Penale

Divieto di avvicinamento alla persona offesa: la definizione del perimetro alle sezioni Unite

La prescrizione di non recarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla vittima oscilla tra generico divieto e specifiche indicazioni

di Paola Rossi

La questione rimessa alle sezioni Unite penali della Cassazione è: se nel disporre il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa sia necessaria l'indicazione specifica di tali luoghi da parte del giudice.

La rimessione della sesta sezione, disposta con l'ordinanza 8077/2021, chiede una risposta di nomofilachia per il rilevato contrasto giurisprudenziale delineatosi anche all'interno della stessa sezione. Nel caso specifico si trattava di misura scattata per un reato di maltrattamenti in famiglia, consumato dall'imputato ai danni della madre. Il punto di frizione è individuato, in particolare, da quale sia la corretta lettura da dare alle due prescrizioni contenute nell'articolo 282 ter del Codice di procedura penale, che prevede tale divieto di avvicnamento in riferimento:
- sia alla persona fisica-vittima
- sia ai luoghi da questa abitualmente frequentati.

Dall'analisi della giurisprudenza sviluppatasi in materia, la sesta sezione penale fa rilevare - e sembra propendere per tale approccio - che centro di una corretta statuizione del divieto è l'analisi del caso concreto. Ciò che garantisce tutte le parti coinvolte nel bilanciamento di diritti e doveri e persino tutela l'autore del reato dal dover sopportare "ingiustamente" una misura che contenga prescrizioni puramente afflittive - in tema di libertà personale - e non finalizzate allo scopo precipuo del divieto, cioè evitare contatti tra lui e la vittima del reato contestato. Come fa, infatti, rilevare l'ordinanza contro alcuni reati è più idonea la prescrizione di non avvicinarsi alla vittima "entro una certa distanza", mentre in altri casi, anche al fine di evitare incontri occasionali, è più efficace la previsione esplicita dei luoghi vietati. L'ordinanza di rimessione fa rilevare che l'introduzione del reato di atti persecutori è stata l'altra occasione, per la giurisprudenza, di offrire la corretta lettura del comma 1 dell'articolo 282 ter del Codice di procedura penale. E la Cassazione sottolinea che quando l'imputato è uno stalker di norma la sua condotta punta direttamente contro la persona da lui perseguitata, rendendo del tutto inidonea una prescrizione di divieto perimetrata soltanto a individuati specifici luoghi.

Con il provvedimento, che dispone il divieto di avvicinamento, il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati "abitualmente frequentati dalla persona offesa" ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.

Si tratterebbe di capire l'alternatività o meno delle prescrizioni - di non avvicinarsi ai luoghi o alla persona - e soprattutto di affermare se, quando si applica il criterio spaziale, sia sufficiente un divieto generico o specifico per valutare le eventuali infrazioni al divieto.

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