Penale

Divulgazione materiale pedopornografico, non basta scaricare programmi di condivisione

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di Giuseppe Amato


In tema di pornografia minorile, affinché sussista il reato di divulgazione di materiale pedopornografico di cui all'articolo 600-ter, comma 3, del Cp, non è sufficiente l'utilizzo per lo scaricamento di files da Internet di programmi di condivisione, quale il programma E-Mule, giacché tale utilizzo, di per sé, non può implicare la volontà, nel soggetto agente, di divulgare detto materiale. Lo sostiene la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza 45922 del 2014.

Una corretta affermazione - Si tratta di affermazione esatta. Infatti, non è dubitabile che, affinché sussista il dolo del reato di divulgazione di materiale pedopornografico di cui all'articolo 600-ter, comma 3, del Cp, occorre provare che il soggetto abbia avuto, non solo la volontà di procurarsi materiale pedopornografico, ma anche la specifica volontà di distribuirlo, divulgarlo, diffonderlo o pubblicizzarlo, desumibile da elementi specifici e ulteriori rispetto al mero uso di un programma di file sharing.

Per l'effetto, l'utilizzo, per lo scaricamento di files da Internet, di un determinato tipo di programma di condivisione, quale E-Mule o simili, non è sufficiente di per sé a far ritenere altresì provata anche la volontà di diffusione del materiale, giacché, diversamente opinando, si configurerebbe una sorta di presunzione iuris et de iure di volontà di diffusione o una sorta di responsabilità oggettiva, fondate esclusivamente sul fatto che, per procurarsi il file, il soggetto abbia utilizzato un determinato programma di condivisione (di recente, sezione III, 30 aprile 2014, Cerri, che, da queste premesse, ha annullato con rinvio la condanna basata solo sulla valorizzazione dell'utilizzo di un programma di file sharing, invitando il giudice a verificare se la condotta e volontà dell'imputato fossero di semplice approvvigionamento o piuttosto quelle di diffondere o divulgare a terzi il materiale pedopornografico che in precedenza questi si era procurato o aveva creato; in termini, sezione III, 10 novembre 2011, Pagura, dove si è affermato che, in tema di reato di divulgazione e diffusione di materiale pedopornografico, l'utilizzo, ai fini dell'acquisizione via Internet di detto materiale, di programmi che comportino l'automatica condivisione dello stesso con altri utenti - nella specie il programma denominato “Kazaa” - non implica per ciò solo, e in assenza di ulteriori specifici elementi, la volontà, nel soggetto agente, di divulgare detto materiale).

Corte di cassazione – Sezione III penale – Sentenza 6 novembre 2014 n. 45922

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