Penale

Discarica abusiva, la bonifica dopo l'ordinanza di sgombero o l'avvio del giudizio non attenua il reato

immagine non disponibile

di Paola Rossi

Chi commette il reato derivante dalla gestione di una discarica abusiva non può invocare l'attenuante dell'avvenuta riparazione del danno perché ha ottemperato all'ordinanza di sgombero del Sindaco. Infatti, come precisa la Cassazione con la sentenza n. 40378 depositata ieri, l'attenuante comune (prevista al n. 6 dell'articolo 62 del codice penale) opera solo se c'è stata la bonifica «volontaria» prima del giudizio e se non è stata emessa precedentemente l'ordinanza sindacale di ripristino dei luoghi.

L'attenuante - La Corte coglie l'occasione per dettare un principio di diritto - valevole non solo in caso di discarica abusiva, ma per tutti i reati in materia di rifiuti - secondo cui l'attenuante dell'avvenuta riparazione del fatto dannoso o quella dell'essersi adoperato per limitarne le conseguenze o eliminarle del tutto va riconosciuta solo quando si tratti di comportamento volontario realizzato in epoca anteriore al giudizio sul reato e in assenza di ordine specifico in tal senso da parte dell'autorità. Quindi la bonifica o il prodigarsi per rimuovere conseguenze pericolose della propria condotta offensiva in materia ambientale consente di ottenere un trattamento sanzionatorio sensibilmente più mite solo se ricorrono le due condizioni.

La nozione di rifiuto - La sentenza nella sua brevità affronta in maniera ugualmente centrale l'inquadramento di un bene nella nozione di rifiuto precisando che vi rientra anche quel bene potenzialmente commerciabile e non basta la prova della finalità della cessione a terzi. Nel caso specifico si trattava soprattutto di rottami d'auto destinati all'eventuale riutilizzo come pezzi di ricambio. La discarica è determinata dal fatto materiale dell'accumulo di rifiuti e scatta il reato in mancanza di autorizzazione se tale situazione di fatto non è incontrovertibilmente temporanea - come affermato dai ricorrenti - ma è connotata da una condotta ripetuta realizzata in un'area determinata. Una siffatta area diventa un deposito «di fatto» in base alla tendenziale definitività dello stato dei luoghi dove sono ammassate considerevoli quantità di rifiuti o di scarti di lavorazione a questi assimilati. Ricorrendo tali caratteristiche è individuabile la fattispecie della discarica abusiva anche in assenza dello svolgimento di attività di trasformazione, recupero o riciclo proprie di quella autorizzata.

Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 2 ottobre 2019 n.40378

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©