Lavoro

Diploma magistrale insufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento

Lo ha affermato la Corte di cassazione, sentenza n. 4905 depositata oggi, respingendo il ricorso di un gruppo di docenti <br/>

di Francesco Machina Grifeo

Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo (istituite dall'articolo 1, comma 605, della legge n. 296/2006). Lo ha affermato la Corte di cassazione, sentenza n. 4905 depositata oggi, respingendo il ricorso di un gruppo di docenti e confermano il medesimo principio di diritto espresso dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 11/2017, n. 4/2019 e n. 5/2019.

Per la Sezione Lavoro, dunque, i ricorrenti non avevano titolo alla data di entrata in vigore della legge n. 296/2006 per essere inseriti nelle graduatorie permanenti sulla base del solo diploma magistrale, seppure abilitante all'insegnamento. Niente da fare per i docenti che avevano impugnato la sentenza della Corte di Appello di Brescia che aveva respinto l'appello proposto dalle litisconsorti contro la sentenza del Tribunale di Bergamo che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso, proposto nei confronti del Ministero dell'Istruzione dell'università e della Ricerca, volto ad ottenere l'accertamento del diritto ad essere inserite nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per il triennio 2014/2017 per le classi di concorso EEEE e AAAA, ai fini dell'assunzione a tempo indeterminato nell'ambito del piano straordinario di immissione in ruolo.

Neppure, prosegue la Corte, le ricorrenti possono fare leva, per sostenere la fondatezza della loro tesi sul parere n. 3813/2013 reso dal Consiglio di Stato e recepito con Dpr del 25 marzo 2014, "perché la decisione ha riconosciuto al diploma magistrale il valore di titolo abilitante ai soli fini dell'inserimento nella II fascia della graduatoria di circolo o di istituto, mentre in relazione alla questione che qui viene in rilievo ha concluso per l'infondatezza del ricorso, rilevando che i diplomati magistrali non erano inseriti nelle graduatorie permanenti di cui all'articolo 1 Dl 7 aprile 2004 n. 97 e non si trovavano in una delle situazioni transitorie ai fini del conseguimento del titolo abilitante, che la legge stessa prende in considerazione per l'aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento".

Bocciato anche l'argomento che sollecitava un'interpretazione estensiva e comunitariamente orientata della clausola di salvaguardia dettata dall'articolo 1, comma 605, della legge n. 296/2006 sul presupposto dell'applicabilità della clausola 5 dell'Accordo quadro, in quanto "non considera che le graduatorie di istituto o di circolo, nelle quali i diplomati magistrali potevano essere iscritti a prescindere da titoli ulteriori, sono state pensate dal legislatore come strumento per la copertura delle supplenze temporanee, rispetto alle quali non si può porre una questione di reiterazione abusiva (Cass. n. 22552/2016 e prima ancora Corte di Giustizia, la sentenza 26.11.2014 nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 e C.63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri contro MIUR).

Il legislatore, inoltre, con la legge n. 124/1999 e con il regolamento adottato con Dm n. 201/2000 ha dato prevalenza, nel conferimento di tutte le tipologie di supplenze, all'iscrizione nelle graduatorie permanenti, prevedendo, solo come eccezionale e del tutto residuale, la possibilità di utilizzare per le supplenze annuali le graduatorie di istituto, "sicché tutte le considerazioni svolte dalle ricorrenti finiscono per fondarsi su un presupposto assolutamente indimostrato, ossia il carattere abusivo della reiterazione dei contratti a termine stipulati con i diplomati magistrali che, non essendo in re ipsa secondo il sistema, non può essere apprezzato ai fini della normativa di cui si discute".

Accolta invece la doglianza che lamentava l'applicazione della sanzione dell'abuso del processo, non ravvisabile nella fattispecie "perché al momento della proposizione dei ricorsi la questione era controversa, non solo nel merito, ma anche in relazione alla giurisdizione, in ordine alla quale il discrimine è stato individuato dalla Cassazione solo a partire dalle pronunce rese dalle Sezioni Unite all'udienza dell'8 novembre 2016 (n. 25836/2016 e successive conformi).

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