Distanza tra pareti finestrate di edifici che si guardano: va osservata anche se non c'è veduta su bene altrui
Ai fini dell'applicazione della norma di cui all'articolo 9 del Dm n. 1444 del 1968, assume carattere preminente, nel calcolo delle distanze, la parete munita di finestre, nel suo sviluppo ideale verticale od orizzontale rispetto alla frontistante facciata per cui è del tutto irrilevante che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all'altra, atteso che il regolamento edilizio che impone una distanza minima tra pareti finestrate di edifici fronteggiantesi, deve essere osservato anche se dalle finestre dell'uno non è possibile la veduta sull'altro perché la ratio di tale normativa non è la tutela della privacy, bensì il decoro e la sicurezza, ed evitare intercapedini dannose tra pareti.
Per la Suprema corte, ordinanza 19 febbraio 2019 n. 4834, quando il soccombente nel giudizio in tema di distanze per l'apertura di vedute e balconi impugni la sentenza del giudice di merito che lo abbia condannato alla demolizione dei propri balconi realizzati a confine in violazione dell'articolo 905 del codice civile, deducendo che era sufficiente, ai fini del rispetto delle predette distanze, l'adozione di diversi specifici accorgimenti, deve affermarsi che l'eliminazione delle vedute abusive può essere realizzata non solo mediante la demolizione delle porzioni immobiliari per mezzo delle quali si realizza la violazione di legge lamentata, ma anche attraverso la predisposizione di idonei accorgimenti che impediscano di esercitare la veduta sul fondo altrui, come l'arretramento del parapetto o l'apposizione di idonei pannelli che rendano impossibile il "prospicere" e l'"inspicere in alienum".
Non incorre, comunque, in ultrapetizione il giudice che, richiesto dell'ordine di demolizione della costruzione, ne ordini il semplice arretramento, essendo la decisione contenuta nei limiti della più ampia domanda di parte, senza esulare dalla "causa petendi", intesa come insieme di circostanze di fatto poste a base della pretesa.
Cassazione – Sezione II civile – Ordinanza 19 febbraio 2019 n. 4834