Civile

Deve rivestire la forma scritta il contratto d'opera professionale stipulato con la Pa

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Contratti – Contratto d'opera – Pubblica Amministrazione - Osservanza della forma scritta – Redazione dell'atto - Necessaria la sottoscrizione del professionista e dell'organo legittimato ad esprimere la volontà
Il contratto d'opera professionale con la pubblica amministrazione deve rivestire forma scritta ad substantiam. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto che abbia la sottoscrizione del professionista e dell'organo legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno. Inoltre, è necessaria l'indicazione dell'oggetto e l'entità del compenso. Ai fini della validità del contratto, la sussistenza non si può ricavare da altri elementi (per esempio la delibera dell'organo collegiale dell'ente che ha conferito l'incarico), né è sufficiente che il professionista accetti espressamente o tacitamente la delibera a contrarre.
• Corte di Cassazione, sezione II, ordinanza 15 giugno 2020 n. 11465

Pubblica amministrazione - Contratti - In genere - Contratto d'opera professionale - Stipulazione per iscritto da parte dell'organo rappresentativo dell'ente - Necessità "ad substantiam" - Accettazione da parte del professionista della delibera a contrarre - Idoneità - Esclusione - Stipula a distanza secondo l'"uso del commercio" - Inidoneità - Fondamento.
In tema di contratti della P.A., il contratto d'opera professionale deve essere stipulato in forma scritta, a pena di nullità, dall'organo rappresentativo dell'ente, non essendo sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poiché questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare "ad nutum". In senso contrario, non rileva l'art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923, richiamato per i Comuni dall'art. 87 del r.d. n. 383 del 1934, dove è previsto che il contratto con ditte commerciali possa concludersi a distanza, per mezzo di corrispondenza, trattandosi di norma in deroga, applicabile soltanto ai negozi in cui, per esigenze pratiche, la definizione del contenuto dell'accordo è rimessa all'"uso del commercio", tra i quali non rientra il conferimento di incarichi professionali, che postula, invece, la definizione formale dei vari aspetti del rapporto, anche per rendere possibili i controlli istituzionali dell'autorità tutoria.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 17 gennaio 2013 n. 1167

Pubblica amministrazione - Contratti - In genere - Contratto d'opera professionale - Stipulazione - Forma scritta "ad substantiam" - Necessità - Mancanza - Nullità - Sanatoria "per facta concludentia" - Esclusione - Fattispecie
Il contratto d'opera professionale stipulato con la P.A. (nella specie, un comune), anche se questa agisca 'iure privatorum', deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta ex artt. 16 e 17 r.d. n. 2440 del 1923; l'osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonchè l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti (quali, ad esempio, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico, ovvero una missiva con la quale l'organo legittimato a rappresentare l'ente ne abbia comunicato al professionista l'adozione) ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista. Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poichè gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti. (Alla stregua del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di seconde cure che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva accolto l'opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di una somma a titolo di compenso per un incarico professionale svolto per il Comune dall'intimante, dipendente dello stesso in qualità di responsabile del Servizio Assetto e Uso del Territorio, ritenendo che la delibera di conferimento dell'incarico, sulla quale lo stesso intimante fondava la propria pretesa, in mancanza della prescritta formalità, non potesse essere interpretata che come un ordine di servizio del Comune, pur riferito a mansioni esorbitanti dalle mansioni espletate dal pubblico dipendente, che non lo aveva impugnato, dando corso alle prestazioni richieste, sicchè doveva escludersi ogni conferimento di incarico libero-professionale suscettibile di autonomo compenso.)
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 gennaio 2006 n. 22501

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