Documento unico di Regolarità Fiscale (DURF): nozione e profili di giurisdizione in caso di diniego
Nota a sentenza, TAR Veneto, Sez. III, 19.04.2021, n. 515
Di recente, una società si è rivolta al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Veneto chiedendo l'annullamento di un provvedimento di diniego di rilascio del "Documento Unico di Regolarità Fiscale" (c.d. DURF) emesso dall'Agenzia delle Entrate.
Costituitasi in giudizio, l'Amministrazione Finanziaria ha formulato in via preliminare un'eccezione di difetto di giurisdizione che il TAR ha ritenuto fondata sulla scorta delle considerazioni di seguito riassunte.
Innanzitutto, il TAR ha fornito un inquadramento normativo del documento fiscale, prendendo le mosse dalla Legge n. 157/2019 (di conversione del D.L. n. 124/2019), che ha introdotto nel D.Lgs. n. 241/1997 l'articolo 17-bis, rubricato "Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera".
Si ricorda che per effetto di tale norma, quando uno dei soggetti residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato (individuati ai sensi degli artt. 2, co 2, 5, co 3, lett. d) e 73, co 3, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, D.P.R. n. 917/1986) affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento, sorgono in capo alle imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici una serie di obblighi di comunicazione e produzione documentale.
Nello specifico, tali imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici sono obbligate a rilasciare copia delle deleghe di pagamento relativo al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 (reddito da lavoro dipendente) e 24 (redditi assimilati al lavoro dipendente) del D.P.R. n. 600/1973, trattenute dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio, oltre che a rispettare gli obblighi previsti dai successivi commi dell'articolo.
Tuttavia, in chiave di semplificazione, il comma 5 dell'art. 17-bis D.Lgs. n. 241/1997 prevede che tali obblighi non trovano applicazione quando le imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici, siano in possesso del DURF, che può essere richiesto qualora sussistano i seguenti requisiti:
a) risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito, nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10 per cento dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
In presenza dei predetti requisiti le imprese appaltatrici, affidatarie o subappaltatrici potranno rivolgersi all'Agenzia delle Entrate al fine di richiedere il rilascio di tale documento; tuttavia, può accadere – come avvenuto nel caso di specie – che l'Amministrazione Finanziaria emetta un provvedimento di diniego rilevando l'assenza dei requisiti previsti dall'articolo 17-bis comma 5 del D.Lgs. n. 241/1997.
Tanto premesso, per dirimere la questione di giurisdizione sollevata dall'Agenzia il TAR ha preso le mosse dalla considerazione che il DURF costituisce il risultato di un'attività di certificazione circa la sussistenza delle condizioni di regolarità fiscale sopra indicate, non diversamente da quanto avviene per la regolarità contributiva con il "DURC" (Documento Unico di Regolarità Contributiva).
Infatti, il DURF viene posto in analogia con il DURC, con cui condivide la sostanziale ratio di offrire al committente la certificazione della regolarità dei versamenti, differenziandosene – come evidenziato dal TAR – per l'ambito di efficacia: il DURF ha sì finalità di certificazione della regolarità fiscale ma la garantisce unicamente con riferimento ai contratti di appalto, subappalto, affidamento di cui sopra.
Trattandosi di un atto pubblico certativo di una serie di dati di fatto, secondo i giudici amministrativi, il DURF non può allora che godere dell'efficacia riconosciuta a tale tipologia di atti, ossia quella di piena prova fino a querela di falso (art. 2700 c.c.).
Ne discende che la contestazione circa l'erroneità e, quindi, la non veridicità del DURF deve rivestire le forme del giudizio per querela di falso (artt. 221 e ss. c.c.), la cui decisione è devoluta in via esclusiva al Giudice ordinario.
Per tale ragione, con sentenza n. 515 del 19 aprile 2021 il TAR Veneto ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, contestualmente indicando il Giudice ordinario quale Autorità giudiziaria competente innanzi alla quale riproporre la causa.
Ciò non toglie – precisano i magistrati veneti – che il Giudice amministrativo possa pronunciarsi sulla situazione fiscale e contributiva degli operatori economici "incidenter tantum", ossia nell'ambito di contenziosi relativi alle procedure di affidamento di contratti pubblici, per le quali la regolarità fiscale e contributiva dell'offerente costituisce requisito di partecipazione al confronto competitivo (come da consolidata giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite, che il TAR si è premurato di citare).
Per contro, laddove la contestazione della regolarità del DURF non si iscriva nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto una procedura ad evidenza pubblica, ma sia dedotta in via principale ed esclusiva, come nel caso deciso dal TAR Veneto, resta ferma la regola generale per cui è riservata all'Autorità giudiziaria ordinaria la risoluzione dell'incidente di falso (art. 8, comma 2, del codice del processo amministrativo ex D.Lgs. n. 104/2010).
Va peraltro segnalato che il TAR Lombardia, adito con un ricorso analogo a quello delibato dai magistrati veneti, risulta essersi pronunciato favorevolmente sull'istanza cautelare, ritenendo la propria giurisdizione (ord. TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, 11.09.2020, n. 1163).
Tuttavia, dal momento che il relativo giudizio si è chiuso con una pronuncia di cessata materia del contendere per l'intervenuto rilascio del DURF, non sembra sia dato parlare – allo stato – di un vero e proprio contrasto giurisprudenziale tra Milano e Venezia.
Sotto altro aspetto, il TAR ha altresì chiarito che la cognizione della legittimità del diniego di DURF non spetta neppure al Giudice tributario, giacché il certificato in questione non rientra tra gli atti impugnabili davanti alle Commissioni tributarie (tassativamente indicati dall'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992).
In conclusione, la pronuncia in commento ha chiarito che l'impugnazione del diniego di DURF deve essere proposta esclusivamente nelle forme della querela di falso dinanzi al Tribunale ordinario.
Resta da vedere se i Giudici ordinario e tributario saranno dello stesso avviso del TAR Veneto: la decisione si segnala infatti per essere la prima con riferimento a un istituto normativo di recente introduzione, nonché per essere potenzialmente foriera di un contrasto giurisprudenziale tra i plessi ordinario, amministrativo e tributario.
a cura diegli avv. ti Nicolò Filippo Boscarini e . Lucia Frattini