Civile

Distinzione tra motivazione dell'avviso di accertamento e prova in giudizio dei fatti costitutivi della pretesa impositiva

La fase processuale appropriata per verificare la configurabilità dei presupposti d'imposta è quella riconducibile all'istruzione probatoria processuale che nulla centra con l'aspetto formale dell'avviso di accertamento previsto dall'art.7 della L.n°212/2000

di Giuseppe Durante*

In caso di impugnazione di un avviso di accertamento emesso e notificato dall'AdE per un eventuale difetto di motivazione dello stesso, occorre sempre distinguere tra la questione dell'esistenza della motivazione dell'atto impositivo, requisito formale di validità dell'atto stesso ex art.7 della L.n°212/2000 e quella concernente invece l'indicazione nonchè l'effettiva esistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria che, in quanto tale, non è prescritta quale elemento costitutivo della validità dell'atto impositivo, ma, è disciplinata dalle regole processuali dell'istruzione probatoria da applicarsi nello svolgimento del giudizio.

Due aspetti diversi riconducibili ad una stessa situazione impositiva che pertanto non coincidono. E' quanto ha precisato la Corte di Cassazione in occasione dell'Ordinanza n° 14814 del 10/05/2022.

Si tratta di una distinzione non sempre chiara e non di poco conto focalizzata dagli Ermellini nell'Ordinanza in commento da cui dipende la fondatezza o meno del motivo di doglianza specifico sul difetto di motivazione avverso un avviso di accertamento.

In altre parole, la Corte ha precisato che in chiave squisitamente motivazionale, una cosa è il difetto di motivazione o ancora la mancanza assoluta di motivazione dell'avviso di accertamento poiché lo stesso omette elementi imprescindibili sconosciuti al contribuente, con grave, inevitabile pregiudizio per l'esercizio del diritto di difesa; una aspetto diverso altrettanto contestabile sub judice è la mancanza nell'atto opposto degli elementi giustificativi dei fatti che legittimano la pretesa impositiva che, in quanto tali, non attengono all'aspetto formale (come per il difetto di motivazione) dell'atto opposto ma quello meramente sostanziale, direttamente riconducibile al merito della pretesa impositiva azionata dall'ufficio. Trattasi di un aspetto altrettanto importante ma comunque estraneo alla sfera meramente motivazionale - formale dell'avviso di accertamento.

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell'Ordinanza n°14814 del 10 maggio 2022

La questione impositiva posta al vaglio degli Ermellini rinviene nel caso di specie da tre specifici motivi di doglianza sollevati dall'Avvocatura Generale dello Stato avverso la pronuncia della CTR in sede di gravame.

In particolare, con il primo motivo di doglianza l'ufficio ha denunciato, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, L. n. 212 del 2000 nonché dell'art 56 d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR ritenuto, in sede di gravame, ai fini della validità della motivazione dell'avviso di accertamento, configurabile l'onere di allegazione degli atti richiamati nell'atto impositivo, ignorando la circostanza della pregressa conoscenza degli stessi da parte del contribuente.

Con il secondo motivo di doglianza l'Avvocatura ha denunciato sempre, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, L. n. 212 del 2000 nonché dell'art. 56 d.P.R. n. 633 del 1972, per aver il giudice tributario di appello ritenuto, ai fini della validità dell'avviso di accertamento, sussistere l'onere di allegazione degli atti a prescindere dalla riproduzione, nell'avviso stesso, del loro contenuto essenziale.

Con il terzo motivo l'ufficio ha denunciato, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 7, comma 1, L n. 212 del 2000 per aver la CTR adita fatto mal governo della norma relativa all'onere di motivazione degli avvisi di accertamento che impone espressamente di indicare i presupposti in fatto e le ragioni giuridiche della pretesa impositiva, nonché, di allegare gli atti in esso richiamati, ma non anche di allegare all'avviso i documenti contenenti la prova dei presupposti di fatto posti a fondamento della ripresa.

La Corte adita ha ritenuto fondati nel caso di specie i tre motivi di doglianza sollevati dall'Avvocatura, a difesa dell'operato dell'ufficio impositore. In particolare, hanno precisato i Giudici di Palazzaccio che occorre rilevare che, in primo luogo, secondo il consolidato orientamento della Corte "in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l'obbligo dell'Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell'avviso (art. 7, legge 27 luglio 2000, n. 212) va inteso in necessaria correlazione con la finalità "integrativa" delle ragioni che per l'Amministrazione emittente sorreggono l'atto impositivo, secondo quanto dispone l'art. 3, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241: il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell'atto impositivo e solo perché ad essi si operi un riferimento, nel caso in cui la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore "narrativo"), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell'atto impositivo) sia già riportato nell'atto noto".

In altre parole, hanno precisato gli Ermellini che, in caso di impugnazione dell'avviso di accertamento dal punto di vista formale, non basta che il contribuente dimostri l'esistenza di atti a lui sconosciuti e a cui l'atto impositivo fa riferimento; diversamente, necessita la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti non riportata nell'atto impositivo sia necessaria ad integrarne la motivazione, concretizzando ciò un difetto di motivazione dell'avviso.

In secondo luogo, va ribadita la distinzione tra la questione dell'esistenza ( o meno) della motivazione dell'atto impositivo, requisito formale di validità a cui è strettamente subordinata la legittimità dell'atto stesso, e quella concernente invece l'indicazione nonchè l'effettiva esistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, che, in quanto tale, non è prescritta quale elemento costitutivo da cui dipende la validità dell'avviso di accertamento; diversamente, è disciplinata dalle regole processuali riferite all'istruzione probatoria da applicarsi nello svolgimento del giudizio (Cass. n. 8399 del 05/04/2013; Cass. n. 6524 del 09/03/2020; Cass. n. 20428 del 28/09/2020).

Ancora, i Giudici di Palazzaccio hanno richiamato nell'Ordinanza in commento, il principio generale già pacifico secondo il quale "in tema di avviso di accertamento, l'onere di allegazione di cui all'art. 7 della L.n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell'atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa del contribuente quale destinatario della pretesa impositiva". In altre parole, come già evidenziato dalla stessa Cassazione in molte altre pronunce l'obbligo dell'allegazione degli atti richiamati nell'atto principale disposto nell'ultima parte dell'art.7, comma 1 della L.n°212/2000, non riguarda atti già conosciuti o comunque potenzialmente conoscibili dal contribuente.

Orbene, con riferimento alla questione di cui si tratta, la CTR ha fondato la propria statuizione di nullità dell'avviso di accertamento notificato dall'Ufficio per difetto di motivazione su un duplice assunto:
a) ogni atto cui l'avviso di accertamento fa riferimento deve essere allegato all'avviso che lo richiama;
b) la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto è recessiva rispetto all'obbligo di allegazione che va comunque osservato.

Secondo gli Ermellini la CTR avrebbe, in primo luogo, del tutto obliterato la distinzione tra requisiti di validità della motivazione e prova concernente la fondatezza della pretesa impositiva, ritenendo, il giudice tributario di appello, che l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento include anche la prova dei presupposti di fatto indicati nella motivazione dell'avviso e che concretizzano la fondatezza della richiesta erariale che, deve essere sì concreta e specifica, con indicazione del petitum e della causa petendi, con la ricostruzione degli elementi costitutivi, ma non implica che già in tale momento meramente formale (quello che riguarda l'obbligo della motivazione) sia corredato della prova degli stessi. Infatti, la fase processuale appropriata per verificare la configurabilità dei presupposti d'imposta è quella riconducibile all'istruzione probatoria processuale che nulla centra con l'aspetto formale dell'avviso di accertamento previsto dal più volte richiamato art.7 della L.n°212/2000.
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*A cura del Prof. Avv. Giuseppe Durante, Professore a contratto in Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia Università LUM "G. De Gennaro "in Bari - Avvocato Tributarista – Partner 24 ORE

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