Professione e Mercato

Disciplinare avvocati, alla Consulta il divieto di cancellazione durante il procedimento

Le Sezioni unite, ordinanza interlocutoria n. 19197 depositata oggi - non essendo percorribile la strada di una interpretazione conforme a Costituzione – hanno rimesso alla Consulta l’articolo 57 della legge sull’Ordinamento forense (247/2012)

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di Francesco Machina Grifeo

Il divieto di cancellazione dall’albo per l’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare finisce al vaglio della Corte costituzionale. Le Sezioni unite, ordinanza interlocutoria n. 19197 depositata oggi - non essendo percorribile la strada di una interpretazione della disposizione conforme a Costituzione – hanno infatti rimesso alla Consulta l’articolo 57 della legge sull’Ordinamento forense (247/2012) perché “pone seri dubbi di costituzionalità nella parte in cui non prevede deroghe al divieto allorquando la perdurante iscrizione all’Albo comporti la lesione di diritti fondamentali del professionista, per violazione degli artt. 2,3,4,35,41 della Costituzione”.

Il caso era quello di legale iscritto all’Ordine di Lucca che aveva chiesto la cancellazione dall’albo in considerazione del suo grave stato di salute che gli impediva lo svolgimento di qualsiasi attività professionale. Ma il Coa glielo aveva negato in considerazione della pendenza di diversi procedimenti disciplinari aperti dinanzi al competente Consiglio distrettuale. Proposto ricorso, il Consiglio nazionale forense aveva accolto la richiesta censurando il diniego in considerazione della documentazione presentata che provava le precarie condizioni di salute e il diritto a fruire di trattamenti previdenziali e assistenziali. Per il Cnf il godimento dei diritti fondamentali, quale quello alla pensione di anzianità che per gli avvocati è subordinato alla cancellazione dall’albo professionale, prevale, in virtù della copertura costituzionale del diritto alla previdenza sancito dall’art 38 Cost., sulla disposizione dell’ordinamento forense interdittiva.

Ma il Coa di Lucca chiamato a darvi esecuzione ha invece proposto ricorso in Cassazione affermando tra l’altro che la nettezza e univocità della formulazione letterale dell’art. 57 (a mente del quale «durante lo svolgimento del procedimento, dal giorno dell’invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina non può essere deliberata la cancellazione dall’albo») non consentirebbe di assoggettare il divieto, ivi contenuto, a eccezioni di sorta.

Le S.U. premettono che la giurisprudenza disciplinare del Cnf, incline a una interpretazione costituzionalmente orientata, “non può, tuttavia, costituire diritto vivente non promanando dall’organo giudiziario di legittimità”. Peraltro, aggiunge, essa più volte si traduce in una “declamazione di principio, non risultando mai esplicitato il diritto inviolabile dedotto a fondamento della domanda di cancellazione”.

Esclusa quindi la possibilità di una interpretazione adeguatrice della legge professionale forense, il Collegio non ravvisa un vulnus ai parametri costituzionali evocati, vale a dire gli articoli 32 e 38 della Costituzione. In quanto la tutela della salute non può propriamente dirsi violata dal divieto di cancellazione dall’albo, non essendovi comunque un obbligo di esercitare l’attività; né è pertinente il richiamo all’art. 38 Cost., non risultando infirmata la tutela previdenziale e assistenziale del professionista.

Tuttavia, prosegue la decisione, il Collegio ravvisa profili di irragionevolezza intrinseca e incoerenza nel sistema normativo che, nel sanzionare la condotta del professionista non conformata alle regole di deontologia professionale, vieta la cancellazione volontaria dall’Albo affinché detto espediente non diventi strumenti per sottrarsi alla potestà disciplinare. Sarebbe infatti sufficiente, per scongiurare qualsivoglia finalità meramente elusiva del professionista, un intervento normativo, de jure condendo, che introducesse, come strumento di salvaguardia, la sospensione dei termini di prescrizione dell’azione disciplinare per effetto della cancellazione volontaria.

Mentre la norma viene considerata non conforme all’art.2 Cost. per l’irragionevole compromissione derivante dalla coartata permanenza nel gruppo professionale non più espressione, ormai, di una scelta di libertà. Ma anche con riferimento all’art. 3 Cost. per l’irragionevolezza di precludere la libera electio del professionista di autodeterminarsi nella cancellazione dall’albo. Né sarebbe conforme all’art. 4 Cost., nel cui alveo va ricondotta l’attività del professionista. L’iscrizione coattiva all’Albo stride con il diritto di libertà del professionista al lavoro e il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. E ancora, non si conformerebbe neppure all’art. 35 Cost., e alla tutela del lavoro in tutte le sue forme, la cui portata generale include le libere professioni e, all’evidenza, la professione forense. Infine, all’art. 41, primo comma, Cost., per essere l’iniziativa economica privata del professionista, per effetto del divieto di cancellazione, avulsa dalla libera scelta dell’autonomo svolgimento di un’attività economica socialmente utile.

Giudizio sospeso in attesa della decisione della Corte costituzionale.

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