Civile

Dichiarazione di fallimento: la desistenza dell’unico creditore non ne comporta la revoca

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di Mario Piselli

L’istanza di fallimento non è una condizione dell’azione che deve persistere fino al passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa di fallimento, ma costituisce un’azione autonoma che, quale presupposto legittimante l’apertura della procedura, deve sussistere al momento della pronuncia della dichiarazione di fallimento e rispetto a quel frangente deve essere verificata anche nel successivo corso del procedimento di impugnazione. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza 28413/2019. Quindi per i giudici della Suprema corte la desistenza dell'unico creditore istante successiva alla dichiarazione del fallimento non comporta la revoca del fallimento stesso.

La desistenza dall’istanza di fallimento

Sul tema della desistenza dall’istanza di fallimento la Corte di cassazione ha precisato che è necessario distinguere tra una desistenza dovuta al pagamento del creditore istante, idonea a comportare, purché sia avvenuta prima della sentenza di fallimento, la revoca della declaratoria di fallimento, e una desistenza non accompagnata da alcuna estinzione del debito.

In questo secondo caso, avendo natura meramente processuale, la rinuncia non può produrre effetto ove non sia presentata al giudice che ne deve tener conto ai fini della decisione ed è, pertanto, inidonea a determinare la revoca della sentenza di fallimento se prodotta soltanto in sede di reclamo. La desistenza conseguente all'estinzione dell'obbligazione, invece, influisce sulla legittimazione del creditore istante e, ove il pagamento risulti avvenuto in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento, ben può essere rappresentata anche al collegio del reclamo al fine di dimostrare il venir meno della legittimazione del creditore istante al momento della dichiarazione di fallimento.

Cassazione – Sezione VI civile – Ordinanza 5 novembre 2019 n. 28413

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