Responsabilità

Diamanti troppo costosi, spetta alla banca informare il cliente

L’istituto di credito deve chiarire perché il prezzo è superiore a quello di mercato

di Michol Fiorendi

La banca che consiglia l’acquisto di diamanti ha l’obbligo di informare il cliente nel caso in cui il valore delle pietre preziose sia notevolmente inferiore al prezzo effettivamente pagato.
La banca è tenuta, infatti, a ben gestire il capitale dei propri clienti, e tale obbligo include anche la corretta informazione sulle pratiche di investimento consigliate o anche soltanto segnalate. Lo ha affermato il Tribunale di Lucca, con la sentenza del 4 settembre 2020 (estensore, Giovanni Piccioli).

Il fatto
Un cliente cita in giudizio la propria banca, chiedendo al Tribunale di dichiararne la responsabilità precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale per la violazione delle norme di condotta del Codice del consumo e di condannarla al risarcimento del danno subito. La banca lo avrebbe infatti indotto ad acquistare diamanti a un prezzo che solo successivamente, secondo le quotazioni del listino “Rapaport”, si sarebbe rivelato notevolmente superiore al loro reale valore di mercato.

La richiesta di risarcimento si basa sul fatto che l’andamento delle quotazioni dei diamanti, indicato nella brochure come un valore “di mercato”, non corrispondeva alla realtà del mercato ma era, in realtà, una predisposizione unilaterale, tesa a gonfiare il valore delle pietre preziose, inficiando così la possibilità di rivenderle effettivamente al valore più alto indicato. La banca non solo era menzionata nella documentazione della società venditrice dei diamanti, ma aveva anche effettuato un’attività di consulenza ingannevole, volta alla conclusione dell’affare in violazione del Codice del consumo.

La decisione
Secondo il Tribunale le modalità con cui la banca aveva svolto l’offerta avevano consentito la realizzazione della condotta scorretta della società venditrice di diamanti, con la quale la banca stessa aveva un accordo di collaborazione nonostante sostenesse di non effettuare a attività promozionale della società venditrice dei diamanti: nella realtà, invece, selezionava i soggetti cui presentare l'offerta di vendita delle pietre preziose, inducendo il cliente a stipulare il contratto anche in forza della sua stessa presenza e spingendo il cliente a pensare di essere garantito nell'acquisto di diamanti.

I giudici sottolineano che l’istituto di credito ha l’obbligo di evidenziare l’effettivo utilizzo delle somme versate dal cliente, specificando gli importi destinati a servizi e/o oneri aggiuntivi rispetto al prezzo delle pietre e giustificare in tal modo il prezzo effettivamente pagato alla società venditrice. Una segnalazione ancora più doverosa nel caso in cui proprio tale attività svolta dalla banca sia remunerata dalla venditrice.

Sulla scorta di queste ragioni, il Tribunale accoglie la domanda, stabilendo che il risarcimento debba essere pari alla differenza tra la somma complessiva pagata e il valore effettivo dei diamanti, qual è emerso dalla produzione del listino “Rapaport”.

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