Dirottamento del bus, la finalità terroristica non solleva il vettore e il MIUR dalla responsabilità
Responsabilità solidale della società di trasporto, quale datore di lavoro dell'imputato, e del MIUR quale responsabile della mancata sicurezza degli alunni
Corte di Assise Milano, sentenza del 14 settembre 2020 n.4
La sentenza
Sono state rese note le motivazioni della sentenza di primo grado relativa alla vicenda di cronaca sul dirottamento del Bus della scuola di Crema: l'imputato è stato condannato a 24 anni di reclusione per i reati di sequestro di persona ed attentato per scopi di terrorismo ed eversione (artt. 280 e 289 bis c.p.).
È stata inoltre riconosciuta la responsabilità civile solidale della società di trasporto quale datore di lavoro dell'imputato e responsabile civile dell'evento e il MIUR, quindi la scuola, quale responsabile della mancata sicurezza degli alunni. È stata quindi concessa una provvisionale di € 25.000 (venticinquemila) per ciascun ragazzo ed € 3000 (tremila) per ogni genitore.
Le motivazioni
La sentenza ha affermato la responsabilità solidale della società di trasporto per quanto commesso dall'autista dipendente. Al riguardo, il Tribunale ha fatto proprio l'insegnamento tradizionale della giurisprudenza secondo cui il datore di lavoro risponde del fatto colposo o doloso del dipendente ogni volta che le mansioni assegnate a quest'ultimo abbiano agevolato la commissione dell'evento. È stato ritenuto del tutto irrilevante, da un punto di vista civilistico, la circostanza che il fatto illecito commesso dall'autista avesse finalità terroristiche.
La responsabilità per fatto altrui è, del resto, nel nostro ordinamento prevista in funzione solidaristica ed è diretta ad addossare i costi sociali di un evento o di un fatto commesso da un soggetto a colui che, solitamente, si giova dell'opera dell'autore del reato.
Peraltro, l'uso improprio del mezzo di trasporto da parte di un autista e persino la deviazione dell'itinerario a fini terroristici, sono purtroppo circostanze non più imprevedibili nell'attuale contesto socio-economico e, al contrario, devono essere annoverate tra i rischi connessi all'esercizio dell'attività di trasporto pubblico. L'esclusione della responsabilità della società di trasporto, oltre ad essere del tutto contrastante con i principi che presiedono la materia, avrebbe aperto scenari inquietanti per la politica del diritto.
Pregevole è, inoltre, la posizione assunta dal Tribunale con riferimento alla responsabilità della scuola e del Ministero per gli atti compiuti dall'autista del bus. Sotto tale profilo, il Tribunale ha, condivisibilmente, affermato che, dal momento dell'ingresso in classe, incombe innanzitutto sulla scuola il dovere di protezione dei minori; tale dovere di protezione cessa solo allorché la custodia del minore sia validamente trasferita ad altri soggetti al termine delle lezioni (un genitore o una persona da questi delegata).
Nel caso di specie, l'evento è avvenuto nel corso della giornata scolastica e ad opera di soggetti che non avevano in alcun modo assunto la formale custodia degli alunni.
Infatti, secondo l'attenta ricostruzione del Tribunale, era la scuola ed il Ministero che esercitavano il potere di direttiva, vigilanza e controllo sulle prestazioni della società di trasporto, a prescindere da qualsivoglia formalizzazione dell'incarico e mantenendo la titolarità del dovere di protezione degli studenti; il servizio di trasporto era svolto per conto e sotto la direttiva ed il controllo del Ministero che, pertanto, assumeva la posizione di committente di fatto.
Ne consegue – secondo la ricostruzione del Tribunale – che la Scuola/il Ministero debba rispondere dell'accaduto, senza che abbia rilievo l'eventuale assenza di profili di colpa nella selezione della società di trasporto o dell'autista. La riconducibilità dell'attività del vettore alla Scuola nell'ambito di un contratto di appalto di fatto determina infatti l'applicazione della responsabilità oggettiva per fatto altrui; a tale riguardo è stata ritenuta sufficiente l'astratta possibilità della scuola di intervenire e censurare il corretto adempimento della prestazione da parte della Società di trasporto e del suo personale, in ossequio alle esigenze di solidarietà sociale più sopra richiamate ed ispiratrici della disciplina dell'art. 2049 c.c..
I DANNI NON PATRIMONIALI SUBITI DALLA VITTIME PRIMARIE DEL REATO (I RAGAZZI E I LORO ACCOMPAGNATORI) .
E' la prima volta che in Italia viene affrontato il tema del risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalle vittime dei reati di sequestro di persona e attentato alla vita delle persone a scopo di terrorismo, quantomeno in relazione ad un evento così particolare, caratterizzato, da un lato, dalla estrema drammaticità degli eventi (peraltro ai danni di minori ) e dall'altro lato, dalla repentinità in cui detti eventi si sono svolti (il sequestro è durato 1 ora) e che avrebbe potuto anche portare i giudici a sminuire la portata del fatto, sia pure in sé drammatico, e delle relative conseguenze.
Alla peculiarità della situazione sostanziale si è aggiunta la particolarità della situazione processuale: benché l'istruttoria avesse consentito di dare evidenza della sofferenza e del pregiudizio psichico subito dai ragazzi sequestrati, e della insorgenza di un disturbo post traumatico da stress nel periodo immediatamente successivo all'evento, non vi è stata la possibilità di procedere alla analitica verifica della insorgenza, in capo a ciascun ragazzo, di un disturbo di natura psichica di natura permanente, che per sua stessa natura richiede un tempo diagnostico superiore a quello di celebrazione del giudizio. In un simile contesto è certamente degno di nota il riconoscimento, in favore di ciascun ragazzo, di una provvisionale non soltanto simbolica, per l'importo di € 25.000, importo che, in considerazione della necessaria compressione delle componenti di natura psichica, che dovranno invece trovare adeguato approfondimento nel giudizio di risarcimento civile al maturare del periodo clinico di osservazione funzionale alla diagnosi, riflette innanzitutto, e soprattutto, il danno morale subito dai ragazzi in quel drammatico lasso di tempo intercorso fino alla loro liberazione.
Lo spazio risarcitorio riconosciuto dalla Corte d'Assise ad una simile componente di matrice morale rappresenta pertanto un interessante precedente certamente idoneo ad estendere la riflessione sui temi del risarcimento del "danno terminale", in una prospettiva più ampia del danno cd. tanatologico al quale fino ad oggi è stata dedicata l'attenzione, capace di valorizzare lo stato di profonda angoscia derivante dalla percezione della imminenza della morte piuttosto che le sofferenze causate da un quadro clinico gravemente compromesso che conduce al decesso, fino a prescindere dall'evento morte, in funzione di una adeguata risposta risarcitoria ai reati di sequestro di persona e attentato alla vita delle persone a scopo di terrorismo.
I DANNI NON PATRIMONIALI SUBITI DAI FAMILIARI DEI MINORI
Altrettanto meritevole di segnalazione risulta altresì il riconoscimento, in favore di ciascun genitore dei minori sequestrati, di una provvisionale di € 3.000, quale ristoro dell'angoscia subita alla notizia del sequestro e delle sofferenze ai quali gli stessi sono andati incontro a causa del pregiudizio psichico subito dai figli che ne ha modificato, quantomeno nella fase acuta del disturbo post traumatico da stress, abitudini quotidiane e stili di vita.
La sentenza è stata qui capace di liberare i principi di matrice giurisprudenziale in tema di danni morali riflessi in favore degli stretti congiunti delle vittime primarie di un reato in un contesto fattuale alquanto più ampio rispetto a quello che lo ha visto svilupparsi, e limitato ad una importante compromissione di matrice biologica permanente in capo al minore, riconoscendo invece giuridica rilevanza anche alla sofferenza riflessa del genitore conseguente ad un evento traumatico di natura squisitamente psichica che ha colpito il figlio.
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*Studio Legale SZA