Detenuti al 41-bis, limitazioni alla corrispondenza sempre da motivare
Per la Cassazione, sentenza n. 41191 depositata oggi, che ha accolto il ricorso di un boss, lo strumento ordinario è il “visto di censura”
Nel caso di detenuto sottoposto al regime del 41 bis, le “limitazioni” nella corrispondenza non possono essere la norma ma vanno adottate solo in presenza di precise esigenze di sicurezza; lo strumento ordinario previsto è infatti quello del “visto censura” che per essere superato da una misura più afflittiva, va motivato in modo “stringente”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 41191 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un boss di camorra.
Il Tribunale di Napoli, invece, aveva ritenuto del tutto legittime sia le limitazioni alla ricezione di quotidiani dell’area geografica di provenienza del detenuto, sia il limite alla possibilità di inoltrare o ricevere (in via generale) missive da qualsiasi altro soggetto sottoposto al regime del 41 bis ord.pen., considerate le “finalità perseguite dal regime differenziato”.
Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso attaccando il divieto «generalizzato» di scambi epistolari con soggetti sottoposti al medesimo regime, in quanto la legge non consentirebbe un simile divieto «preventivo e generalizzato», prevedendo piuttosto la sottoposizione al «visto di controllo», dunque a una attività di analisi dei contenuti delle missive, a chiunque dirette.
Per la Prima sezione penale il ricorso è fondato. L’articolo 18 ter ord.pen., si legge nella decisione, consente sia «limitazioni» alla corrispondenza epistolare che la «sottoposizione» al visto di controllo, sì da inibire forme di possibile prosecuzione o realizzazione di attività illecita. Il testo dell’articolo 41 bis ord.pen., in rapporto alla finalità di prevenire contatti con l’ambiente criminale di provenienza, indica come contenuto «necessario» del provvedimento applicativo la «sottoposizione a visto di censura della corrispondenza».
Del resto, osserva la Corte, il soggetto sottoposto al regime differenziato continua ad avere “contatti con gli altri detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità”, parimenti sottoposti al regime differenziato. Pertanto, prosegue il ragionamento, non “appare del tutto in linea” con il contenuto della legge “prevedere in assoluto e in via generale un «divieto» di corrispondenza epistolare tra soggetti - tutti - sottoposti al regime differenziato, posto che proprio il contenuto «strutturale» della disposizione di cui all’art. 41 bis ord.pen. induce a ritenere che lo strumento di controllo tipico è rappresentato dal «visto di censura», con verifica caso per caso del contenuto della comunicazione”.
In definitiva, le ‘limitazioni’ previste dall’18 ter comma 1 lettera a), con riguardo alla corrispondenza, possono essere adottate “solo in presenza di specifiche esigenze di sicurezza, da motivarsi in modo stringente, che rendano – in ipotesi – non sufficiente lo strumento ordinario del visto di censura”. La Cassazione ha così disposto l’annullamento del provvedimento con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli.
Sempre la Cassazione con la sentenza n. 14870/2020 aveva affermato che è illegittimo il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza disponga il trattenimento di corrispondenza inviata da un detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen. ad altri detenuti sottoposti al medesimo regime sul fondamento di elementi diversi dal contenuto della singola missiva (nella specie, il mero rilievo della pericolosità del mittente), potendo il controllo riguardare esclusivamente la presenza o meno nel testo della stessa di elementi grafici che ne alterino l’apparente significato al fine di veicolare messaggi in violazione delle specifiche previsioni relative al suddetto regime.
E con la decisione n. 48365/2012, la Suprema corte aveva chiarito che la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall’art. 15 della Costituzione, solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell’art. 18 ter della l. n. 354 del 1975, come modificato dalla legge n. 95 del 2004. Nella specie, la Corte aveva ritenuto meramente apparente la motivazione dell’ordinanza del tribunale di Sorveglianza che, senza far riferimento a esigenze di indagine o a pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblici, aveva disposto il trattenimento di una corrispondenza sul presupposto della cripticità del linguaggio utilizzato e della presenza in essa di disegni dal significato indecifrabile.