Giustizia

Doppio stress test nei tribunali: Covid e scandalo nomine

La cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nei distretti di Corte d’appello ha avuto assai poco del rituale e molto più dello straordinario

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di I.Cimm.G.Ne.

Uno stress test che nessuno si sarebbe augurato. Tanto più se vissuto in tandem con le continue ricadute dello scandalo sulle nomine giudiziarie. Stretta in questa tenaglia la cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nei distretti di Corte d’appello ha avuto assai poco del rituale e molto più dello straordinario. Con presenze ridotte all’osso in Aula magna, interventi seguiti via streaming, novità anche toccanti sul rito (a Milano è stata l’Ave Maria di Schubert a introdurre la mattinata in ricordo dei morti per coronavirus).

E certo a fare da filo conduttore agli interventi dei vertici degli uffici giudiziari c’è la consapevolezza del momento particolare che la giustizia ha dovuto affrontare. Non solo per l’impatto evidente di quella che è stata una vera e propria paralisi della giurisdizione nella primavera scorsa. Il «fenomeno pandemico» ha «fatto emergere problematiche giuridiche sia nel settore civile sia nel settore penale: problematiche con le quali per molto tempo la giurisprudenza dovrà confrontarsi», come il «delicatissimo rapporto tra le libertà fondamentali e inviolabili del cittadino». Lo ha spiegato il presidente reggente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei. Tra le «problematiche» citate da Ondei ed emerse con la pandemia da Covid c’è una serie di libertà costituzionali toccate in questo periodo: «Il potere di ogni cittadino di circolare e soggiornare liberamente»; il diritto di riunione; il potere di agire in giudizio; il diritto di svolgere l’attività economica privata e il diritto al lavoro. Dall’altro lato, c’è «la necessità dello Stato di limitarle per la tutela della collettività». Così nel diritto civile è emerso il problema degli inadempimenti dei contratti con necessarie rinegoziazioni e aggiustamenti giudiziali, mentre in quello penale i temi del processo telematico e della sospensione dei termini di prescrizione.

A Roma è stata registrata una flessione delle sentenze per il Covid. Per il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Meliadò il 2020 è «l’annus horribilis» non solo perché «ha messo in crisi sicurezze consolidate» ma anche perché ha fatto registrare «una diminuzione delle sentenze» del 40% per il giudice monocratico e del 32% del collegiale. «La pandemia – ha aggiunto il pg di Roma, Antonio Mura - ha alterato non soltanto la sanità, l’economia, l’istruzione, la dimensione privata e pubblica, la vita lavorativa così come lo svago: prima ancora ha alterato le dinamiche della socialità».

E tuttavia il sistema ha retto, come sottolineato dallo stesso ministro della Giustizia Alfonso Bonafede intervenendo a Catanzaro. Anzi, ricorda Bonafede, «soltanto per fare un esempio, nel 2020 nei Tribunali e nelle Corti di appello di tutta Italia, sia in primo che in secondo grado, le pendenze del civile sono diminuite rispetto al 2019. Soprattutto nel secondo semestre dell’anno, la produzione degli uffici del settore civile è stata tale da determinare un indice di smaltimento dell’arretrato di segno positivo».

Alle conseguenze della vicenda sulle nomine pilotate ha fatto riferimento il vicepresidente del Csm David Ermini a Roma, mettendo in evidenza «una degenerazione correntizia non più tollerabile» che ha rischiato di travolgere lo stesso Consiglio. Mentre Nino Di Matteo, a Caltanissetta, ha ricordato che «la magistratura sta vivendo un periodo buio pervasa da scandali e forti tensioni. Non dobbiamo avere paura di affrontare la situazione con rigore, attenzione alle garanzie di tutti, ma senza sconti per nessuno».

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