autonomia negoziale possa derogare all’art. 1673 c.c. e che quindi le parti dispongano in contratto che l’onere di custodia del cantiere e tutti i rischi sino al collaudo passino in capo al committente già con l’inizio dei lavori.Questa soluzione presta però il fianco ad almeno due profili di criticità.

Da un lato è ovviamente necessario ottenere il consenso del committente, che malvolentieri accetterà di farsi carico di oneri e rischi correlati ad eventi da lui non controllabili.

Una soluzione in tal senso potrebbe essere data da un’offerta da parte dell’appaltatore di riduzione dell’importo richiesto per le opere, che fungerebbe quindi da “ corrispettivo ” per l’assunzione del rischio.

Un ulteriore aspetto problematico da tenere in debita considerazione è dato dalla circostanza che in numerosi casi il committente ricopre la qualifica di consumatore ”, come definitivo dall’art. 3, co. 1, lett. a, d.lgs. 206/2005 (cd. “ Codice del Consumo ”).

In queste fattispecie una clausola che capovolge sul committente-consumatore rischi propri dell’appaltatore-professionista potrebbe infatti essere valutata come vessatoria, e quindi nulla, ai sensi dell’art. 33, co. 1, d.lgs. 206/2005, ove venga dimostrato che la stessa ha determinato a carico del committente-consumatore “un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.

Ecco che allora una soluzione che appare come efficace ed in grado di tutelare gli interessi sì dell’appaltatore (ma anche del committente) potrebbe essere data dalla stipula da parte dello stesso appaltatore di una polizza C.A.R. ( Contractor’s All Risks ) che copra tutti i danni che le opere possono subire durante la costruzione, ivi inclusi quelli derivanti da caso fortuito o forza maggiore ed in ispecie da avversità atmosferiche e fatto di terzi esterni rispetto ad appaltatore e committente.

Si osserva che la conclusione di una polizza di questo tipo potrebbe rispondere anche agli interessi del committente, che potrebbe non voler essere esposto al rischio dato dall’eventuale impossibilità per l’appaltatore sia di ricostruire l’opera danneggiata, sia di risarcire il danno per equivalente (perché magari non ha la solidità economico-finanziaria necessaria a far fronte a tale eventualità); in questo caso il costo del premio della polizza potrebbe andare, almeno in parte, a rappresentare una delle voci di cui si compone il corrispettivo richiesto dall’appaltatore.

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*A cura dell’Avv. Federico Gasparinetti - Partner 24ORE


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