Lavoro

Diritto alla disconnessione. Tra digitalizzazione, lavoro agile e tutela della salute - La risoluzione del Parlamento europeo

I punti fondamentali sono tre. La digitalizzazione, si osserva, ha portato numerosi vantaggi ai datori di lavoro e ai lavoratori, tra cui una flessibilità e un'autonomia maggiori, ma ha anche comportato la nascita di una cultura del "sempre connesso" che può mettere a rischio la salute fisica e mentale dei lavoratori.

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di Aldo Bottini*


Il 21 gennaio scorso, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una lunga e articolata risoluzione nella quale si esorta la Commissione a presentare una proposta di direttiva che garantisca ai lavoratori il diritto alla disconnessione, definito come un "diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale". Il contenuto della proposta è dettagliatamente formulato in un testo di direttiva allegato alla risoluzione.

I punti fondamentali sono tre. La digitalizzazione, si osserva, ha portato numerosi vantaggi ai datori di lavoro e ai lavoratori, tra cui una flessibilità e un'autonomia maggiori, ma ha anche comportato la nascita di una cultura del "sempre connesso" che può mettere a rischio la salute fisica e mentale dei lavoratori. Si rende quindi necessaria, secondo il Parlamento europeo, una normativa dell'Unione che stabilisca requisiti minimi per il lavoro a distanza, primo tra tutti, appunto, il diritto alla disconnessione dagli strumenti al di fuori dell'orario di lavoro, nonché durante ferie, riposi e congedi. La proposta di direttiva dovrebbe poi tutelare da trattamenti sfavorevoli chi esercita il diritto alla disconnessione.

La richiesta di una regolamentazione europea trova fondamento nella attuale disomogeneità delle legislazioni nazionali: non in tutti i paesi vi sono leggi sul lavoro a distanza, e solo in alcuni è espressamente disciplinato il diritto alla disconnessione. Tra questi la Francia, la prima a riconoscere per legge, nel 2016, sulla scorta di pre-esistenti accordi sindacali, il diritto alla disconnessione, che deve essere obbligatoriamente inserito e disciplinato nella contrattazione collettiva delle aziende sopra i 50 dipendenti. Proprio sulla scorta del dibattito suscitato in Francia, il diritto alla disconnessione è apparso nel nostro ordinamento nel 2017, quando è stato inserito tra quegli elementi che devono obbligatoriamente essere contenuti nell'accordo individuale di smart working, una modalità di lavoro che, non essendo rigidamente e necessariamente vincolata ad un preciso orario di lavoro, è certamente più esposta al rischio di una connessione "permanente".

La legge sul lavoro agile (l. 81/2017), infatti, prevede che l'accordo individui "le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro". L'espressione usata dal legislatore italiano è particolarmente incisiva. Certamente è necessario stabilire nell'accordo il diritto del lavoratore a disconnettersi per determinati periodi di tempo, normalmente coincidenti con il riposo minimo giornaliero (11 ore consecutive) e settimanale (24 ore consecutive ogni sette giorni), le festività e le ferie, non rispondendo alle email, ai messaggi e alle telefonate, né accedendo al sistema informativo aziendale, se non addirittura disattivando i dispositivi. Non a caso viene spesso utilizzata l'espressione "periodo di riposo e di disconnessione", che, proprio per le particolari caratteristiche del lavoro agile, viene talvolta individuato con il preciso riferimento ad uno specifico orario (ad esempio dalle 21 alle 8 e l'intera domenica). Ma la formulazione della legge sul lavoro agile ("misure tecniche e organizzative") sembra suggerire qualcosa di più.

Quanto alle misure tecniche, in alcune aziende tedesche sono state sperimentate modalità automatiche di consegna ritardata delle email che partano in determinate fasce orarie, per evitare che il loro arrivo in ore notturne o comunque extra lavorative faccia sentire il lavoratore "in dovere" di rispondere. Anche in Italia c'è chi sta prendendo in considerazione questa possibilità. Si tratta però di misure non semplici da implementare, soprattutto nelle aziende globali, dove il fuso orario gioca un ruolo fondamentale. Più interessante, e soprattutto praticabile, è il profilo relativo alle misure di tipo organizzativo. Queste ultime possono tradursi ad esempio in policy o direttive, rivolte in primo luogo (ma non solo) ai manager, relativamente al corretto utilizzo dei dispositivi, al fine di "gestire l'evoluzione digitale attraverso un uso appropriato della tecnologia, nel pieno rispetto delle persone evitando ogni forma di invasione della vita privata", come si legge, ad esempio, nella Dichiarazione Congiunta sottoscritta il 28/11/2017 da UniCredit con il proprio CAE (Comitato Aziendale Europeo), che riunisce i rappresentanti dei lavoratori del Gruppo. Uso appropriato che può in concreto declinarsi in raccomandazioni/linee guida volte ad evitare l'abuso di telefonate, sms, chat aziendali, whatsapp, etc, l'invio di email al di fuori dell'orario di lavoro e durante i periodi di ferie, riposo o malattia, la limitazione stessa dell'invio di email (soprattutto in copia), la natura eccezionale dell'utilizzo di dispositivi personali per ragioni lavorative. Linee guida di tal genere sono infatti riportate nell'accordo Unicredit/OOSS del 13 aprile 2018, che dà attuazione in Italia alla citata dichiarazione congiunta europea.

Il diritto alla disconnessione è infatti entrato nelle piattaforme sindacali e nelle negoziazioni collettive, come barriera all'invasività degli strumenti e alla rottura dei confini tra vita lavorativa e vita privata. Ne è un recente esempio il rinnovo del CCNL del settore bancario, sottoscritto nel dicembre 2019. Qualora poi tali raccomandazioni o linee guida assumano, ancor più incisivamente, la forma di disposizioni vincolanti rivolte ai dipendenti e richiamate nei codici disciplinari, sarebbe addirittura ipotizzabile la sanzionabilità dei comportamenti difformi. Sarebbe così possibile considerare pienamente adempiuto il precetto legislativo sulla predisposizione di misure organizzative a tutela del diritto alla disconnessione. Anche se, come correttamente alcuni rilevano, la vera garanzia di tale diritto è affidata, più che a strumenti repressivi, al diffondersi di una cultura dell'uso responsabile degli strumenti tecnologici di comunicazione e di lavoro, che consenta anche di evitare l'introduzione di normative troppo rigide, che, in nome della tutela dei diritti, soffochino la flessibilità e l'autodeterminazione dei tempi di lavoro che lo smart working consente.

*a cura di Aldo Bottini, partner di Toffoletto De Luca Tamajo

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